Schiavizzano una donna: due arresti a Gioia Tauro Finiscono in manette un 70enne di Cittanova e un 55enne di Polistena
All’alba di stamane, Agenti della Polizia di Stato in servizio presso la Sezione Investigativa del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gioia Tauro hanno tratto in arresto due soggetti: R.R., 70 anni, di Cittanova (RC) e F.R.D., 55 anni, di Polistena (RC), in esecuzione di un’ ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. di Reggio Calabria, in esito ad indagini condotte dal predetto Commissariato e coordinate, inizialmente, dalla Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal Procuratore Ottavio Sferlazza, e, quindi, dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, cui il fascicolo è stato trasmesso per competenza ratione materiae.
All’arrestato R.R. è stato contestato il delitto previsto e punito dagli artt. 600, 602 bis e 602 ter cod. pen. (riduzione in schiavitù), mentre al F.R.D. è stato contestato, in concorso con il predetto R.R., il delitto previsto e punito dagli artt. 110 e 612 bis cod. pen. (atti persecutori) ai danni di una donna di 40 anni, anch’essa residente nella Piana di Gioia Tauro, che, con la sua coraggiosa denuncia alla Polizia di Stato, ha trovato la forza reagire ai suoi due aguzzini che, per oltre un ventennio, l’hanno tormentata, usandole violenze, fisiche, sessuali e morali, d’ogni genere.
Le investigazioni, coordinate dai Sostituti dott.ri Gianluca Gelso della DDA di Reggio Calabria e dott. Davide Lucisano della Procura di Palmi, sono scaturite dalla denuncia sporta, nel mese di gennaio, presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gioia Tauro dalla vittima di gravi abusi, la quale, dopo un lungo e sofferto racconto – confermato, poi, dalla stessa donna in sede di sommarie informazioni all’A.G. e dai riscontri ottenuti nello sviluppo delle indagini – riferiva una sequenza di fatti che dimostravano come essa, da oltre un ventennio, fosse caduta nelle mani di R.R., il quale, approfittando della sua fragile condizione psicologica, era riuscito a condizionare e a gestire l’intera vita della donna, grazie non solo a violenze fisiche, che pure si sarebbero palesate nel corso degli anni, ma, in particolare, creando una vera e propria situazione di soggezione psichica che annullava in maniera totale la volontà della donna, obbligandola a subire rapporti sessuali, violenze fisiche e vessazioni di ogni genere. Per tale motivo è stato contestato il reato di riduzione in schiavitù ai danni della vittima.
La vicenda in particolare aveva inizio nel 1998 quando la vittima, allora ventenne, conosceva R.R. in un centro per anziani della Piana di Gioia Tauro che, professandosi “sociologo”, si offriva di aiutarla a curare una forma di anoressia di cui era affetta. Da quel momento, R.R. riusciva a conquistare la fiducia dell’intera famiglia della donna che, di lì a poco, sarebbe divenuta la sua vittima, dimostrandosi generoso e protettivo anche verso tutti gli altri componenti della famiglia della vittima accreditandosi quale massone, con numerosi agganci tra le forze dell’ordine, la politica, la magistratura e il clero. L’arrestato pertanto, negli anni successivi, riusciva ad illudere, soggiogare e coartare – fisicamente e psicologicamente – la vittima sino ad annullarne la forza di volontà, in quanto intimorita dalle possibili ripercussioni ove non avesse assecondato le richieste del suo “aguzzino-protettore”. Richieste che, ben presto, sono degenerate in gravi violenze fisiche ed innumerevoli pretese di prestazioni di natura sessuale, sovente ottenute in maniera violenta.
Le difficili investigazioni hanno anche accertato che R.R. – nel quadro dei vent’anni di soprusi e violenze subìte – costrinse la sua vittima ad una cruenta interruzione di gravidanza, attraverso un’operazione clandestina condotta senza alcuna precauzione. Il G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, ha disposto nei confronti di R.R. la misura della custodia in carcere per i delitti p. e p. dall’art. 600 e 602 ter c.1 l. c) c.p., e dall’art. 612 bis c.p. mentre nei confronti di F.R.D., gli arresti domiciliari presso il luogo di residenza, per il delitto di stalking, in concorso con R.R., ai danni della donna. Infatti, a partire dall’anno 2017 i due arrestati avevano seguito con la loro autovettura reiteratamente la vittima, l’avevano minacciata anche di morte, portandosi fin sotto la sua abitazione, controllando ogni suo spostamento e cagionandole un perdurante e grave stato di ansia e di paura ed un fondato timore per la propria incolumità.