Fiction strage di Duisburg, pioggia di critiche sulla Rai La politica calabrese scende in campo in difesa della Regione
Nicola Irto, presidente del Consiglio regionale della Calabria
Il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto, ha inviato una lettera al direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta, in ordine al film “Duisburg. La linea di sangue”, andato in onda ieri in prima serata su Rai Uno. Una trasmissione che, si legge nella missiva, “ha destato gravi perplessità in seno alla comunità calabrese, contrariamente ad altre precedenti occasioni nelle quali il servizio pubblico ha fornito un contributo positivo alla promozione dell’immagine della nostra regione”. Scrive il presidente Irto: “Le devo dire, con grande franchezza, che condivido pienamente il sentimento diffuso nell’opinione pubblica calabrese, riguardo ad un film che nel complesso trovo malriuscito, soprattutto per la rappresentazione della Calabria spesso distante dalla realtà. La nostra è una comunità composta, nella sua stragrande maggioranza, da persone orgogliose, oneste e lavoratrici, che con la ‘ndrangheta non hanno nulla a che vedere. Una sottolineatura doverosa oggi più che mai, nel giorno in cui ricordiamo la strage di Capaci e il sacrificio del giudice Falcone, della moglie e degli uomini della scorta”.
“Sono convinto – prosegue la lettera di Nicola Irto – che la produzione messa in onda ieri sera non abbia fornito un buon servizio né alla mia regione, di cui viene proposta una narrazione infedele e forzata, né al Paese, che della Calabria rischia di farsi, ancora più di quanto non sia avvenuto nel passato, un’idea totalmente sbagliata. E’ su questo che intendo soffermarmi, sorvolando sugli altri limiti di ‘Duisburg’: in Calabria si parla il calabrese e non il siciliano; e alcuni dialoghi, me lo conceda, sono ai limiti dell’offensivo. Non possiamo ammettere che si dica: ‘Duisburg è piena di calabresi’ quasi a voler sostenere che ‘i calabresi’ tout court siano soggetti pericolosi o criminali”. Nella lettera del presidente del Consiglio regionale si legge ancora: “Voglio rassicurarla: questa non è una lettera di piagnistei. Noi siamo fieri di essere figli di una terra che una personalità straordinaria come suo padre, Beniamino Andreatta, il ‘trentino meridionalista’, ha amato come pochi, essendo stato il fondatore dell’Università della Calabria. Ma, Direttore, sono certo che converrà con me sulle criticità di una fiction che della mia terra dice poco e male e che aveva già creato aspettative negative alla vigilia, alla luce delle non documentate affermazioni della responsabile della produzione, riguardo a non meglio precisate ‘minacce’ che avrebbero determinato lo spostamento della location del film in Puglia”.
Nicola Irto conclude: “Mi preme appellarmi alla sua sensibilità per sollecitare da parte delle produzioni maggiore attenzione e rispetto verso questa magnifica terra, nella quale mi pregio di invitarla alla scoperta dei tesori archeologici, culturali e naturalistici che la caratterizzano”.
Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà
«Sempre la solita solfa. Sempre la Calabria dipinta in maniera arcaica, arretrata, asfissiata dalla mafia, abulica, apatica, rassegnata, senza volontà, senza coraggio, senza voglia di riscatto e di emancipazione dal male. Una Calabria che Calabria non è, considerato che il set era in Puglia. Insomma, per svariati motivi, non c’è piaciuta la fiction andata in onda ieri sera su “Rai uno” dedicata alla strage di Duisburg, un fatto di sangue tanto efferato quanto complesso trattato con una superficialità ed una teatralità da lasciare attoniti». E’ il commento del sindaco Giuseppe Falcomatà al film “Duisburg linea di sangue” che tenta di ricostruire la strage del ferragosto del 2007, quando la faida di San Luca emigrò in Germania.
Afferma Falcomatà: «Così, mentre attori improvvisano un dialetto – che è qualsiasi idioma fuorché calabrese – e mangiano pasta con la ‘nduja, ancora una volta viene tramandata una realtà distorta e fuorviante di una terra che ha davvero bisogno di ogni cosa tranne che dell’immagine stereotipata emersa dagli schermi tv in prima serata. E non è un inedito. Potremmo dire che “Duisburg linea di sangue” è un film noiosamente e pericolosamente già visto. Altre pellicole, ricordo “Il miracolo”, quella sul rapimento Getty o “Lo spietato”, hanno trasmesso l’idea di una Calabria tribale, fatta solo di capre sgozzate, patti di sangue o giuramenti celebrati dando alle fiamme santini religiosi. Nuovamente, dunque, all’Italia è stata raccontata una storiella che offende, umilia e rischia di isolare un popolo che, ogni santo giorno, lotta in trincea contro un male che per primo subisce sulla propria pelle. Una battaglia che, purtroppo, diventa più difficile se non si esce dalla narrazione del “Lì è tutto ‘ndrangheta”. No, permettetemi, ma non è così. Qui la ‘ndrangheta c’è, ma non è il tutto!».
