“Mi chiedo cosa aspettino i catanesi a denunciare l’assessore Samonà per danno d’immagine” Margherita Corrado (M5S Senato - Commissione Cultura) - Sulla "Carta di Catania"
Ci vorrebbe quel genio di Totò per ripetere la memorabile battuta con cui, in un celebre film, istruisce un colonnello tedesco circa l’uso migliore della carta bianca evocata dal graduato per rivendicare i pieni poteri che lo autorizzerebbero ad ordinare un’azione ignobile, e rivolgerla a quell’assessore siciliano che oggi chiama “Carta di Catania” la propria arrogante rivendicazione di discrezionalità nei confronti delle sorti del patrimonio culturale dell’Isola. E magari alle parole potrebbe seguire una proporzionata pernacchia!
Sì perché la “Carta di Catania”, come pomposamente è stata battezzata dal titolare dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, non contiene alcuna rivoluzionaria affermazione di principi al cui rispetto uomini e donne di cultura debbano sollecitare i propri simili, non sancisce alcun passo vanti nel cammino del genere umano ma, al contrario, mette definitivamente in evidenza la fondatezza delle preoccupazioni che Concetto Marchesi, con onestà intellettuale, espresse già in sede di Assemblea Costituente rispetto agli effetti dell’ebbrezza da autonomia. Oltre a violare (parrebbe con l’assenso della Soprintendenza) il Codice dei Beni Culturali, che vige anche in Sicilia. Che aspetta, allora, Franceschini ad impugnare il provvedimento della Regione?
Solo qualche giorno fa, nell’attesa che la mozione a mia prima firma tesa a creare un organismo autonomo per il recupero dei beni culturali esportati contra legem sia calendarizzata e portata in aula al Senato, riflettevo ‘ad alta voce’ sulla necessità di interrogarci sulla sorte dei reperti scavati illegalmente e perciò privati dei dati di contesto che le forze dell’ordine recuperano di frequente e restituiscono allo Stato: oggetti che solo un impiego in chiave didattica può mettere in valore trasformandoli in utili fonti di conoscenza. C’è da chiedersi QUALI MUSEI debbano accogliere questi ‘orfanelli’, come li chiamano gli ottimi Carabinieri del TPC, e se non sia il caso di introdurre nuove fattispecie, per accoglierli, rispetto agli spazi espositivi tradizionali. Una meditazione superflua, la mia, perché il novello Alessandro Magno ha risolto il problema che ingenuamente supponevo complesso con la risolutezza che si conviene ad un amministratore di una Regione autonoma, recidendo cioè il nodo gordiano e affidando il tempio ai mercanti: “Venghino Signori, Venghino! Arte fresca per tutte le tasche!”
Ritengo che con la “Carta di Catania” il Paese intero abbia toccato il fondo, non la Sicilia soltanto, Sicilia che già aveva fatto scuola in negativo, allontanandosi dai principi costituzionali in materia di tutela e valorizzazione, ad esempio dotandosi di Soprintendenze uniche e affidandole anche a dirigenti estranei al mondo dei beni culturali o stringendo (peraltro senza titolo, ma qui la responsabilità è tutta romana…) accordi internazionali comportanti prestiti rotativi che, come quello francamente scandaloso delle argenterie ellenistiche di Morgantina, mettono a rischio di danno irreparabile gli stessi beni oggetto del prestito.
È stato detto, correttamente, che chi non si occupa della cosa pubblica può forse risultare innocuo ma certamente è inutile alla comunità. Aggiungo che quando quest’ultima e le sue prerogative sono messe a rischio di danni irreversibili, com’è al momento, l’attonita immobilità, l’assuefazione al peggio generata nei più dall’assurdità del reale devono lasciare il posto alla capacità di ritrovare e coltivare una sana INDIGNAZIONE. E non resta che impegnarsi, con tutte le energie disponibili, per opporsi al flagello.
Dunque, Ministro Franceschini, come la mettiamo?!