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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 06 OTTOBRE 2024

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Suicidi e galere. La “resa dello Stato” e del Guardasigilli Nordio. Continua la mattanza, si toglie la vita un poliziotto penitenziario di 36 anni di origine di Cittanova Domani 8 luglio a Palmi scatta la protesta della camera penale guidata dall'avv. Giuseppe Milicia, davanti il Tribunale dalle ore 9,30 in poi

Suicidi e galere. La “resa dello Stato” e del Guardasigilli Nordio. Continua la mattanza, si toglie la vita un poliziotto penitenziario di 36 anni di origine di Cittanova Domani 8 luglio a Palmi scatta la protesta della camera penale guidata dall'avv. Giuseppe Milicia, davanti il Tribunale dalle ore 9,30 in poi

| Il 07, Lug 2024

Il ministro della Giustizia definisce una capitolazione l’amnistia. Ma cosa sono 50 suicidi a oggi? Che s’intende per “resa dello Stato”? Una capitolazione? “Senza condizioni di sorta sottostando all’arbitrio del nemico”, come recita il dizionario Zingarelli? Un cedimento bello e buono che toglie l’onore a chi lo concede? Perché dobbiamo intenderci bene su cosa vuol dire quest’espressione quando a utilizzarla, in un’intervista su Sky, è il Guardasigilli Carlo Nordio a proposito dell’amnistia. Che lui liquida proprio così, come “una resa dello Stato”. E occorre domandarsi, al contempo, se la Costituzione italiana, che parla di amnistia e di indulto all’articolo 79, possa davvero introdurre una condizione così obbrobriosa tra quelle che il Parlamento può decidere di deliberare, a patto di raggiungere i due terzi.
Ma se l’amnistia e l’indulto sono davvero “una resa dello Stato”, come si possono definire allora i 50 suicidi nelle carceri, inevitabilmente destinati a crescere in modo impressionante? L’anno scorso erano stati 70. E Nordio era già il titolare di via Arenula. Ma erano stati 85 l’anno precedente. Quindi non possiamo addossargli tutta la responsabilità. Almeno fino a quel momento. Ma è ministro della Giustizia dal 22 ottobre del 2022. Quindi, da quel giorno in avanti, lui porta addosso l’onere di tutto quello che accade, di quello che ha fatto, e di quello che non ha fatto. È dunque lecito domandargli se i 120 suicidi avvenuti tra l’anno scorso e quest’anno rappresentano oppure no una “resa dello Stato”.
Perché c’è modo e modo di arrendersi e di accettare come un male scontato e irrilevante queste morti. Visto che a uccidersi sono soltanto dei poveracci, molti dei quali stranieri, di cui, diciamoci la verità, non importa un accidente a nessuno dei ministri meloniani impegnati solo ad attenuare le pene dei pubblici amministratori. E lo stiamo vedendo giusto adesso con l’abuso d’ufficio. Mentre moltiplicano i reati contro i poveracci.
Inutile qui fare ancora una volta l’elenco delle leggi varate da questo governo che vanno proprio in questa direzione con l’unico effetto di accrescere pure il numero dei detenuti. Un fatto però è certo. Per evitare la vera “resa dello Stato”, le morti di Stato, Nordio ha prodotto un risibile decreto legge, in piena estate, che non eviterà un solo suicidio nei prossimi mesi. E quando man mano le morti si succederanno una dopo l’altra in un macabro elenco noi potremmo dire che è stata colpa sua. Questo sarà per tabulas. E la chiameremo una “resa dello Stato”.
Nordio aveva una chance. E con lui l’aveva tutta la maggioranza di governo. Procedere con la “liberazione anticipata speciale” di Roberto Giachetti e Rita Bernardini. Avrebbe avuto il valore di “un segnale”, come ha detto a Repubblica l’ex Garante dei detenuti Mauro Palma. Nordio invece non lo ha fatto. E ovviamente se ne dovrà assumere fino in fondo la drammatica responsabilità. Perché diventare ministro e giurare sulla Costituzione vuol dire anche questo. Poteva fare qualcosa, e non l’ha fatta. E con lui i suoi sottosegretari.
Non può che colpire e ferire profondamente la singolare coincidenza di questi giorni. La principale preoccupazione e il principale vanto del Guardasigilli Nordio è varare la sua – peraltro unica – legge che cancella l’abuso d’ufficio, anche se, checché lui ne dica, è stato di fatto costretto a reintrodurlo, perché ha dovuto fare i conti con le segnalazioni del Quirinale.
E dunque sì, Nordio si è arreso. Mentre giorno dopo giorno si muore in galera, nelle celle ci sono le cimici, non c’è acqua corrente, si sta chiusi dentro in condizioni disumane e con un caldo soffocante. Tutto questo non è forse tortura? Non è una gravissima “resa” di uno Stato incapace di garantire una detenzione giusta in condizioni civili e umane? È come possiamo definire l’incredibile silenzio del capo delle carceri, l’ex pubblico ministero di Napoli Giovanni Russo? Lui non concede interviste. Ma rispondere alle domande significa assumersi le necessarie responsabilità di fronte al Paese. E spiegare perché di fronte a 50 persone che rinunciano alla vita lo Stato non fa nulla. Questa sì è la “resa dello Stato”.
Ancora una tragedia nella Polizia Penitenziaria: ad appena una settimana di distanza dal precedente dramma, un altro agente di soli 36 anni si toglie la vita a Roma
“E’ una notizia che sconvolge tutti noi. L’uomo, un agente del Corpo di polizia penitenziaria che lavorava presso la Centrale Nazionale Operativa di Roma, è stato trovato senza vita stamattina.

Il ragazzo era di origini calabresi e avrebbe dovuto prendere servizio stamane, se non si fosse tolto la vita nella notte.
Impossibile al momento risalire alle motivazioni del gesto estremo al momento”, dichiara, scosso e amareggiato, Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che ricorda come quello dei poliziotti penitenziari suicidi è un dramma che va avanti da troppo tempo senza segnali concreti di attenzione da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
“L’uomo prestava servizio da poco presso la Centrale Operativa Nazionale della Polizia Penitenziaria e la sua giovane età rende il gesto ancora più drammatico”
Il collega di Roma è il sesto poliziotto penitenziario che si toglie la vita quest’anno.
Il ventesimo appartenente alle forze dell’ordine.
Non deve essere assolutamente sottovalutato il dato statistico sul tasso di suicidi che se nella popolazione italiana si attesta intorno allo 0.60 per mille, tra gli agenti di polizia sale all’1 per mille, per raggiungere l’1.30 per mille tra i poliziotti penitenziari.
Bisogna puntare ad aumentare il supporto psicologico disponibile per i poliziotti e promuovere una cultura che, non solo riconosca il valore dei compiti svolti, ma che tuteli la salute mentale degli operatori della sicurezza con lo stesso impegno con cui essi proteggono la nostra società.
Non possiamo permettere che il mal di vivere continui a mietere vittime nell’ombra e nel silenzio.
È un dovere della società tendere una mano verso coloro che, dopo aver dedicato la loro vita a garantire la sicurezza pubblica, potrebbero essere caduti in preda alla depressione.
Non è possibile lasciarli, in solitudine, a combattere contro un male oscuro troppo più grande e troppo più forte di loro.
Nessuno, mai, si deve sentire SOLO …