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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 NOVEMBRE 2024

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Se la morale e la coscienza sono deboli quando l’intestino urla Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono (davvero) di non essere in casa?

Se la morale e la coscienza sono deboli quando l’intestino urla Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono (davvero) di non essere in casa?
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Prefazione “La coscienza ci fa scoprire a denunciare, o accusare noi di noi stessi, e in mancanza di testimoni, si pronuncia contro noi stessi” (Michel de Montaigne)

Quando si parla di morale, non sempre si aprono dibattiti reali basati sulle coscienze, ma si cerca puntualmente di rendere tale condizione di etica nei comportamenti esistenziali, solo come condizione “altruistica” e mai personalizzata. Condizione quest’ultima che dovrebbe essere primaria per poi porsi davanti alle realtà che puntualmente affrontiamo.
Citando Kant e il suo epitaffio, per chi lo conosce, si cerca di impossessarsi di uno stato esistenziale il quale molte volte è privo dei rudimenti necessari per appropriarsene. “Due cose riempiono la mente con sempre nuova e crescente ammirazione e rispetto, tanto più spesso e con costanza la riflessione si sofferma su di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Ma quanti, oggi, posseggono tale condizione? Quanti, oggi, si potrebbero permettere a parlare di “cielo stellato” e “morale dentro di me”? Tanti, pochi, chi lo sa se non la nostra primaria etica della coscienza, nella vita, in politica, durante le attività lavorative, etc.
Sulla morale nella politica, c’è una bellissima pagina scritta da Enrico Berlinguer nel 1981 durante l’intervista rilasciata a Eugenio Scalfari, e alcuni passaggi sono racchiusi oggi, in questi spifferi di inizio millennio, come “Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata”, cos’è cambiato da allora, rileggendo questa frase, trentott’anni dopo? E per dirla alla Voltaire, “Un giorno tutto sarà bene, ecco la nostra speranza. Tutto è bene oggi, ecco l’illusione”, il bene sottostante alle illusioni, in una consapevolezza pericolosa dove le coscienze sono allineate al pensiero forte del momento. Così come i pregiudizi degli sciocchi, di quelli in cui la ragione combacia con l’imbecillità del pensiero “rimorchiato”.
Ecco, vista la stretta attualità esistenziale, quando Voltaire disse che “Il dubbio è scomodo ma solo gli imbecilli non ne hanno”, non trovandomi nelle condizioni “ottimali” dalle quali il compianto Umberto Eco, ci mise in guardia prima di morire. Tra pericolosità di legionari e parole al vento tanto per dar respiro alla bocca, quello che più intristisce, e indigna allo stesso tempo, è la non consapevolezza della morale quando essa ci interroga per delle azioni, e che noi stessi perpetriamo, senza renderci conto che ogni tanto, invece di osservare gli altri, occorre interrogare le nostre coscienze. Perché come ci insegnava Hugo, la “coscienza è uno strumento di precisione di una sensibilità estrema”, e quella sensibilità a volte potrebbe essere la nostra condanna a morte (della nostra morale). Perché gli eventi della vita, da un momento all’altro potrebbero colpirci al cuore e “rovinare” quello che era la nostra “apparente” esistenza in vita per poi fare i conti con chi? Questo a noi, per ora, non è dato saperlo perché testimonianze da “lassù” non ne sono ancora pervenute.
Perché se “L’uomo esiste per migliorarsi sempre di più dal punto di vista morale e per rendere migliore tutto ciò che lo circonda”, come ci disse Fichte, c’è qualcosa che non si riesce a comprendere perché l’avidità del tempo sarà implacabile.