«Chiaramente – spiega Falcomatà – sarei un ipocrita se dicessi che la criminalità è un fenomeno marginale. Anzi, è pervasiva e ci fa stare sempre “sul chi va la”. E’ l’impegno costante della magistratura e delle forze dell’ordine che ci dice quanto sia difficile nascere, crescere e vivere in certi territori. Centinaia di inchieste e migliaia di arresti, negli anni, hanno dimostrato, però, che solo uniti si può vincere. Ma serve il contributo di tutti, compreso quello di produttori, sceneggiatori e registi che hanno voglia di cimentarsi con i nostri problemi che sono, al tempo stesso, i problemi dell’intero Paese».
«Alla Napoli raccontata da Gomorra – continua l’inquilino di Palazzo San Giorgio – preferisco di gran lunga quella degli uomini e delle donne di “Pollici verdi”, i volontari di un’associazione civica che hanno ridato decoro, dignità e speranza ad un quartiere difficile come Scampia. Qualcuno conosce le loro storie? Pochi. Perché lo storytelling del buono, forse, è meno efficace nel bucare lo schermo di quanto non possa fare il male. Ed esempi simili, nella nostra realtà, ne esistono a centinaia: imprenditori che resistono, gente sotto scorta per essersi ribellata al pizzo, maestre che insegnano il buono ed il giusto ai bambini, amministratori pubblici che sfidano i mafiosi a viso aperto, ragazzi e ragazze impegnati nel volontariato, in politica, nelle parrocchie, nelle associazioni civiche, nelle società sportive. Sono persone che quotidianamente, con forza, abnegazione e con coraggio, mettono anima, corpo e cuore per affermarsi in quei luoghi che oggi ci vengono descritti come “luoghi senza scampo”».
Già, i luoghi: «Inviterei le persone rimaste colpite dal film Rai a visitare le bellezze dell’Aspromonte, la casa di Corrado Alvaro a San Luca, i paesaggi onirici che, dall’entroterra al mare, sin dai tempi di Edward Lear, lasciano i visitatori ammaliati e quasi senza fiato per la loro unicità e bellezza».
«Il mio mandato da sindaco – aggiunge Falcomatà – è il primo dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa, un fatto che mi responsabilizza ulteriormente rispetto all’impegno preso davanti ai miei concittadini. L’azione della nostra amministrazione è completamente improntata sulle prassi di trasparenza, legalità e lotta costante e incessante ad ogni forma di corruzione, sopraffazione e malaffare. Per primi, in Italia, ci siamo dotati di un Regolamento per l’utilizzo dei beni comuni e confiscati raccogliendo il plauso di Libera e delle altre associazioni antimafia. Oggi, a Reggio Calabria, le ville dei boss sono abitate dalle persone in difficoltà e bisognose di un alloggio popolare. E’ un lavoro duro, ma indispensabile. Ne siamo coscienti. Ecco perché, nella lotta per l’affermazione della legalità e per la libertà dalla ‘ndrangheta, ognuno deve fare la sua parte».
«Fa ancora più male – incalza il sindaco – dover commentare questo film nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, quando si creò definitivamente uno spartiacque fra il bene ed il male in un Paese che, in quel momento, conobbe il volto più devastante della mafia. In questa data, avrei soltanto voluto ricordare Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, ovvero le vittime di un’ideale, sognatori di un mondo senza più mafie e mafiosi, eroi autentici che fattivamente hanno segnato un solco e su quello noi ci siamo incamminati per affermare i sacri valori della giustizia e della legalità. Ahimè, di nuovo, ci troviamo costretti a spostare la nostra attenzione anche su chi narra la ‘ndrangheta rischiando, forse inconsapevolmente, di affossare un intero territorio».
«La prossima volta – conclude il primo cittadino – ci piacerebbe poter assistere pure alla Calabria che resiste, vorremmo che la gente ed i telespettatori ci conoscessero per quello che siamo: una stragrande maggioranza di persone per bene, orgogliose e testarde nell’abitare la terra dei nostri nonni, felici di poter operare accarezzati dall’aura mistica dello Stretto di Messina, respirando il profumo morbido del mandorlo, della zagara, del bergamotto, certi che un giorno saremo finalmente liberi dalla ‘ndrangheta e da ogni stereotipo».
