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TAURIANOVA (RC), SABATO 09 NOVEMBRE 2024

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Operazione “Happy Dog”. Assolti i fratelli Fava perché il fatto non sussiste. All’interno i particolari L'inchiesta nata nel giugno del 2018 ha visto coinvolte diverse persone e oggi il Tribunale di Locri ha emesso sentenza di assoluzione accogliendo le tesi dei legali

Operazione “Happy Dog”. Assolti i fratelli Fava perché il fatto non sussiste. All’interno i particolari L'inchiesta nata nel giugno del 2018 ha visto coinvolte diverse persone e oggi il Tribunale di Locri ha emesso sentenza di assoluzione accogliendo le tesi dei legali

Con Sentenza del 09 febbraio 2023, il Tribunale di Locri (Dott.ssa Vitale Presidente, Dott.ri Casciola e Sobbrio a latere), ha posto fine alla estenuante e dolorosa vicenda che ha coinvolto Fava Antonio detto “enzo” (difeso dall’avv. Maria Teresa Caccamo), Fava Francesco (difeso dall’avvocato Alfredo Giovinazzo), Cogliandro Loredana (difesa dall’avv. Maria Teresa Caccamo), Bartolo Luigi (difeso dall’avv. Giuseppe Aloi), Ammendola Antonino (difeso dagli avv.ti Michele Ferraro e Francesco Albanese), Brizzi Vincenzo (difeso dall’avv. Vincenzo Maio), Catania Maria Antonia (difesa dall’avv. Domenico Infantino), Ferraro Antonio (difeso dall’avv. Giuseppe Milicia) Faiello Edoardo (difeso dall’avv. Giuseppe Mammoliti), Perri Edoardo (difeso dall’avv. Antonio Larusa) emettendo Sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.
Nell’operazione di polizia, denominata “Happy Dog”, la Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria aveva richiesto ed ottenuto dal G.I.P. emittente l’applicazione della misura cautelare più grave della detenzione in carcere (per i due fratelli Fava e per Bartolo Luigi), ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza circa la commissione dei reati di cui agli artt. 81, 110, 56 e 629 e 628 n. 3 quinquies, 416 bis. 1 c.p. e 353 c.p., 512 bis e 61 nr. 2 c.p., 513 bis e 61 nr. 9 e 640 comma 2 n. 1 c.p..
La contestazione prendeva le mosse dalle dichiarazioni accusatorie del testimone di giustizia TEDESCO Leonzio (titolare dell’impresa “Dog Center s.a.s.”) vittima, a suo dire, di un tentativo di estorsione tendente a costringerlo a ritirarsi dalla gara di appalto indetta dal comune di Taurianova e relativa al servizio di custodia ed assistenza di cani randagi; la vicenda, secondo il narrato del testimone di giustizia avrebbe poi coinvolto veterinari ed impiegati dell’ASL “rei” di aver contrastato l’assegnazione della suddetta gara.
Gli arresti, avvenuti a distanza di quattro anni dall’aggiudicazione dell’appalto furono giustificati dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria dalla contestazione dell’aggravante del metodo mafioso e dell’aver agevolato la consorteria criminale di Taurianova. Furono sequestrate tutte le aziende coinvolte, l’ Happy Dog, il Rifugio Canino il Parco e la Mister Dog. Fava Antonio è stato immediatamente licenziato e mai più assunto.
A distanza di cinque anni, dopo un lunghissimo dibattimento in cui la Procura non ha mai rinunciato alla propria prospettiva accusatoria, chiedendo la condanna ad anni cinque di reclusione per i due fratelli Fava e per Bartolo Luigi, il meticoloso lavoro difensivo ha finalmente restituito la serenità a tutti gli imputati visibilmente commossi alla lettura del dispositivo. Fava Antonio, in particolare, dopo essersi sottoposto ad un lunghissimo e intenso esame, nel corso dell’ultima udienza dibattimentale ha rinunciato alla prescrizione per tutti gli altri reati diversi dal tentativo di estorsione e per i quali il Pubblico Ministero aveva richiesto il non luogo a procedere (analoga richiesta era stata avanzata dalla Procura nei confronti degli imputati Cogliandro Loredana, Ferraro Antonio, Ammendola Antonino,. Brizzi Vincenzo, Catania Maria Antonia, le uniche richieste assolutorie avevano riguardato gli imputati Faiello Edoardo e Perri Edoardo).
Nell’operazione era altresì confluita un’altra attività di indagine sempre basata sulle dichiarazioni del testimone di giustizia Tedesco Leonzio a carico di Russo Marcello (difeso dagli avvocati Vincenzo e Giuseppe Monteleone) per il quale il Pubblico Ministero aveva richiesto una sentenza di condanna ad anni 17 e per il quale il Tribunale di Locri ha deliberato l’assoluzione ai sensi del II comma dell’art. 530 c.p.p.
La vicenda che ha avuto contraccolpi sconvolgenti nella vita dei soggetti coinvolti aveva destato, all’indomani degli arresti, una grande attenzione dai parte dei media e dei politici locali e non era bastato neanche l’annullamento della misura cautelare da parte della Suprema Corte a restituire agli imputati, Fava Antonio in particolare, la possibilità di essere creduti innocenti; la ferocia con la quale la notizia venne pubblicata, il taglio che alla stessa era stato dato, l’esposizione di alcuni esponenti politici locali, ha amplificato la sofferenza di un processo in cui le difese non hanno mai vacillato circa la consapevolezza dell’innocenza degli assolti.
Una pagina triste, per fortuna conclusa con la restituzione alla Giustizia della verità dell’innocenza; una pagina che tuttavia dovrebbe insegnare a tutti coloro che si interessano delle operazioni antimafia che molte volte è meglio sentire la versione degli indagati, per evitare carcerazioni inutili, sofferenze inutili e danni collaterali agli imputati ed alle loro famiglie