Palmi, premiati i vincitori della prima edizione dello Stretto Film Festival Vincono “Lo chiamavano Cargo” di Marco Signoretti, “Sad-the movie” di Giulherme Gehr, “U figghiu” di Saverio Tavano e “Eggshell” di Ryan William Harris
Palmi, premiati i vincitori della prima edizione dello Stretto Film Festival
Vincono “Lo chiamavano Cargo” di Marco Signoretti, “Sad-the movie” di Giulherme Gehr, “U figghiu” di Saverio Tavano e “Eggshell” di Ryan William Harris
PALMI – Un cinema che torna a vivere, una città che si riappropria di un luogo che per decenni è stato assente: è l’immagine più forte che rimane dello “Stretto Film Festival”, la manifestazione organizzata da Icarus Factory di Marco Suraci e diretta dal regista Daniele Suraci, dedicata ai corti cinematografici che si è svolta a Palmi dal 5 al 7 agosto.
L’evento si è dimostrato un successo sin dal primo appuntamento nella villa comunale, facendo registrare il sold out.
«Non era un’operazione semplice quella di riportare la gente davanti allo schermo del cinema, dopo tanti anni, ma ci siamo riusciti – hanno commentato Daniele e Marco Suraci – La nostra intenzione era proprio quella di riportare la città di Palmi al cinema facendola appassionare, e a manifestazione conclusa possiamo dire di esserci riusciti. Non era scontata la risposta della città ed è per questo che il primo grazie lo diciamo a Palmi ed ai palmesi che hanno creduto nel nostro progetto».
La giuria, composta dai Manetti Bros., Peppino Mazzotta e Francesco Tortorella, ha premiato, per la categoria Stretto Fiction Nazionale, “Lo chiamavano Cargo” di Marco Signoretti; “Sad-the movie” di Giulherme Gehr per la categoria Stretto Animazione; “U figghiu” di Saverio Tavano per la categoria Stretto Calabria e “Eggshell” di Ryan William Harris per la categoria Stretto Fiction Internazionale.
È seguita la visione del film “Diabolik”, diretto e prodotto dai Manetti Bros., che ha ricevuto 11 nomination ai David di Donatello 2022.
Al termine, il giornalista Valerio Corzani, presentatore del Festival, ha dialogato con Marco e Antonio Manetti, insieme a Ginevra De Carolis (costumista) e a Noemi Marchica (scenografa), che hanno raccontato alcuni particolari e curiosità legati a “Diabolik”.
«Raccontare la storia di Diabolik non è mai stato semplice, perché chiunque ci abbia provato non ha mai incontrato il parere favorevole del curatore del fumetto, Mario Gomboli – ha raccontato Marco Manetti – Noi ci abbiamo provato e inaspettatamente siamo riusciti a fare centro. E da lì abbiamo iniziato questo lavoro».
Un lavoro che «senza la crew, la nostra squadra, non sarebbe riuscito – ha proseguito Antonio Manetti – È importante, infatti, il lavoro di squadra ed è per questo motivo che abbia costruito attorno a noi un team che oramai ci segue in tutti i nostri lavori».
Ginevra De Carolis ha quindi raccontato come vengono scelti i costumi, le acconciature e gli accessori in fase di realizzazione di un film. «La prima cosa da fare è pensare all’epoca in cui la storia è ambientata – ha detto – e quindi scegliere gli abiti indossati in quegli anni nei tessuti giusti, abbinandoli a scarpe e gioielli. Di fondamentale importanza è la collaborazione totale dell’attore, che deve svestire i suoi panni ed indossare quelli del personaggio, e nel caso del film “Diabolik” posso affermare che tutti e tre gli attori principali hanno collaborato dal primo momento».
Altrettanto interessante è stato l’intervento di Noemi Marchica, scenografa. «Diabolik, così come tutte le pellicole, è stato girato in ambienti ricostruiti e luoghi che realmente esistono, su cui siamo intervenuti con delle piccole modifiche – ha spiegato – Ad esempio, l’abitazione di Diabolik era in origine una casa abbandonata, in vendita, che non aveva nulla e che abbiamo stravolto in toto rendendola funzionale alle nostre esigenze; o ancora, il rifugio in cui Diabolik si nasconde è un luogo finto, che non esiste e per girare la scena della rapina nel caveau della banca, abbiamo utilizzato un container che con l’uso di una gru si immergeva in una piscina per simulare l’allagamento».
«Questo è il Festival che noi abbiamo sempre immaginato di fare in questo cinema, con l’obiettivo di abbattere la distanza tra pubblico e cinema, ed anche in questo siamo riusciti – hanno concluso Daniele e Marco Suraci, dopo l’incontro dei registi con il pubblico – Ciò che ci auguriamo è di aver trasmesso a ciascuno la voglia di tornare al cinema e di viverlo in tutta la sua bellezza».