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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

| Il 05, Feb 2011

Continua il viaggio del nostro Diogene tra i meandri più reconditi e tortuosi dell’attualità del nostro Paese

LA LANTERNA DI DIOGENE – PRIMA PARTE

La lanterna di Diogene

Continua il viaggio del nostro Diogene tra i meandri più reconditi e tortuosi dell’attualità del nostro Paese

 

La prima cosa che mi viene in mente nello scrivere questo pezzo è il federalismo secondo un grande meridionalista quale è stato Gaetano Salvemini facente parte dei “non indifferenti” del partito socialista italiano, ed unendo il tutto ad una sua frase molto attuale di questi tempi ma detta agli inizi degli anni cinquanta a pochi anni dalla sua morte, ossia che, «Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere.». Partire con queste premesse è fondamentale per chi legge, prima di iniziare a discutere su un tema oggetto di ricatti al governo da parte della Lega celodurista di Bossi. Il federalismo, definito “Irricevibile” dal Capo dello Stato contro la bagarre ricattatoria ed al colpo di mano in barba a tutte i passaggi e le buone regole democratiche del Parlamento, quando il consiglio dei ministri con un Coupe de Theatre ha approvato un decreto nonostante il parere contrario di una commissione bicamerale e con la seguente approvazione riparatrice e palliativa di una commissione che non ha compito di controllo di un ramo del parlamento: mai nella storia di questo paese, nemmeno ai tempi del ventennio fascista. Totò diceva “il ricatto qualche volta serve”. Nel panorama del dibattito politico-istituzionale, parlare dei temi del federalismo, dell’autonomia e del regionalismo sembrano avere da tempo perduto una loro giusta e corretta posizione dal punto di vista del concetto stesso. Alcuni significati, possono essere ripresi solo ed esclusivamente attraverso alcune questioni di carattere puramente politico per mezzo di una disamina critica insieme alla riflessione degli stati di fatto attuali nel paese. Occorre innanzitutto evidenziare una concezione reale del Mezzogiorno ed essere consapevoli del fatto della loro povertà come piaga delle popolazioni meridionali. Vittime negli anni di una politica assistenzialistica che ha saputo fare solo danni cui oggi vengono pagati a caro prezzo. Innanzitutto occorre contestualizzare ed affrontare un’impostazione idealistica e moralistica verso una maggiore attenzione al contesto sociale ed economico. Così facendo tale cambiamento verrà favorito attraverso studi antropologici e storici. Ed è proprio da questi concetti che partiva l’idea di Salvemini per un giusto ed equo federalismo di parità tra i vari modelli del paese localizzato nelle aree suddivise per ricchezza e/o povertà. E le cause di queste “arretratezze” sono storiche e politiche. Una volta (spero adesso non più) era proprio il parassitismo meridionale che comprometteva le grandi riforme nel paese, che veniva rafforzato dalla potenza industriale del Nord contro una sorta di “proletariato” rurale del meridione. Adesso queste condizioni non esistono e si possono trarre delle riforme molto incisive per lo sviluppo del paese se e solo se le risorse saranno distribuite equamente. Il federalismo, infatti, rappresenta sia uno strumento contro la corruzione politica e il mancato sviluppo del Mezzogiorno, sia, in un ambito più complessivo, un processo che porta all’educazione in senso critico e democratico degli individui e che promuove dunque una più compiuta emancipazione politica delle classi subalterne. E le sue competenze devono interessare direttamente i problemi del territorio e altresì la vita quotidiana, ed in tutto questo lo Stato centrale dovrebbe rappresentare l’unità nazionale nel contesto e rimarcarla significatamene (anche in ambito internazionale), e non a proprio uso e consumo di qualche esaltato nordista o chi per essi ne fa le veci in Parlamento. Quindi, un federalismo compiuto si farà solo con l’unità, che a prima vista sembrerebbe un ossimoro ma solo così possiamo rendere unite le aree del paese e non frantumando solo per mero clientelismo e opportunità politica. Quindi: meno male che Giorgio (Napolitano) c’è!

lalanternadidiogene@approdonews.it

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