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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 18 DICEMBRE 2024

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Operazione “Redux”: 35 arresti. De Corato vice sindaco di Milano il comune si costituirà parte civile

Operazione “Redux”: 35 arresti. De Corato vice sindaco di Milano il comune si costituirà parte civile
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Intercettato Lele Mora con il boss Paolo Martino. Tra le persone arrestate anche una suora dell’ordine Paolino. All’interno della news nuovi particolari sull’operazione della Dda di Milano.La Maiolo smentisce.Camusso difficile che non si sapesse.La Boccassini contatti con il mondo politico. La storia di Pepe’ Flachi boss calabrese trapiantato  in Lombardia. All’interno nuovi particolari dell’inchiesta

“Redux” IL VICE SINDACO DI MILANO DE CORATO IL COMUNE SI COSTUIRA’ PARTE CIVILE AL PROCESSO 

Operazione “Redux”: 35 arresti. De Corato vice sindaco di Milano il comune si costituirà parte civile

Intercettato Lele Mora con il boss Paolo Martino.Tra le persone arrestate anche una suora dell’ordine Paolino. All’interno della news nuovi particolari sull’operazione della Dda di Milano. La Maiolo smentisce.Camusso difficile che non si sapesse.La Boccassini contatti con il mondo politico.La storia di Pepe’ Flachi boss calabrese trapiantato  in Lombardia.All’interno nuovi particolari dell’inchiesta “Redux”

 

MILANO – Sono 35 gli arresti di presunti affiliati alla ‘ndrangheta effettuati lunedì mattina in Lombardia da parte del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, dei Carabinieri del Ros, in collaborazione con la Polizia locale. Sequestrati beni per 2 milioni di euro. Gli arrestati sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, minacce, smaltimento illecito di rifiuti e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione è coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, insieme ai pm Alessandra Dolci, Paolo Storari e Galileo Proietto.

 

ALLARME – L’operazione giunge a quattro giorni di distanza dall’allarme lanciato nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia per la «penetrazione con il modello della colonizzazione» delle cosche calabresi di ‘ndrangheta in Lombardia.

 

LE ATTIVITÀ – Non c’è solo la «classica» e diffusissima infiltrazione nel settore del movimento terra nei cantieri edili di Milano, ma anche la gestione della «security» in molti, notissimi, locali notturni, l’estorsione agli esercizi pubblici che sorgono nelle stazioni della metropolitana, l’attività di «pizzo» ai chioschi dei «porchettari», il controllo dei posteggi fuori dalle discoteche più celebri, gestione di cooperative appaltatrici dei servizi di trasporto in Tnt e persino una «tassa» imposta a chi intendeva spacciare in alcune piazze della città. È l’inquietante quadro, l’ennesimo, che emerge dall’operazione, denominata «Redux – Caposaldo». Delle 35 ordinanze di custodia in carcere richieste dalla Dda di Milano e disposte dal gip Giuseppe Gennari, ben 14 contestano l’associazione per delinquere di stampo mafioso e sono indirizzate a personaggi di primo piano della ‘ndrangheta «milanese». Oltre al boss Giuseppe «Pepé» Flachi, suo figlio Davide ed Emanuele Flachi (ritenuti legati ai Pesce di Reggio Calabria, e da decenni imperanti dalla Comasina a Quarto Oggiaro, dalla Bovisa ad Affori fino a Bruzzano), per il 416 bis sono scattate le manette anche ai polsi di Paolo Martino, considerato «diretta espressione» della famiglia reggina dei De Stefano, e di Giuseppe Romeo e Francesco Gligora considerati punti di riferimento delle cosche di Africo in Lombardia.

 

LEGAMI CON LELE MORA – Dall’ordinanza del gip emerge che Martino avrebbe avuto contatti con l’imprenditore dei vip Lele Mora: nel provvedimento ci sono anche alcune telefonate tra l’avvocato Luca Giuliante, legale di Mora, in relazione ad un gara d’appalto nel settore edilizio in cui è coinvolta la famiglia Mucciola. I contatti tra Paolo Martino e Lele Mora emergono nell’ordinanza del Gip dove viene riportata un’annotazione dei carabinieri del Ros nella quale vengono messi in luce i rapporti tra il boss e una serie di personaggi del settore dello spettacolo dei locali notturni, tra cui il tronista Costantino Vitaliano e il padrone dell’Hollywood. Riguardo all’avvocato Giuliante le telefonate invece sono riportate nell’ordinanza. I due, Mora e Giuliante, a quanto risulta non sono indagati.

