Confesercenti, “Reggio Calabria brilla in negativo in tutte le classifiche” Ultima per Avvenire nella ricerca presentata in collaborazione con la Scuola di Economia Civile, al 95° posto nello studio realizzato da Italia Oggi con l’Università La Sapienza e al 101° nel più recente rapporto del Sole 24 ore
Ultima per Avvenire nella ricerca presentata in collaborazione con la Scuola di Economia Civile, al 95° posto nello studio realizzato da Italia Oggi con l’Università La Sapienza e al 101° nel più recente rapporto del Sole 24 ore.
Quest’anno, come lo scorso e l’altro ancora, sin da quando ho memoria, Reggio Calabria brilla in negativo in tutte le classifiche che analizzano la qualità della vita valutando diversi parametri: ricchezza, infrastrutture, servizi, sicurezza, opportunità lavorative, ambiente, cultura e innumerevoli altre categorie che caratterizzano, appunto, la qualità della vita di una comunità.
Le difficoltà che emergono da queste analisi non sono solo di Reggio, ovviamente, ma della Calabria, regione fanalino di coda in pressoché la totalità delle graduatorie e, più in generale, del Meridione che si trova da sempre escluso dalle prime venti o trenta posizioni. Il problema a mio avviso, quindi, non è nell’accuratezza di tali studi che può tranquillamente essere messa in discussione se ci si sofferma a considerare la posizione dell’uno o dell’altro territorio, ma in ciò che i dati contenuti in essi ci consegnano in termini tendenziali.
L’Italia è sempre più divisa, il gap tra Nord e Sud lungi dal ridursi, si amplia creando, di fatto, le condizioni perché coesistano cittadini di serie A e di serie B con gli stessi doveri ma differenti diritti. Questo scenario, indegno per una società che ama definirsi civile, ha nella sua genesi diverse motivazioni, esogene, endogene, antropologiche, culturali e storiche che, sicuramente, non possono essere banalizzate da sintesi spesso viziate da preconcetti, strumentalizzazioni o sterili piagnistei che tendono a nascondere l’abbondante polvere che produciamo sotto il tappeto.
Come collettività, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità che sono tante e pesanti, ad iniziare dal lassismo, dalla rassegnazione, dall’inazione, dal non voler metterci la faccia “sporcandosi le mani” e agendo in prima persona nel tentativo di cambiare le cose. Troppo spesso ci limitiamo a lagnarci senza nulla fare, non avendo neanche la capacità di esprimere una classe dirigente minimamente adeguata non tanto e non solo a governare i processi ma anche e soprattutto a tutelarci lì dove si prendono le decisioni.
Come spiegare altrimenti la vergogna di un federalismo che contribuisce, anno dopo anno, a rendere ricchi i più ricchi e poveri i più poveri. Che avrebbe dovuto essere cooperativo divenendo invece competitivo, generando così aberrazioni come quella della “spesa storica” che ancora oggi, al di là delle belle enunciazioni, continua a far sì che si dia di più a coloro che hanno già molto e di meno a chi non ha nulla? Com’è potuta passare una modifica costituzionale di tale portata senza che i nostri rappresentanti in parlamento si opponessero strenuamente, facendo fronte comune superando le distinzioni di appartenenza politica e indossando unicamente la maglietta di un Mezzogiorno bistrattato e umiliato?
Ed ora si giocherà la partita del Regionalismo Differenziato, un’altra perversione normativa che, ove venisse messa in atto, darebbe il definitivo colpo di grazia ai territori meridionali.
Non possiamo continuare con il refrain trito e ritrito di “piove governo ladro”. Non possiamo neanche aspettare che venga qualcuno a salvarci. Dobbiamo impegnarci tutti, in prima persona, per la crescita della nostra terra mettendo competenze e capacità al suo servizio, dandoci da fare per diventare gli unici artefici del nostro destino. Dobbiamo ritrovare l’orgoglio di essere una comunità, fieri di considerarci reggini, calabresi, meridionali. Perché non siamo secondi a nessuno anche se da secoli tentano di farcelo credere.
Altrimenti niente cambierà, anzi, la situazione peggiorerà ulteriormente e continueremo a leggere classifiche e studi che certificheranno la distanza sempre più ampia tra due Italie una delle quali, stante così le cose, non avrà più la forza e la capacità di risalire la china.