Coronavirus. Per Confcommercio Reggio Calabria esiste un unico vaccino: Indennizzi a fondo perduto Matà: rialzare le saracinesche in un contesto di totale incertezza non risolverà il problema degli imprenditori reggini
Il DPCM del 26 aprile dà avvio alla fase 2 che, rispetto ai rumors dei giorni scorsi, sarà addirittura più lenta. La riapertura degli esercizi commerciali al dettaglio, fatti salvi imprevisti, è in programma per il 18 maggio. Per bar, ristoranti, parrucchieri si dovrà attendere giorno 1 giugno. Fino ad oggi, la Confcommercio reggina per senso di responsabilità non ha contestato le scelte adottate ai diversi livelli provando a comprendere la ragioni alla base delle stesse decisioni che devono contemperare interessi e diritti costituzionalmente rilevanti, avendo come faro guida la tutela del bene salute. Ma la situazione oggi è realmente insostenibile e, probabilmente, per l’Associazione dei commercianti anche nell’adottare decisioni sulla riapertura il Governo avrebbe dovuto operare una diversificazione per territorio legata alle peculiarità della evoluzione del contagio.
“La verità è che ad oggi, e fino al 18 maggio almeno, avremo attività di vendita al dettaglio chiuse; Debiti delle imprese che aumentano. Tasse solo sospese. Pagamenti comunque da effettuare. In queste condizioni – dichiara il Presidente Confcommercio Gaetano Matà – la situazione non è più sostenibile. Se l’intenzione del Governo è tenere chiuse le aziende del comparto non possiamo contestarlo, la responsabilità politica della scelta è interamente in capo all’esecutivo. Quello che è fondamentale e che pretendiamo venga attuato nell’immediato è dare sostegno finanziario alle aziende con indennizzi a fondo perduto”.
“In questa fase di emergenza – continua Matà – se un dipendente viene sospeso dal lavoro, giustamente, viene garantito dagli ammortizzatori sociali che gli consentono di onorare gli impegni economici in essere (bollette, affitti, atc..) e di provvedere al sostentamento anche alimentare proprio e della propria famiglia. Perché, ci domandiamo, è così difficile trasferire lo stesso principio di civiltà in capo all’imprenditore? Come viene garantito il sostentamento della famiglia di un imprenditore? I 600 o 800 euro – per chi li vedrà – sono una cifra ridicola. Non solo, infastidisce vedere che la previsione di un bonus così misero e per un periodo limitatissimo di tempo sembri quasi una concessione epocale e non invece un semplicissimo atto dovuto. Qui non c’entra il rischio d’impresa qui entrano in gioco valori umani e la necessità che vengano introdotti in una fase emergenziale di strumenti eccezionali che consentano all’imprenditore che per causa indipendente dalla sua volontà ha perso la possibilità di fare impresa di fruire di forme di integrazione al reddito in tutto assimilabili alla cassa integrazione prevista per il lavoratore dipendente”.
Confcommercio preme per una graduale riapertura ma è certa che la ripresa delle attività non risolverà i problemi. Il rischio è che il comparto nella nostra provincia sia stato danneggiato alle fondamenta e che molti esercizi non riapriranno o non avranno la forza per stare sul mercato a lungo. L’emergenza sanitaria cambierà per molto tempo le regole del consumo, della ristorazione, dello shopping nei settori abbigliamento, accessori, calzature. Di questi dati si deve necessariamente tenere conto nel formulare ad ogni livello piani di intervento economico, programmi di rilancio e per progettare un nuovo paradigma economico.
“Non si può pensare lontanamente – continua Matà – che con la riapertura l’imprenditore abbia risolto i problemi della sua Azienda e che sia nelle condizioni di operare in totale autonomia senza un necessario accompagnamento anche economico. La situazione è molto complessa. Si deve tenere conto dello stato d’ansia e di inquietudine che accompagnerà per molto tempo la clientela, modificandone inevitabilmente le abitudini di acquisto. Si deve considerare la disponibilità economica del cliente, diversa rispetto al passato. Si deve considerare un nuovo modo di percepire il tempo. Sul versante dell’imprenditore non devono essere trascurati i costi di adeguamento dei modelli organizzativi aziendali e la situazione generalizzata di assenza di liquidità che renderà difficile ripartire e aumenterà in maniera esponenziale il rischio di indebitamento ulteriore con le banche. Oltre ad una maggiore certezza con riferimento alle regole di riapertura – conclude Matà – diventa indispensabile attivare strumenti anche locali utili, da un lato, a ridurre il peso del debito accumulato dai commercianti in questi mesi di inattività forzata e dall’altro, a progettare il futuro prossimo. Urge in proposito la previsione di contributi economici a copertura parziale della spesa corrente sostenuta dalle imprese, ivi inclusi canoni di locazione, utenze, tributi locali, spese igienizzazione, spese dpi per dipendenti, ecc…Come pure necessita un intervento programmato e razionale, già sottoposto all’attenzione del Comune, sul sistema dell’occupazione suolo per costruire in maniere condivisa e senza aggravio di costo per l’imprenditore nuove modalità di utilizzo delle aree pubbliche utili per recuperare almeno una parte di clientela”.