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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 NOVEMBRE 2024

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L’imputato di professione Breve racconto del giurista blogger Giovanni Cardona

L’imputato di professione Breve racconto del giurista blogger Giovanni Cardona
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Ha inizio l’udienza!

Il richiamo del magistrato fece cessare immediatamente il brusio. Gli avvocati presero posto al loro tavolo mentre il pubblico si ritirò dietro la transenna.

Mi pare che abbiamo un detenuto – continuò il Pretore – facciamolo entrare.

Due Carabinieri introdussero nell’aula un uomo già avanti negli anni, un povero diavolo dallo sguardo assente, lo fecero accomodare sul sedile, gli tolsero le manette e si misero in piedi dietro di lui, pronti ad ogni evenienza. Il Pretore sfogliò le carte che aveva davanti fermò la sua attenzione sul certificato penale del giudicando che era lungo più di mezzo metro.

Abbiamo un ospite abituale delle patrie galere disse rivolto all‘avvocato anziano che fungeva da Pubblico Ministero. Sono tutti reati di poco conto, furtarelli, oltraggi, ubriachezza, ma, ad occhio e croce, sembra che costui abbia trascorso più tempo in prigione che in libertà.

Proprio cosi signor Giudice… scusi, signor Consigliere, rispose l’interpellato correggendosi precipitosamente perché sapeva bene che il Pretore era stato recentemente nominato Magistrato di Cassazione e voleva che tale circostanza fosse sempre ricordata. Quest’uomo non ha mai voluto lavorare e ha vissuto commettendo piccoli furti che spesso venivano scoperti dato che non è abile neppure come ladro, inoltre spesso, come questa volta, è stato sorpreso per le strade della città completamente ubriaco e più di una volta ha oltraggiato i vigili urbani e gli agenti di custodia.

Anche questa volta il pattuglione lo ha trovato steso su di un marciapiede davanti ad un’osteria. Tre giorni fa sono stato in carcere ad interrogarlo. Era stato scarcerato da neppure quarantott’ore, pare impossibile! Si rivolse poi verso l’imputato. Allora lei si chiama… Chi la difende?

Nessuno, signor giudice, rispose l’interpellato.

Avvocato Camardo, lo difende lei d’ufficio. Aspettò che il segretario completasse le verbalizzazioni, poi cominciò l’interrogatorio: E’ stato trovato steso sul marciapiede del Corso Umberto…

E’ vero, è vero signor Giudice – lo interruppe l’imputato – è proprio vero. Le chiedo solo una grazia.

Quale?

Non mi assolva, la prego. Mi condanni. Questo solo chiedo a vossignoria. Siamo d’inverno e fra un mese e Natale.

Il pretore lo guardò commosso. Comprese che per quell’uomo il carcere non era affatto il luogo dove si sconta una pena ma, al contrario, era da lui considerato un comodo albergo dove veniva nutrito, curato e anche sollazzato, dato che i detenuti ogni sera possono assistere a spettacoli televisivi e ogni quindici giorni hanno addirittura il cinema.

L’imputato, affermò che, quando si era ammalato in carcere, era stato amorevolmente assistito dal sanitario e confortato dai compagni di detenzione mentre, una volta che nella sua povera casa era stato assalito da una violenta febbre, nessuno aveva udito le sue urla di belva ferita e, per bere, era stato costretto ad uscire all’aperto e a tirare su un secchio d’acqua dal pozzo. Soprattutto il carcere gli offriva quella compagnia di cui invece era privo durante la libertà.

Il Pretore vide che l’imputato attendeva pazientemente seduto sul suo scanno e che dietro di lui attendevano altrettanto pazientemente i suoi angeli custodi. Pensò che ormai l’udienza era durata un tempo ragionevolmente lungo e che quindi poteva concluderla senza il rischio di essere accusato di aver lavorato troppo poco.

Cancelliere, scriva che l’imputato ammette l’addebito. Diamo lettura degli atti processuali. Avvocato Camardo – continuò rivolgendosi al difensore d’ufficio che stava chiacchierando con un’avvenente collega – vuol concludere?

Mi rimetto alla giustizia rispose l’interpellato senza neppure voltarsi. Intervenne il rappresentante del Pubblico Ministero. Signor giudice, veramente… avrei dovuto parlare prima io.

Ha ragione avvocato, mi scusi. Parli adesso. Una delle poche cose di matematica che ricordo è che il prodotto non muta invertendo l’ordine dei fattori aggiunse sorridendo.

Chiedo la condanna dell’imputato a tre mesi d’arresto.

Il Pretore pensò: siamo in novembre. Fra un mese è Natale. Se lo condanno a soli tre mesi d’arresto sarà fuori in febbraio quando l’inverno non sarà ancora finito. Gli dò cinque mesi d’arresto, così passerà in carcere anche la festa del Santo Patrono e quella di Pasqua.

Si alzò in piedi e disse: siete condannato a cinque mesi d’arresto nonché al pagamento delle spese processuali e di quelle di custodia preventiva, aggiunse avete tre giorni di tempo per proporre appello avverso questa sentenza.

Io appellare? – protestò il condannato – Mai. Accetto la condanna. Grazie, Grazie, signor giudice. Il cielo gliene renderà merito.

Si allontanò fra i suoi angeli custodi contento e soddisfatto. Aveva risolto il problema della vita fino alla prossima primavera: avrebbe passato in carcere Natale, Capo d’Anno, la festa del Santo Patrono, quella di Pasqua, giorni in cui sia il Direttore che il Cappellano intervengono personalmente per migliorare il vitto dei detenuti e la disciplina è alquanto attenuata. La sua casa era ormai il carcere, non quella stamberga dove esistevano solo una rete e due sedie sfondate e dove entravano liberamente la pioggia e il vento.

In primavera poi magari avrebbe approfittato di una discussione per oltraggiare qualche agente di custodia e così guadagnarsi altri mesi di detenzione.

Il giudice lo guardava uscire e provava la sensazione di aver compiuto un atto di carità verso un povero disgraziato, assicurandogli alcuni mesi di tranquillità.