 

IL PIZZO AI «PANINARI» – «Il lungo elenco di estorsioni relative ai ‘paninarì e soprattutto il contesto in cui esse si inseriscono documentano un totale dominio del territorio da parte del gruppo mafioso». È uno dei passaggi dell’ordinanza del Gip Giuseppe Gennari relativa alle 35 ordinanze di custodia cautelare eseguite questa mattina a Milano nei confronti di presunti ‘ndranghetisti. Nella parte dedicata al «pizzo» imposto agli ambulanti che vendono panini a bordo dei furgoni che stazionano nei luoghi più frequentati della città , «un settore tipico di intervento dell’ndrangheta» (tra l’altro già portato alla luce l’anno scorso dai magistrati reggini nei confronti del clan Pesce), il Gip sottolinea che «giammai il dominio dei clan è posto in discussione da chi subisce le regole» e che «le regole le scrivono i calabresi e non si discutono». Da quanto emerge dalle indagini, le estorsioni che riguardano anche la scelta del luogo di parcheggio e il modo stesso di esercitare l’attività commerciale, viene contestata principalmente ai Flachi. «Il capillare controllo del territorio operato dal gruppo Flachi in modo durevole nel tempo, presuppone una organizzazione di mezzi e persone assolutamente rilevante e ‘intrinsecamentè convincente che solo una presenza criminale consolidata può assicurare». L’ambulante che non paga quanto «dovuto per la protezione» si ritrova con il mezzo bruciato e nel 2010 tra Milano e provincia sono stati diversi i furgoni distrutti dal fuoco e «come sempre tutto accade nel più assoluto silenzio, nessuno denuncia nulla, nessuno sospetta nulla».

 

BOSS GESTIVANO TNT

 

La ‘Ndrangheta gestiva anche i servizi di distribuzione per la Lombardia della Tnt (ex Traco), società che si occupa anche della consegna di pacchi e posta. È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Giuseppe Gennari ed eseguita oggi nei confronti di 35 persone che avevano come punti di riferimento i tre boss Pepe Flachi, Paolo Martino e Giuseppe Romeo. Secondo il provvedimento del giudice, la Tnt aveva dato in subappalto a consorzi e cooperative di trasporto (con proprietà dei camion) i servizi di recapito di plichi. Ed è proprio di questi servizi che la ‘Ndrangheta avrebbe assunto il controllo, secondo l’inchiesta della Dda, da almeno due anni; anche se da alcune intercettazioni tra Pepe Flachi con il figlio emerge che la criminalità organizzata ha infiltrazioni da almeno un ventennio nella società di spedizione e consegne pacchi in Lombardia.

 

CLAN COMPRARONO DISCOTECA ‘DE SADE’

 

Il clan ‘ndranghestista dei Flachi, smantellato in seguito ad un’operazione condotta dalla Dda di Milano che ha portato a 35 arresti, ha acquistato grazie ad alcuni intermediari anche una nota discoteca milanese, il ‘De Sade’, uno dei luoghi molto frequentati della movida nel capoluogo lombardo. Come è stato spiegato, infatti, nella conferenza stampa in Procura a Milano, la cosca della ‘Ndrangheta che aveva una grande «capacità di penetrazione economica» nel tessuto lombardo è riuscita anche ad acquisire «attraverso intermediari fittizi» la discoteca ‘De Sade’ di via Valtellina. Inoltre, la presenza del clan si manifestava anche con il controllo della ‘security’ di alcuni locali milanesi, a volte gestiti direttamente o di proprietà agli stessi appartenenti al clan. Il controllo della security dei locali garantiva alla ‘Ndrangheta di gestire anche lo spaccio di droga dentro e fuori i locali.

