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TAURIANOVA (RC), SABATO 02 NOVEMBRE 2024

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Roberto Recordare, fa una denuncia-querela per la divulgazione ad atti d’indagine Infatti, resta da chiedersi come la redazione del programma Report abbia avuto la disponibilità delle “intercettazioni” più volte citate e riportate per estratto, e se sia lecito l’uso che ne ha fatto

Roberto Recordare, fa una denuncia-querela per la divulgazione ad atti d’indagine Infatti, resta da chiedersi come la redazione del programma Report abbia avuto la disponibilità delle “intercettazioni” più volte citate e riportate per estratto, e se sia lecito l’uso che ne ha fatto

Riceviamo e pubblichiamo

Dopo il programma REPORT di RAI3 dell’8 novembre 2021, Roberto Recordare, fa una denuncia-querela per la divulgazione ad atti d’indagine non depositati e coperti da segreto, che l’Autorità Giudiziaria non ha mai messo a disposizione dell’indagato e dei suoi Difensori.
Infatti, resta da chiedersi come la redazione del programma Report abbia avuto la disponibilità delle “intercettazioni” più volte citate e riportate per estratto, e se sia lecito l’uso che ne ha fatto.
Il servizio tenta di spiegarlo attraverso l’intervista al personaggio misterioso ripreso di spalle e di cui, più sopra, si sono riportate le dichiarazioni. Lo stesso ha affermato, infatti, che “il CD con tutto il fascicolo di Recordare” sarebbe stato allegato “per errore agli atti di un processo e così sono diventati pubblici”. Questa è l’opinione dell’oscuro intervistato, ma nel mondo del diritto non è che gli atti allegati ad un processo divengano per ciò stesso pubblici e suscettibili di divulgazione.
Le intercettazioni erano atti depositati? Potevano essere divulgati?
Roberto Recordare, nella sua denuncia, evidenzia che l’art. 114 c.p.p. che “E’ vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del contenuto”. Al fine di comprendere quali siano gli atti coperti da segreto, l’art. 329 cpp stabilisce che: “gli atti di indagine compiuti dal Pubblico Ministero e dalla Polizia Giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza, non oltre la chiusura delle indagini preliminari”.
Ed ancora, il secondo comma dell’art. 114 c.p.p. afferma che “E’ vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.
Oltretutto Roberto Recordare aveva presentato all’ufficio di Procura un’istanza ex art. 335 c.p.p., a cui gli è stato risposto che a suo carico non vi era alcuna indagine.
Vero è che alcune ipotesi di reato non sono suscettibili di comunicazione, ma se non lo sono nei confronti dell’indagato, (il quale, comunque, vanta un diritto alla conoscenza degli atti, temporaneamente compresso in favore delle esigenze investigative), a maggior ragione non sono suscettibili di comunicazione ad alcun altro soggetto estraneo al processo né, tantomeno, ad alcun giornalista o programma televisivo. Anche perché, è evidente, si tratta di stralci di conversazioni inseriti in un’informativa, non di intercettazioni depositate.
La normativa a tal riguardo è ben chiara, ed è racchiusa nell’art. 268 bis c.p.p., con il quale è letteralmente prescritto: “Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita le annotazioni, i verbali e le registrazioni, unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, e forma l’elenco…Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso della facoltà di esaminare gli atti, della facoltà di prendere visione dell’elenco di cui al comma 1, nonché di ascoltare le registrazioni e di prendere cognizione dei flussi di comunicazione informatiche e telematiche. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo, non oltre la chiusura delle indagini”.
Rileggendo tale norma unitamente al disposto dell’art 329 c.p.p. comprendiamo agevolmente che le intercettazioni divulgate dal servizio giornalistico erano atti ancora coperti da segreto, in quanto “l’imputato” non poteva averne la conoscenza che l’art. 268 bis c.p.p. gli riconosce, e neppure vi era mai stato, nel procedimento a suo carico, un avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Insomma, senza che ai Difensori della parte fossero state assicurate le prerogative riconosciute loro dalla Legge (l’immediato avviso del deposito, la facoltà di esaminare gli atti, di ascoltare le registrazione, ecc.), parti di brogliacci di ascolto, sintesi e parziali trascrizioni, sono state divulgate come inconfutabile elemento di prova della colpevolezza di una persona che per quel procedimento non ha neppure ricevuto avviso di garanzia; omettendo di chiarire che le registrazioni ed i pedinamenti erano stati effettuati nel 2016/2017, ma che da allora non erano sfociati in alcuna azione giudiziaria; segno evidente, questo, del fatto che l’opinione espressa dai giornalisti non coincide affatto con quella dei non meglio specificati “inquirenti”, dietro la quale hanno ben pensato di ripararsi.
