In Calabria, su oltre mille ordinanze di demolizione emesse, solo 133 sono state eseguite II Edizione Dossier "Abbatti l'Abuso" sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani
Nelle regioni del Sud Italia, dove il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio, le demolizioni sono ferme al palo andando, così, ad aumentare il divario con un Nord Italia che, invece, fa più controlli, sanziona l’abuso e demolisce. È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dalla seconda edizione del dossier “Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani, dalla quale emerge con chiarezza una Penisola spaccata in due. Eloquente il dato nazionale: sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020, è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord.
Nel Sud Italia, a parte la Basilicata con un 26% di ordinanze di demolizioni eseguite, la Puglia si piazza in fondo alla classifica con un misero 4%, preceduta dalla Calabria (11,2%), dalla Campania (19,6%), dalla Sicilia (20,9%) e dal Lazio (22,6%). In particolare in Puglia, Sicilia e Calabria, tra le regioni più segnate dalla presenza mafiosa e dove stando all’ultimo rapporto Ecomafia si concentra il 43,4% degli illeciti nel ciclo del cemento registrati in Italia nel 2019, sono state emesse 14.485 ordinanze di demolizione (con la Campania a guidare la classifica nazionale con 6.996 provvedimenti di abbattimento) e ne sono state eseguire appena 2.517, pari al 17,4%. In altri termini, cinque volte su sei l’abusivo ha la quasi matematica certezza di farla franca. Può andargli ancora meglio se l’immobile è stato realizzato lungo le coste: se si considerano solo i comuni litoranei, infatti, la percentuale nazionale di abbattimenti scende a 24,3%.
Focus sulla Calabria
Dal 2004 al 2020, su 1.192 ordinanze di demolizione emesse, solo 133 sono state eseguite, ovvero l’11,2%. Gli immobili abusivi trascritti al patrimonio immobiliare del Comune sono stati appena 5, lo 0,4%. Delle restanti ordinanze non ottemperate, 1.059, solo 33 sono state trasmesse al Prefetto.
Maglia nera anche per la “trasparenza” delle pubbliche amministrazioni: solo 15 sono stati i Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente su 404. La provincia peggiore è stata quella di Crotone con un risultato pari a zero, preceduta da Vibo Valentia (2%), Reggio Calabria (2,1%), Catanzaro (3,8%).
«Sono numeri preoccupanti – dichiara Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria – che dimostrano ancora una volta come l’abusivismo edilizio in Calabria sia una tra le tante piaghe di questa regione colpita da una cementificazione selvaggia che deturpa il nostro territorio ed in particolare le splendide coste, luoghi tra i più colpiti dal fenomeno. Si tratta purtroppo di numeri che non stupiscono alla luce del Rapporto Ecomafia che Legambiente ha presentato lo scorso mese di dicembre e che vedeva la Calabria al terzo posto nel ciclo illegale del cemento con 1.173 reati, 1.352 persone denunciate, 9 persone arrestate e 459 sequestri avvenuti nel 2019. Non siamo sorpresi dai dati del Dossier “Abbatti l’abuso”, ma siamo sempre più amareggiati ed allo stesso tempo motivati a continuare le nostre battaglie per contribuire al ripristino della legalità in Calabria e al rispetto dell’ambiente».
Il “pasticcio” della circolare del Ministero
Un allarme sui dati a cui si aggiunge anche il “pasticcio” generato nelle scorse settimane dalla circolare interpretativa inviata dal Ministero dell’Interno a tutte le prefetture che va ad azzerare l’efficacia della norma, inserita nella L.120/2020, c.d. Dl Semplificazioni, che attribuisce ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all’inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono. Applicando le disposizioni della circolare ministeriale – denuncia Legambiente – si va a restringere l’ambito d’azione dei prefetti ai soli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e, escludendo tutte le ordinanze su cui sia pendente un ricorso per via amministrativa, decine di migliaia di manufatti illegali sono destinati a rimanere esattamente dove sono, com’è successo finora. A confermare l’inequivocabile senso della norma sono le 935 ordinanze inevase trasmesse, da settembre 2020 a marzo 2021, dai Comuni alle prefetture.
«Procedere con gli abbattimenti – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è il migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi. Il quadro che emerge dal nostro dossier conferma la necessità, non più procrastinabile, di avocare allo Stato il compito di riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo per decenni. Per questo, su proposta di Legambiente, lo scorso, anno è stata approvata una norma inserita nel Dl Semplificazioni che assegna alle prefetture la responsabilità di demolire stante l’inerzia prolungata dei Comuni; ma con la sconcertante circolare interpretativa della legge del Ministero dell’Interno ora ciò verrà meno andando a tradire il senso e l’obiettivo di quanto approvato in Parlamento. Per questo abbiamo elaborato un emendamento all’ultimo decreto “Semplificazioni” del governo Draghi con l’obiettivo di ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione, nel pieno rispetto della ratio legis, fugando ogni margine di dubbio circa la sua applicazione. Alla ministra Lamorgese e al Parlamento chiediamo di rivedere e correggere la nota interpretativa del ministero riaffermando il potere d’intervento dei Prefetti su tutte le ordinanze emesse dai Comuni. Per liberare il Paese dallo sfregio del cemento selvaggio e dall’abusivismo impunito serve un netto cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere, non sono ammessi più ritardi o passi falsi».
Per Legambiente siamo di fronte a un dato che conferma la corretta interpretazione della legge da parte degli uffici comunali e la bontà della ratio della norma fortemente voluta da Legambiente, che deve sancire un definitivo cambio di passo sul fronte delle demolizioni, avocando allo Stato il compito di ripristinare la legalità quando i Comuni, per tutte le ragioni che sono state alla base dell’intervento legislativo (a cominciare da quelle legate ai contraccolpi sul consenso elettorale), non hanno provveduto.