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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 05 NOVEMBRE 2024

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l Consigliere metropolitano delegato Michele Conia: “Anche io sono Belmaan Oussama” Il giovane algerino di 19 anni morto a Potenza nel Cpr di Palazzo San Gervasio

l Consigliere metropolitano delegato Michele Conia: “Anche io sono Belmaan Oussama” Il giovane algerino di 19 anni morto a Potenza nel Cpr di Palazzo San Gervasio

| Il 07, Ago 2024

La presa di posizione del Consigliere metropolitano delegato alle Politiche delle Migrazioni e sindaco di Cinquefrondi
“La chiusura dei CPR è l’unica soluzione possibile” è netta la presa di posizione di Michele Conia avvocato, sindaco di Cinquefrondi (RC) e consigliere metropolitano della città metropolitana di Reggio Calabria, delegato ai Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace.
“Riponendo piena fiducia nella magistratura e nelle indagini in corso coordinate dal Procuratore della Repubblica di Potenza, dott. Francesco Curcio, sulla morte del giovane ristretto nel Cpr di Palazzo san Gervasio (provincia di Potenza), esprimo profondo cordoglio e sgomento per l’ennesima tragedia che è la dimostrazione del fallimento di un sistema che causa sofferenze, è inefficiente e costoso. Il nostro pensiero commosso e preoccupato – continua Conia – va anche a tutte le persone rinchiuse negli altri CPR diffusi nella nostra penisola. Dalla conferenza stampa della Procura si apprende che sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso del 19enne. Il ragazzo nei giorni scorsi avrebbe tentato il suicidio ingerendo alcuni pezzi di vetro e per questo motivo era stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Potenza da dove, dopo le cure del caso, aveva fatto rientro nella struttura di Palazzo San Gervasio. Il decesso di Belmaan Oussama ha avuto come conseguenza una rivolta di circa 100 immigrati, sedata dopo circa tre ore”.
“Carceri, lager, luoghi disumani, inferno: questi gli aggettivi che sento ogni qualvolta ci si riferisce ai Cpr – prosegue Conia – è qui che vengono confinate alcune persone immigrate trattenute prive dei documenti in regola. Insopportabili fino a soffrirne le tragiche notizie che pervengono dai vari CPR in Italia sulle ingiuste condizioni di detenzione. Nel corso degli anni, infatti, le denunce e le indagini hanno scritto sul libro nero dei CPR episodi di autolesionismo, oggetti ingoiati, tagli, labbra cucite, ustioni, scioperi della fame e tentativi di impiccagione”.
“I CPR – aggiunge il Consigliere delegato – sono strutture di detenzione amministrativa dove vengono reclusi i cittadini non comunitari sprovvisti di un regolare documento di soggiorno oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione. La creazione dei Cpr risale al 1998, quando il Testo unico sull’immigrazione ,voluto da Livia Turco e Giorgio Napolitano, ha introdotto il trattenimento delle persone in attesa di espulsione con il nome di C.P.T. (Centri di Permanenza Temporanea). Il tempo massimo di permanenza era fissato a 30 giorni, periodo poi raddoppiato con la Bossi-Fini. Il primo decreto sicurezza a firma di Matteo Salvini ha alzato il limite a sei mesi, ridotti poi a 90 giorni dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese”.
“Nati come Centri di permanenza temporanea e assistenza dalla Legge Bossi-Fini del 2002 , i Cpr hanno assunto il nome attuale con la legge Minniti-Orlando del 2017 che prevedeva di ampliarne l’utilizzo e aprirne uno in ogni regione. I Centri di permanenza per il rimpatrio si andavano così a configurare come l’ultimo anello di una politica migratoria che punta a una esternalizzazione dei confini attraverso accordi con i Paesi d’origine e transito dei migranti, negando di fatto il diritto alla mobilità. L’attuale governo prevede di aprire nuove strutture in Albania. L’ultimo elenco disponibile sul sito del Ministero dell’Interno ne conta dieci, collocati in altrettante città: Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Caltanissetta, Milano, Torino, Roma, Palazzo San Gervasio (Potenza), Bari, Brindisi, Trapani e Macomer (Nuoro)”.
“A fronte di queste gravissime violazioni – prosegue Conia – esprimo gratitudine a tutte le persone che in questi anni hanno dedicato tempo, energie e passione per far luce su questo buco nero e chiedo con forza che si arrivi alla chiusura definitiva di tutte le strutture dedicate alla detenzione amministrativa, che siano rispettati il diritto di comunicazione anche telefonica con i familiari, che particolare attenzione venga posta alla salute dei trattenuti, il diritto di chiedere di essere informato sullo stato del procedimento, la possibilità di avvalersi dell’assistenza linguistica. Le istituzioni ascoltino le innumerevoli denunce da parte della società civile e, a tal proposito, voglio ricordare che a supporto delle iniziative popolari si sono schierate nel corso degli anni, tra gli altri, Antigone, Unione Camere Penali, ReCoSol – Rete Comuni Solidali, LasciateCIE Entrare, Mamme in piazza per la libertà di dissenso, Mediterranea Saving Humans Adif-Associazione Diritti e Frontiere, Giuristi democratici, Libera. Non dimentichiamo e non sottovalutiamo anche gli eventi traumatici e stressanti che devono affrontare, sempre in prima linea, gli uomini e le donne delle Forze dell’ordine e la loro tenuta emotiva e psicologica”.
“Con orgoglio – aggiunge Conia, che è anche sindaco di Cinquefrondi – rivendico che il mio comune è stato ribattezzato come “il Comune dei diritti” perché basato sull’integrazione e costruito sul rispetto della dignità umana e sulla giustizia sociale. Uno dei primi atti della Giunta, dopo l’elezione al primo mandato, è stato quello di inaugurare un fitto programma di integrazione e accoglienza con l’attivazione di percorsi di formazione e socio-lavorativa del sistema Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo), per sottrarre i richiedenti asilo al mercato nero del caporalato grazie alla cooperativa Sankara, prima, e ReCoSol, poi, la Rete dei comuni solidali. Ma non solo. Il nostro borgo è stato riconosciuto dalla stampa nazionale come “modello Cinquefrondi” per le politiche di inclusione e per aver fatto dell’accoglienza e della cultura dell’antimafia il nostro tratto distintivo e la nostra forma di resistenza. Da sempre, siamo una comunità solidale, impegnata sul tema della pace, della legalità, della non violenza, della tutela delle persone di qualunque colore o movimento religioso appartengano. Restiamo umani”.