E non soltanto le intercettazioni non erano state depositate (e dunque non erano conoscibili da parte dell’indagato ed erano, e sono tuttora, atto coperto da segreto), ma anche l’informativa di P.G., unita agli atti di altro procedimento, attualmente pendente in primo grado, non era suscettibile di pubblicazione.
E’ bene evidenziare, infatti, che i Giornalisti non ne riferiscono genericamente l’esistenza o il contenuto, ma ne riportano passaggi e brani, in particolare le annotazioni e le parziali trascrizioni delle conversazioni.
Cosicché deve ritenersi violato sia l’art. 114 co. 1 c.p.p. (in quanto sono stati pubblicati atti coperti da segreto), che l’art. 114 co. 3 c.p.p., in quanto sono stati illegittimamente pubblicati atti del fascicolo del pubblico ministero (nel processo Eyphemos) prima della sentenza di appello.
Per altro, l’uso che delle intercettazioni è stato fatto non soltanto è illegittimo, sotto il profilo appena visto, ma è anche strumentale alla diffamazione.
Non sono, invece, un comodo punto d’appoggio per diffondere opinioni personali, per condannare innanzi ad un tribunale popolare una persona prima che abbia avuto modo di difendersi in un giudizio giusto. L’evidenza di quanto sin qui osservato emerge con chiarezza ove ci si ponga una domanda semplice: in ordine alle vicende oggetto della sopra citata informativa, Roberto Recordare potrebbe trovare un Giudice terzo, il cui giudizio si formi all’interno dell’aula di Tribunale, nel contraddittorio delle parti, senza essere minimante condizionato dalla conoscenza di atti facenti parte del fascicolo del P.M.?
Roberto Recordare con la sua denuncia-querela chiede pertanto di accertare la responsabilità penale di tutti coloro che, in ragione dei fatti sin qui esposti, si siano resi responsabili del reato di cui all’art. 595 co. 2 e 3 c.p. per avere, comunicando con più persone, col mezzo della trasmissione televisiva, offeso la sua reputazione attribuendogli fatti determinati, ed in particolare: l’avere nella propria disponibilità 500 miliardi di euro appartenenti a Camorra, Cosa Nostra e Ndrangheta; l’essere “ il più grande bleffeur” o “ il più spregiudicato broker della storia della Finanza”; l’essere “considerato dagli inquirenti un riservato della Ndrangheta, un membro occulto delle Ndrine”; l’ avere “messo in piedi un colossale schema di riciclaggio per conto di Camorra, Cosa Nostra e Ndrangheta”; l’avere posto in essere il manuale del perfetto riciclatore”;
Infatti, pare strano che l’attività investigativa della Squadra Mobile di Palmi nei confronti di Roberto Recordare era stata svolta negli anni 2016/2017, e comunicata alla DDA di Reggio Calabria non Nota informativa del Febbraio 2018, senza che a tali indagini sia mai seguita alcun esercizio dell’azione penale da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Inoltre, Roberto Recordare chiede di accertare la responsabilità penale di tutti coloro che, in ragione dei fatti sin qui esposti, si siano resi responsabili del reato di cui all’art. 684 c.p. per avere pubblicato atti di un procedimento penale di cui era vietata per legge la pubblicazione, ed in particolare, per avere divulgato con il mezzo televisivo stralci e trascrizioni parziali di intercettazioni non ancora depositate, così violando l’art. 114 co. 1 c.p.; e per avere divulgato la nota di P.G. del 6 febbraio 2018, atto del fascicolo del P.M., prima che fosse intervenuta sentenza di II grado, così violando l’art.114 co. 3 c.p. e di accertare la responsabilità penale di tutti coloro (pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio) che, in ragione dei fatti esposti, si siano resi responsabili del reato di cui all’art. 326 c.p., per avere, violando i doveri delle funzioni o del servizio. rivelato o comunque agevolato la conoscenza di notizie coperte da segreto in quanto tema di indagini mai concluse ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p.
Oltretutto, Roberto Recordare da esplicito mandato all’Avv. Salvatore Traina del foro di Palermo, di informare il Ministro della Giustizia e di sollecitare i suoi poteri ispettivi sui comportamenti contrari alle disposizioni di legge vigenti, che secondo Report, sarebbero stati posti in essere da soggetti appartenenti all’Amministrazione Giudiziaria