Trenta cavalieri berberi
redazione | Il 01, Set 2010
A proposito della discussa visita in Italia di Gheddafi: Inizio di una simbolica colonizzazione culturale libica?
Di Bruno Morgante
Trenta cavalieri berberi
A proposito della discussa visita in Italia di Gheddafi: Inizio di una simbolica colonizzazione culturale libica?
Di Bruno Morgante
Trenta cavalieri berberi. Trenta figure avvolte di fascino e di mistero , che rimandano all’epopea delle guerre coloniali, della guerriglia anti itialiana: trenta resistenti o trenta patrioti, a seconda del punto di vista. Trenta seguaci di quel leggendario Homar El Muktar (Omar l’assassino) impiccato dagli italiani sul monte Gebel negli anni 30 e la cui foto – forse – è fra quelle miniaturizzate che il colonnello Gheddafi porta appuntate sul petto insieme a medaglie decorazioni e nastrini.
Quei trenta cavalieri, giunti a Roma , in aereo, al seguito del loro leader rappresentano – come molti hanno pensato e nessuno ha scritto – la simbolica raffigurazione dello spirito di rivalsa libico. Una sorta di araldo anticolonialista che ha voluto rappresentare il capovolgimento storico dei ruoli: i libici , sudditi delle colonie dapprima , italiani d’Africa, loro malgrado, dopo che giungono da colonizzatori, in Italia , nella capitale di quella nazione che li ebbe in sottomissione e affermano dal loro punto di vista la loro indipendenza culturale e la loro superiorità politica , pronti a simboleggiare non più lotte per la libertà consumate in una logorante guerriglia fra le dune del deserto della Cirenaica, ma la conferma di una ormai conclamata invasione che da anni ormai prosegue e che vede un esercito di nordafricani vivere e tentare di colonizzare l’Italia. In questo senso il messaggio di Muhammar el Gheddafi è stato molto chiaro nonostante la studiata dissimulazione della minaccia diluita e filtrata dalla presenza di ben 500 ragazze, assunte e reclutate con invito a convertirsi alla religione araba. Invito poi seguito dalla astronomica e del tutto ingiustificata richiesta di pagamento di una indennità annuale di 5.000.000.000,00 di euro all’anno per far cessare il flusso migratorio dei clandestini che dalla coste libiche giungono in Italia in barca.
Goffo tentativo di islamizzazione della società italiana e palese ricatto legato alle boat people. Sullo sfondo però evocate dall’aura di mistero dei trenta cavalieri berberi al seguito del colonnello , le avvisaglie di una armata, al momento pacifica e dedita al lavoro, ma che ad un solo cenno del colonnello Gheddafi , non vi è dubbio, non esiterebbe un solo attimo a riscoprire l’antica anima guerriera berbera e tuareg. Ma di questo corpo d’invasione giunto alla spicciolata in Italia nessuno sembra interessarsi. Molto più allettanti gli affari che all’ombra della grande tenda beduina nel giardino dell’ambasciata di Tripoli, una ristretta cerchia di imprenditori italiani conclude. E poco importa se l’Italia artefice della costruzione di scuole e ospedali, promotrice di crescita e di miglioramento delle condizioni dei popoli colonialmente ad essa sottomessi abbia risarcito e continui a risarcire i libici per i presunti danni di guerra: danni, a ben vedere, che non furono causati dagli italiani, ma dagli inglesi. Nazione alla quale il Colonnello nulla chiede. Forse perché con la strage di Lockerbie – trenta anni fa o giù di lì – ne ha pareggiato il conto .