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TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 NOVEMBRE 2024

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Estorsioni in Emilia Romagna, in carcere tre fratelli calabresi Secondo gli inquirenti hanno agito per agevolare l'attività della 'ndrangheta

Estorsioni in Emilia Romagna, in carcere tre fratelli calabresi Secondo gli inquirenti hanno agito per agevolare l'attività della 'ndrangheta
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Si aggrava la posizione dei tre fratelli Amato, raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta della pm Beatrice Ronchi della Direzione distrettuale antimafia di Bologna. Si tratta dei figli di Francesco Amato, 55 anni, condannato per mafia nel processo “Aemilia”, che nel mese di novembre dell’anno scorso per circa 10 ore aveva creato forte apprensione asserragliandosi all’interno dell’ufficio postale di Pieve, a Reggio Emilia, con cinque ostaggi per poi essere arrestato dai Carabinieri. Secondo gli investigatori, infatti, la matrice delle estorsioni messe a segno ai danni di diversi ristoranti e pizzerie in Emilia Romagna è da ritenersi di stampo mafioso.

Tra gli episodi ricostruiti dagli investigatori vi è quanto accaduto la notte tra il 31 gennaio e il primo febbraio, quando sono stati sparati sei colpi di pistola contro la porta a vetri della pizzeria La Perla a Cadelbosco Sopra. Un secondo episodio riguarda i cinque colpi d’arma da fuoco contro l’ampia vetrata della pizzeria Piedigrotta 3 in via Emilia Ospizio la notte tra il 6 e il 7 febbraio, oltre agli avvertimenti con tanto di pizzino attaccati alla porta (in analogia a quanto avvenuto per la Perla e il Piedigrotta 3) e ad altre due pizzerie sempre Reggio Emilia, Piedigrotta 2 e Paprika. Questi ultimi due “pizzini” erano rimasti solo degli avvertimenti in quanto i carabinieri della Compagnia di Guastalla, della Stazione di Cadelbosco Sopra e del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Reggio Emilia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, avevano proceduto al fermo di polizia giudiziaria dei fratelli Amato, Cosimo di 20 anni, Mario di 29 e Michele di 22.

All’epoca del loro fermo i Carabinieri reggiani a seguito delle perquisizioni a carico degli indagati avevano sequestrato importante materiale probatorio tra cui l’auto e la moto usate in occasione degli atti intimidatori effettuati con le esplosioni di armi da fuoco all’indirizzo delle due pizzerie, capi di vestiario e soprattutto una macchina da scrivere ritenuta essere il mezzo con il quale sono stati approntati i “pizzini” contenenti le richieste estorsive. “I tre fratelli – spiegano gli inquirenti – hanno agito per agevolare l’attività della ‘ndrangheta e in particolare del sodalizio ‘ndranghetisco emiliano la cui esistenza ed operatività è stata riconosciuta nell’ambio del processo Aemilia”.