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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 14 NOVEMBRE 2024

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L’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte propone un viaggio attraverso i luoghi simbolo del Geoparco Considerata la regina dell'Aspromonte, enigmatica e carica di leggende; Pietra Cappa spicca con i suoi 130 metri di altezza e con ben 4 ettari di estensione è il monolito tra i più grandi d'Europa

L’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte propone un viaggio attraverso i luoghi simbolo del Geoparco Considerata la regina dell'Aspromonte, enigmatica e carica di leggende; Pietra Cappa spicca con i suoi 130 metri di altezza e con ben 4 ettari di estensione è il monolito tra i più grandi d'Europa

| Il 04, Lug 2024

Quale miglior occasione per promuovere un’alternativa turistica di alto livello culturale e paesaggistico. Un viaggio attraverso i luoghi simbolo che rendono il Geoparco Aspromonte, un luogo unico nel suo genere, ricco di bellezze, fascino e mistero. Il tour all’interno del Geoparco Aspromonte, inizia da Pietra Cappa. Considerata la regina dell’Aspromonte, enigmatica e carica di leggende; Pietra Cappa spicca con i suoi 130 metri di altezza e con ben 4 ettari di estensione è il monolito tra i più grandi d’Europa, inserito nella Rete Globale dei Geoparchi Unesco.
Questo luogo dalla natura incontaminata, circondato da tante leggende, si staglia nel verde dei boschi della Vallata delle Grandi Pietre, che ospita numerosi conglomerati rocciosi come: Pietra Lunga, Pietra Castello e le Rocche di San Pietro, siti caratterizzati anche da insediamenti rupestri risalenti probabilmente al IX – XII secolo ad opera dei monaci basiliani, dove vi sono rocce scavate e trasformate in abitazioni e luoghi di culto.
Molte le leggende legate alla Vallata, che affonda le su e origini nell’Alto Medioevo. Tra queste, scopriamo le ipotesi relative all’origine del nome “Pietra Cappa”: definita in alcuni documenti pietra “Gauca”, ovvero “vuota”, forse per l’erosione degli agenti atmosferici oppure per le numerose grotte presenti nella vallata; un’altra possibile etimologia sarebbe connessa alla forma di “coppa rovesciata”.
Alcune di queste leggende sono legate alla lotta tra il bene e il male, altre legate addirittura a Gesù. Qui, infatti, pare che il Messia si sarebbe recato in compagnia dei discepoli, durante le sue predicazioni, chiedendo a ognuno di essi di raccogliere dei massi per penitenza. Pietro, per non affaticarsi troppo, raccolse un solo ciottolo e, quando Gesù trasformò i grossi minerali raccolti in fumanti pagnotte, capì la lezione e lasciò lì quel piccolo sasso a ricordo del proprio errore. Sfiorandolo poi con un dito, lo fece lievitare fino a fargli assumere le dimensioni attuali. Quel che è certo è il fascino assoluto del luogo, circondato da una fitta vegetazione di: eriche, lentisco, mirto, corbezzolo, castagno, lecci, cespugli di menta e di origano, capaci di sprigionare profumi di carattere selvatico non intaccato ancora dalla mano dell’uomo.
Pietra Cappa può essere raggiunta in due modi: o attraverso il percorso che parte da San Luca, circa 8 km, oppure, partendo da Natile Vecchio, con un cammino della durata di circa 6 ore. Il territorio che si attraversa nel corso delle escursioni è saturo di questa cultura. Tra Pietra Cappa e l’abitato di Natile vi è una località detta Afrundu (variazione del termine greco acrantos: puro, appellativo che solitamente si rivolge al Signore) ove esisteva una grangia (monastero con annesso podere) di origine greca; sul pianoro in cima a Pietra Cappa si notano resti di costruzioni; ai piedi, infine, si trovano i ruderi della chiesa di San Giorgio che aveva un pavimento in marmo policromo e colonne che sorreggevano cupolette. L’ambiente naturale è caratterizzato da uliveti e seminativi che salendo in quota cedono il passo alla macchia mediterranea e poi al bosco di leccio e castagno con alcuni esemplari monumentali. Ampi i panorami sulla vallata del Careri, di Platì, sui costoni che precipitano dai piani dello Zillastro e sull’amba di Gerace. L’esperienza in Aspromonte, intrecciata con Madre Natura, diventa essenza identitaria di ciò che siamo, trasformandosi in un viaggio interiore, diventando metafora della nostra vita, nella misura in cui impariamo a fare e dare spazio e tempo alla natura che ci circonda, con rispetto, devozione e senso di responsabilità per i suoi doni.