Arrestato Tallini, “l’impresentabile” che difendeva il colonialismo fascista Il presidente del consiglio regionale calabrese ed esponente di spicco di Forza Italia, agli arresti domiciliari per un'inchiesta della DDA di Catanzaro
Di Giuseppe Larosa
La Calabria in piena pandemia da coronavirus è nel vortice, un baratro dove uscirne diventa quasi impossibile. Travolta in una serie infinita di problematiche “cancerogene”, una metastasi che assedia una regione prova di orientamento, di indirizzo programmatico e come se non bastasse, la questione sanità con due commissari ad acta costretti alle dimissioni ed un altro che ha rifiutato l’incarico. Nell’attesa odierna di sapere la nomina del nuovo commissario della sanità calabrese.
Il 15 ottobre muore la governatrice Jole Santelli a causa di un male incurabile, lasciando vuota quella poltrona sulla quale i calabresi la vollero a capo della Regione il 26 gennaio scorso.
A distanza di poco di un mese dalla morte della Santelli un altro grave vuoto politico che colpisce la Calabria, l’arresto del presidente del consiglio regionale Domenico Tallini.
Eppure quella che oggi potrebbe apparire un fulmine a ciel sereno o meglio, una sorpresa, tale non è perché se ben ricordiamo fu l’attuale Commissione parlamentare antimafia a definire Tallini un “impresentabile” per delle questioni inerenti ad un rinvio a giudizio per corruzione.
Ma si sa, solo in Calabria gli “impresentabili” diventano presidente del consiglio regionale, come una sorta di medaglia al merito. Da lì nacque un battibecco con il presidente Nicola Morra il quale aveva dichiarato appena saputo dell’imminente nomina di Tallini, “Voglio ricordare: risultano impresentabili quei candidati che – sia relativamente alla Legge Severino, sia relativamente al codice di autoregolamentazione della Commissione Parlamentare Antimafia – si trovino in posizioni giuridicamente tanto rilevanti da suggerire ai partiti a non candidarli”, ma Tallini non si fece attendere nella sua replica, “A Morra, che mi ha definito ‘impresentabile’, ho risposto con l’esito delle elezioni”. Oggi Domenico Tallini secondo la DDA di Catanzaro è accusato di “associazione mafiosa” per i rapporti con la cosca Grande Aracri e che tra le accuse, “imponeva l’assuzione del figlio, Giuseppe Tallini, in qualità di consigliere in maniera tale da contribuire all’evoluzione dell’attività imprenditoriale del consorzio fornendo il supporto nel procacciamento delle farmacie da consorziare”.
Tallini il 26 gennaio scorso era stato eletto per la quarta volta consecutiva a consigliere regionale conquistando oltre 8mila preferenze. La sua prima volta in consiglio regionale fu tra le fila dell’Udeur nel 2005 e dal 2015 ad oggi è stato il leader di Forza Italia nella provincia di Catanzaro.
Quest’ultimo consiglio regionale guidato da Tallini non è che si sia risparmiato in “chicche d’autore”, vogliamo ricordare ad esempio, la questione vitalizi? Quella bruttissima figura fatta da tutto il consiglio regionale, nessuno escluso, ovvero di concedere il vitalizio anche a chi non avessero completato la legislatura regionale. Poi salvatasi in calcio d’angolo, ma solo per la questione mediatica sollevata dalla stampa.
Ma Tallini è stato anche quello delle sue teorie sul fascismo, grande la sua performance, “Il fascismo? Il fascismo non era razzista. È stato accusato in maniera volgare di essere andato in Africa e di aver civilizzato i Paesi africani. più o meno la teoria che vorrebbero tanti oggi (aiutiamoli a casa loro, ndr)”, anzi aveva pure portato “la civiltà in Africa”.
Questo era il presidente del consiglio regionale della Calabria, il resto è quello che abbiamo letto stamani… purtroppo!