Faida e donazione organi, Anpi Taurianova contro “Il Giornale” Le parole di Giuliano Boeti, presidente della sezione cittadina: "Articolo che umilia l'intera città"
Riceviamo e pubblichiamo
Al Sig. Direttore Responsabile del Quotidiano IL GIORNALE
Egregio Direttore,
a nome della Sezione ANPI ma, soprattutto, a nome dei cittadini onesti di Taurianova, mi sento per l’ennesima volta indignato dal leggere articoli che umiliano l’intera città evocando una pagina triste di quasi trenta anni or sono. Per raccontare “fatti”, e dicendo “fatti” intendo dire vicende recenti – positive – come il record italiano nella adesione al consenso all’espianto di organi, che fa onore ai taurianovesi tutti, non comprendiamo la ragione per cui – nell’edizione cartacea de “Il Giornale “ di ieri, 18 Giugno 2019 a firma dell’articolista Filippi – sia stato ritenuto opportuno e conforme all’oggettività dell’informazione partire dall’evocazione di una tragica vicenda del lontano 1991, espressione non tanto e non solo della esplosione di una terribile furia omicidiaria ma soprattutto dell’incapacità delle autorità di quel tempo di leggere e valutare la gravità dei segnali che fra il mese di aprile del 1990 e il maggio del 1991 avevano preceduto una escalation omicidiaria culminata nelle cinque uccisioni del venerdì nero.
Vicende tragiche e terribili, che ebbero matrici lontane e misteriosi registi all’ombra di quel porto di Gioia Tauro, crocevia delle speranze svanite dei calabresi ma anche di tutto il malaffare globalizzato, che non riguardavano e non accomunavano la gente onesta di Taurianova – che è la stragrande maggioranza e che con quelle vicende nulla ebbe da spartire. Pertanto, trent’anni dopo, continuare a ricordare che Taurianova sia il “paese della testa tagliata” è un fatto di una malvagità unica e di una malafede non oltre tollerabile.
Vero è che il defunto Giovanni Grimaldi – ucciso con il fratello Giuseppe nella via Solferino dove entrambi gestivano le rispettive attività commerciali – rimase decapitato. Non risponde a verità processuale accertata l’ intenzionalità della decapitazione, nè una decapitazione effettuata con arma da taglio, né lo scempio della testa mozzata utilizzata come bersaglio dai killer davanti la gente costretta all’orrido spettacolo. L’episodio delittuoso per come ricostruito in sede processuale dal testimone Dott. Leonardo Privitera che effettuò l’autopsia su quel cadavere e anni dopo riferì davanti la Corte d’Assise di Palmi, vide il distacco della testa causato dall’effetto di un colpo di fucile a pallettoni sparato quasi a bruciapelo, con l’effetto che la rosa dei proiettili non si allargò e colpì in modo compatto i tessuti molli della trachea dello sventurato Grimaldi – di fatto decapitandolo. Le fotografie presenti nei fascicoli processuali, scattate nell’immediatezza, lo confermano.
Resta l’immensa tragicità della morte violentissima della vittima e l’altrettanto tragico sgomento vissuto da una intera popolazione davanti alla palese impotenza dello Stato davanti a quella guerra fra mafiosi , al dolore per quelle vittime innocenti e alla rabbia nel vedersi ingiustamente criminalizzata quando in realtà la stragrande maggioranza dei taurianovesi nulla aveva da spartire con quelle due bande di balordi e assassini. Ci si consenta – ogni morte, purtroppo, è figlia della violenza. E un conflitto fra bande non poteva non tradursi in violenza e in morte.
I killer del 1991 uccisero e scapparono. Non giocarono a palla con la testa del morto così come fecero i francesi a Roma con la testa di Beatrice Cenci decapitata da un boia pontificio; nè i cittadini assistettero ad alcuna decapitazione stile ISIS. Molti fra i killer protagonisti di quella mattanza sono stati condannati all’ergastolo e Taurianova, faticosamente, da ventotto anni sta cercando di cancellare quella pagina triste di truce violenza, figlia dell’ottusità di gente gretta e violenta che riteneva di potersi ritagliare un ruolo di spicco nell’organigramma ndranghetistico uccidendo senza rendersi conto di essere stati lo strumento di chi con strategie acute e spietate li utilizzava avendo la necessità di allontanare l’attenzione dal Porto di Gioia attraverso la creazione di focolai di tensione nell’hinterland e precipitando così – inconsapevolmente ogni giorno di più in un baratro senza via d’uscita che portò molti di loro a morire di morte violenta e altri alla detenzione con “fine pena mai”.
Pertanto quel truce episodio fu espressione di un brodo di coltura nel quale le responsabilità appaiono composite perché se l’azione preventiva e repressiva dello Stato fosse stata in precedenza maggiormente incisiva nessuno avrebbe potuto permettersi il lusso di girare armato per le vie del paese, uccidere e scappare e nessuno – come due importanti maxi processi accertarono avrebbe potuto per anni gestire dentro una masseria a ridosso del porto una vera base logistica della ndrangheta da dove partivano e ritornavano i killer mandati ad eseguire omicidi.
Per questo credo che l’articolista de “Il Giornale” o chi nella redazione ha titolato in maniera così subdola e cattiva verso i taurianovesi onesti e generosi, abbia il dovere di chiedere scusa ai cittadini di Taurianova e alla Città di Taurianova per aver ancora una volta sparso sangue innocente. Questo perché – e chioso – non solo con la lupara si può uccidere ma anche con la penna. In ossequio alla parità del diritto di espressione, chiedo che “IL GIORNALE” pubblichi integralmente questa nota sia nell’edizione cartacea che in quella on line. In mancanza la Sezione ANPI Salvatore “Bibi” Carrozza fa riserva di attivare ogni necessaria azione giudiziaria a ristoro della vilipesa immagine dei cittadini onesti di Taurianova e della città di Taurianova “martire della violenza ndranghetistica e della cattiva e truculenta informazione” .
Il Presidente
Giuliano BOETI