L’emergenza Covid: perché siamo zona rossa Ieri sera, il Comitato "Difendiamo l' Ospedale" è sceso in piazza per protestare proprio contro l'inefficienza di un sistema che chiama in causa tutti, nessuno escluso
Da oggi la Calabria è zona rossa e, per due settimane, dovremo rispettare le regole che questa pandemia impone alla nostra regione. Un provvedimento che, certamente, non ci aspettavamo anche perché, nella prima ondata della pandemia, il nostro territorio era stato poco interessato dalla diffusione del virus. Gli ultimi dati, purtroppo, mostrano un notevole incremento del numero dei contagi, con un trend in continua crescita, e, soprattutto, viene, ancora una volta, ufficialmente ribadito che la nostra regione e, aggiungiamo noi, il nostro territorio più di altri, sono arrivati completamente impreparati. Per far fronte all’emergenza, questa seconda fase, come è stato detto e ripetuto più volte, andava combattuta potenziando, accanto ai servizi ospedalieri, soprattutto il territorio. Invece, in questi mesi che abbiamo avuto a disposizione, poco o nulla è stato fatto.
Viene da chiedersi : ma chi ha gestito e continua a gestire, così malamente diciamo noi , l’ emergenza COVID in Calabria, non sente il peso di questa responsabilità ?
Nel marzo scorso, il Governo individuava come ” soggetto attuatore ” per l’emergenza Covid-19 i Presidenti delle Regioni. In Calabria, questo compito veniva assunto inizialmente dal Presidente della nostra regione che, nel mese di marzo, affidava la delega al Dirigente generale della Protezione civile ( prima il dott. Pallaria ed oggi il dott. Belcastro) ed al Dirigente generale del Dipartimento Tutela della salute (prima il dott. Belcastro ed oggi il dott. Bevere). E’ stata, poi, nominata l’Unità di crisi regionale ed una task force regionale di supporto, costituita da professionisti esperti.
Accanto a questi soggetti straordinari per l’ emergenza COVID-19, occorre aggiungere i soggetti a cui è affidata la gestione ordinaria del nostro sistema sanitario, cioè il Commissario ad acta per il Piano di rientro ed i Commissari straordinari delle Aziende sanitarie, di cui sette di nomina Commissariale e due nominati dal Ministero dell’ Interno, a seguito dello scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata. L’ ASP di Reggio Calabria è tra quest’ultime.
In questo scenario, così frammentato, crediamo che meritano di essere inseriti altri due elementi: la situazione di partenza della nostra sanità, conosciuta da tutti e certificata anche a livello ministeriale , frutto di un Commissariamento, che sembra non avere mai fine, e lo scontro Istituzionale, tuttora in atto, tra i vari soggetti preposti alla gestione, in primis il Commissario ad acta ed il Direttore generale del Dipartimento Tutela della Salute.
Tanti soggetti coinvolti, alcuni con compiti ben precisi per l’emergenza COVID , altri con il compito di gestire nell’ordinario la Sanità calabrese, ai quali andrebbe chiesto conto, ognuno per la propria responsabilità, del perché nella nostra regione non è stato messo in atto, come richiesto dal Governo, un Piano anti-COVID.
Nel luglio scorso, dopo una serie di decreti del Governo, che stanziavano cospicui fondi per il potenziamento dei servizi e che consentivano di semplificare anche le procedure, come Comitato civico avevamo pubblicamente sostenuto che non potevano esserci più alibi : la Sanità del nostro territorio doveva e poteva essere riorganizzata, non solo per rispondere all’emergenza COVID, ma anche per cominciare a dare un nuovo assetto più confacente ai reali bisogni dei cittadini.
Ieri sera, il Comitato “Difendiamo l’ Ospedale” è sceso in piazza per protestare proprio contro l’inefficienza di un sistema che chiama in causa tutti, nessuno escluso.
Di queste palesi responsabilità, nessuno è chiamato a dare conto, ognuno scarica le colpe su qualcun altro, mentre a pagarne le conseguenze sono solo i cittadini, che hanno bisogno di assistenza, gli operatori sanitari, che sono rimasti a combattere in trincea da “soli”, e, da oggi, anche i tantissimi operatori dei vari settori economici.
Per il bene della Calabria e dei nostri territori, occorrerebbe lavorare con maggiore senso di responsabilità, mettendo da parte divisioni, strumentalizzazioni e proclami che tanto danno stanno arrecando a tutti noi.