Giovanni Calabrese, sindaco di Locri
Illustrissimo Presidente,
in qualità di cittadino e sindaco della città di Locri, località dalla quale prende il nome il comprensorio della Locride, di cui fa parte San Luca, al centro della triste e tragica storia della strage di Duisburg, a cui si è ispirata la fiction di Rai Uno, sento il dovere civile e morale di intervenire dopo aver visto il film “Duisburg: linea di sangue”. Quello che un servizio pubblico dovrebbe fare non siamo certamente noi a doverlo dire ma, dopo la messa in onda, alquanto raccapricciante, approssimativa e banale, della fiction diretta dal regista Monteleone, è, naturale e spontaneo intervenire e dire ciò che una rete televisiva pagata con soldi pubblici, dovrebbe non fare. La Rai, quale rete televisiva pubblica, non può permettersi di trasmettere una fiction che, per quanto abbiano voluto raccontare un gravissimo fatto di sangue realmente accaduto e mettere in risalto la mentalità ‘ndranghetista, ha, invece, creato una falsa immagine e distorto completamente l’immagine di una regione che, tenta di rialzarsi, ma viene affossata, non solo perché ha dovuto pagare un caro prezzo e combatte ogni giorno contro il malaffare, ma doppiamente ferita anche da stereotipi, falsi miti, informazioni e situazioni lontane dalla realtà. Una produzione filmica che, se pur fiction, non ha lasciato nulla nei telespettatori, nessuna riflessione, nessun insegnamento, ma nei calabresi e in molti italiani tanta indignazione e in chi la Calabria non la conosce, tanti pregiudizi e confusione.
Un film, si è notato in molti tratti, banale nel raccontare una strage che ha segnato la storia non solo della Calabria ma di tutto il mondo, perché la ‘ndrangheta è un fenomeno internazionale e Duisburg è divenuto simbolo di quell’atrocità. Film ambientato in Puglia e che non mostra caratteri della Calabria, personaggi descritti male e accenti spropositati. Noi, non abbiamo visto la Calabria ma i pregiudizi intorno ad essa. Raccontare una strage di ‘ndrangheta significa approfondire, descrivere le storie, i fatti realmente accaduti e, se pur, ispirati, quantomeno non ridicolizzare la storia. Signor Presidente Foa, fare soldi, continuando a sperperare sulla pelle degli italiani, su episodi così tristi, solo per fare audience non è accettabile. La ‘ndrangheta purtroppo non è fiction. La ‘ndrangheta si combatte ogni giorno e il messaggio finale della “bella terra di Calabria” dove c’è il mare- espressione recitata dall’attore tedesco il commissario Thomas Block interpretato da Benjamin Sadler non ripaga la trascuratezza e la faciloneria viste nel film.
Come calabrese mi indigna ancor di più che questa pellicola, ispirata alla strage di ferragosto, venga trasmessa proprio in una data simbolo perché rientra nelle iniziative editoriali del palinsesto Rai, che vuole dedicare uno spazio alla Giornata della Legalità (che ricorre il 23 maggio). Il ricordo deve aiutarci a comprendere, a riflettere e a combattere e non a deridere e scimmiottare su un fenomeno così serio. Le dichiarazioni dell’attore protagonista Daniele Liotti: “Questo film mi ha fatto riflettere come uomo e come attore perché mi sono dovuto confrontare con una realtà disumana di una parte della nostra Italia. Ma mi ha fatto conoscere anche la parte generosa e onesta degli italiani che rischiano la vita per combattere la ‘ndrangheta”. Dunque, si parta da questo, si ritorni a raccontare attraverso la pellicola filmica la Calabria con le sue peculiarità, i suoi problemi, le sue caratteristiche e le difficoltà. Non si parli di Calabria e della ‘ndrangheta da dietro una telecamera che riprende la Puglia.
Pertanto, come primo cittadino di una città calabrese, chiedo il ritiro della pellicola dagli schermi, perché è inaccettabile così tanta superficialità da parte di un servizio pubblico, nonché, chiedo, al Comitato di Vigilanza, vista la Sua sensibilità, di rivalutare il contenuto filmico e, principalmente, su quanto dichiarato dalla produzione su possibili minacce in Calabria da parte di terze persone. Con la speranza che la Rai possa essere sempre a servizio dei cittadini, sarebbe doveroso chiedere scusa a tutta la Calabria e a chi la ‘ndrangheta, purtroppo la subisce e con coraggio la combatte ogni giorno, dagli uomini di Stato ai semplici e stanchi cittadini calabresi, doppiamente vittime, della cultura ‘ndranghetista e del sistema mediatico approssimativo.