Omicidio Domenico Oppedisano, ucciso un giovane a soli 24 anni con un fucile caricato a pallettoni, perché? Il ragazzo era incensurato, lascia una giovane moglie e una bimba di quasi un anno, e viene descritto come un ragazzo solo casa e lavoro. Non si esclude però la pista della 'ndrangheta
Di GiLar
Un agguato in un vero e proprio stile mafioso, un’imboscata in piena regola in una strada interpoderale con un fucile caricato a pallettoni. Il killer (forse più di uno), ha esploso diversi colpi uccidendo un ragazzo di soli 24 anni, Domenico Oppedisano. Ieri il tragico fatto in località Prateria a San Pietro di Caridà, in una zona a ridosso delle due province di Reggio Calabria e di Vibo Valentia.
Un operaio che si reca al lavoro come boscaiolo, ma che non riesce ad arrivare in tempo ed ora è steso in un letto dell’obitorio. La corsa disperata verso l’Ospedale di Polistena, ma non ce l’ha fatta, è morto prima di arrivare. Si scrive così un’altra pagina buia di una terra maledetta dove negli anni è stata sporcata dal sangue, quel sangue che ancora oggi, nel terzo millennio non smette di scorrere e dove c’è ancora gente, “bestie”? O gentaglia non ben definita che, qualsiasi siano i motivi si arroga sempre il diritto di togliere la vita ad un altro essere umano.
Domenico Oppedisano era spostato ed aveva una figlia che avrebbe dovuto compiere un anno tra pochi giorni, non la vedrà crescere. Era incensurato e quindi si è subito pensato che non avesse nulla a che fare con gli ambienti criminali, ma gli inquirenti non escludono nulla, nemmeno la pista della ‘ndrangheta. Sì, la ‘ndrangheta quel cancro maledetto che ha distrutto una terra meravigliosa come la Calabria, dove l’arroganza di pochi, di “topi di fogna” oscurano e ledono l’immagine della stragrande maggioranza di persone per bene.
Oppedisano stava percorrendo quella strada con la sua utilitaria per andare al lavoro, la famiglia si occupa di materiale boschivo, ha un’impresa e dalle prime indiscrezioni sembra che fosse solo casa e lavoro. Ma allora, perché è stato ucciso? Un regolamento di conti riguardante il suo lavoro? O c’è davvero la pista della ‘ndrangheta?
Sono tanti gli interrogativi che gli inquirenti che non stanno escludendo nulla e stanno svolgendo le indagini a pieno ritmo e sul caso non si sbilanciano, si sa solo che il padre della vittima, Giuseppe, era già noto alle forze dell’ordine per dei procedimenti giudiziari. Si cerca il movente e speriamo e gli assassini di questo tragico fatto che ha sconvolto una comunità e non solo perché non è umano né concepibile che ancora si ammazzi la gente in una terra già intrisa da mille problematiche.
I magistrati della Procura di Palmi guidati dal procuratore Emanuele Crescenti stanno conducendo le indagini e forse il fascicolo sarà trasferito alla Dia di Reggio Calabria, al momento tutto è fitto nel mistero e nessuno si sbilancia, anche dopo che i familiari sono stati sentiti dai Carabinieri e dal Procuratore aggiunto Santo Melidona. Tutto è al vaglio degli inquirenti per cercare la pista e capire il perché di quest’evento tragico dove un giovane di 24 anni è stato ucciso a colpi di fucile caricato a pallettoni in un perfetto stile ‘ndranghetistico.