Il linguaggio sessista corre “impunemente” sul web Insulti e calunnie rivolte a Patrizia Gambardella, presidente di Nudm Reggio Calabria, la cui "colpa" è stata quella di aver presenziato ad un processo per violenza domestica
Non ci siamo stupite più di tanto quando ieri, sulla pagina pubblica fb de “Il Cuore di Medea”, associazione che fa parte integrante del comitato territoriale di NUDM RC, abbiamo letto, sotto un link che si riferiva ad un nostro comunicato del 2017 ripreso dal soggetto in questione, gli insulti sessisti, le calunnie e le minacce di costui, nei confronti della sua presidente Patrizia Gambardella e di tutte noi di NUDM RC la cui “colpa” è stata quella di essere state presenti, mettendoci, come sempre, la faccia in un processo per violenza domestica a sostegno della parte lesa. Non ci siamo meravigliate, ma certo indignate si, perché non è la prima volta che succede, è stato così anche all’interno di quell’aula di tribunale (anche se in maniera più “edulcorata” per non incorrere in provvedimenti), in messaggi e telefonate fatte anche agli avvocati della donna e non solo (tutto ampiamente documentato a chi di dovere) stesso “stile”, stesso linguaggio !!
Ci chiediamo che senso abbia promulgare delle leggi, non ultima quella del codice rosso, promuovere protocolli, se poi le donne, le associazioni, i centri antiviolenza e chi si occupa della violenza di genere realmente, sul campo e non con i soliti “spottini da giornate dedicate”, viene lasciato solo ad affrontare queste situazioni?
Quale messaggio mandiamo alle nostre ragazze ed ai nostri ragazzi? Forse che è più semplice, sicuramente meno rischioso, essere presenti, con progetti più o meno validi, nelle aule scolastiche che in quelle dei tribunali dove le donne hanno realmente bisogno di supporto? Perché ancora, va ricordato, troppo spesso queste donne passano da parte lesa ad essere loro stesse messe “sotto accusa”.
La violenza sessista sul web o sui social è ormai “pane quotidiano” tanto che, purtroppo, sempre più spesso, “scivola addosso” senza creare una vera indignazione supportata da prese di posizione concrete e nette. Ma l’odio sul web nei confronti delle donne non può e non deve essere sottovalutato soprattutto dagli organi deputati.
Non si può considerare “normale” una comunicazione sessista che, oggi più che mai, si sdogana facilmente nei social network con linguaggi non meno rilevanti rispetto ai tanti atti di violenza fisica subiti dalle donne nel nostro Paese. Un linguaggio che insulta e offende le donne uniformandole ad oggetti è, anch’esso, una forma di aggressione tanto più pericolosa quanto più viene espressa pubblicamente, spesso nell’indifferenza di chi legge o ancor peggio nella convinzione di assoluta impunità di chi se ne fa autore.
In Europa, 1 donna su 10 (dai 15 anni in su) è stata vittima di cyberviolenza. In Italia, su Twitter, tra agosto 2016 e febbraio 2017, le donne sono state oggetto del 63% di tutti i tweet negativi. Come emerge dalla ricerca di WeWorld Onlus “Rosa Shocking”, tra gli italiani intervistati quasi 1 su 5 considera accettabile la denigrazione delle donne a sfondo sessuale e 1 su 10 è convinto che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza. Il quadro è ancora più preoccupante se si guarda alle opinioni espresse dalle giovani generazioni: il 16% dei giovani intervistati in “Rosa Shocking 2” pensa che la violenza domestica sia spesso dovuta al fatto che le donne siano esasperanti e il 19% ritiene che se un uomo viene tradito è normale che si arrabbi a tal punto da diventare violento.
Noi non ci stiamo, non ci piegheremo alle perverse logiche di certe mentalità maschiliste e sessiste che riducono le donne ad oggetti da insultare perché non conformi ai loro canoni. Non ci faremo spaventare da certi reprobi meccanismi di minacce e “ricatto” e continueremo a fare il nostro “lavoro” per sradicare questa cultura sessista, fondamenta della violenza di genere. Alla luce di quanto successo, riteniamo però che, oggi più che mai, sul nostro territorio, ci sia bisogno di prese di posizione nette e che i soggetti coinvolti nel contrasto alla violenza di genere, la magistratura, le forze dell’ordine (per ciò che concerne il loro ruolo ed intervento), le Istituzioni tutte, le varie associazioni e le tantissime donne e uomini che non accettano di essere omologazione di questa mentalità patriarcale e sessista, ci mettano la faccia prendendo pubblicamente le distanze da questa come da tutte le forme di violenza anche verbale di cui le donne sono spesso oggetto.