 

GIP: INTERESSI ECONOMICI CON GIULIANTE

 

I rapporti tra l’avvocato Luca Giuliante, difensore e amico dell’impresario dei Vip Lele Mora e ex legale di Ruby con il boss Paolo Martino «non sembrano essere occasionali e passano per interessi economici e imprenditoriali comuni». È quanto ha scritto il Gip Giuseppe Gennari nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi in Lombardia nei confronti di 35 persone affiliate alla ‘Ndrangheta. Il giudice riporta una telefonata del 10 marzo dello scorso anno tra Giuliante (che non è indagato) e Martino, in cui quest’ultimo si presenta come «l’amico di Lele», (Mora, ndr) e chiede di poterlo incontrare. Il legale, secondo la ricostruzione del giudice si rende disponibile e dall’ascolto delle conversazioni viene a galla che Giuliante riferisce a Martino una serie di notizie «in merito a una gara d’appalto, non meglio specificata, in cui risultano interessati i fratelli Mucciola». «Il 24 aprile seguente, in un’altra conversazione intercettata, Giuliante dice a Martino: »invece ascolta Paolo, io ho notizie perchè dunque… l’apertura delle offerte economiche si fanno lunedì mattina… Mucciola è la quarta con l’offerta tecnica… (…) non c’è molta distanza eh… tra le offerte. Io le ho qua le offerte…«. E ancora il legale »ti dico… aspetta un secondo, solo perchè me le sono fatte mandare… ho visto la tua telefonata…«. Il legale prosegue spiegando a Martino: »ascolta, loro sono a 44,35… mentre la più alta, che è il Consorzio tra Cooperative di Produzione Lavoro – Cooperative Conscoop, cioè Ravenna per intenderci… ‘i compagnì sono a 49,166 (…) contro i nostri – prosegue l’avvocato – quelli di Mucciola, 44,350… in mezzo ci sono allora, dunque … c’è Arcas spa che è a 46,4, poi (…) e poi c’è Pessina Costruzioni, che è a 46,9… (…) e poi ci siamo noi…«. In un’altra chiamata del 28 aprile, Giuliante spiega a Martino che la gara è stata chiusa e alla domanda »se per loro ci fosse stata speranza l’avvocato risponde negativamente- si legge nel provvedimento del gip -, in quanto l’azienda è arrivata quarta«. Il 17 maggio sempre di due anni fa, Giuliante riferisce ancora che l’appalto verrà dato alla cooperativa Ravennate in quanto ha fatto »offerta anomala«.

 

GIULIANTE: RICEVETTI IL BOSS

 

«Ricevetti Marino nel mio ufficio, fu molto gentile e mi chiese solo cose legittime». Lo afferma l’avvocato Luca Giuliante, il cui nome compare nell’inchiesta che ha portato a 35 arresti, per una conversazione con Paolo Martino, una delle persone finite in manette. «Martino mi telefonò dicendo di aver avuto il mio nome da Lele Mora – ha raccontato il legale – Non avevo alcun motivo di sospettare di lui e lo ricevetti con molta gentilezza». Martino, ha spiegato Giuliante, voleva delle informazioni su una una gara d’appalto a cui avrebbe partecipato un imprenditore suo amico. Si trattava di una gara per nuovi padiglioni del Pio Albergo Trivulzio e Giuliante era nella commissione aggiudicatrice che doveva valutare i titoli delle aziende in gara. «Gli fornii informazioni che erano estrapolabili dal sito internet e accessibili a tutti, soprattutto spiegandogli dati tecnici difficilmente comprensibili – ha aggiunto Giuliante – Non mi chiese altro e io del resto non potevo fare altro». «Tutti i componenti di quella commissione si comportarono con la massima trasparenza e correttezza – ha detto il legale – La gara venne vinta da una cooperativa rossa».

 

ANCHE UNA SUORA

 

C’è anche una suora dell’Ordine Paolino e vicedirettrice sanitaria di un ospedale romano nelle carte dell’inchiesta che oggi ha portato a 35 arresti tra gli appartenenti del clan della ‘Ndrangheta dei Flachi, che si era insediato a Milano. La religiosa, infatti, come emerge da un’intercettazione riportata nell’ordinanza del Gip di Milano Giuseppe Gennari, avrebbe avvertito il fratello, Paolo Martino presunto boss finito oggi in carcere, che qualcuno stava parlando di lui e che dunque poteva essere controllato dagli investigatori. In una telefonata del 19 marzo 2009, il presunto boss Martino chiede alla sorella, la suora Rosa Alba Maria Martino, se può mettersi in contatto con una «tua consorella». Il boss infatti è preoccupato perchè «mi hanno aperto la macchina» e teme quindi che qualcuno abbia piazzato delle microspie. In una telefonata del 1 aprile 2009 la suora, che come riporta il Gip è anche «vicedirettore sanitario dell’ospedale ‘Regina Apostolorum’ di Albano Laziale (Roma)», spiega al fratello: «Ho sentito quella persona lì (…) mi ha detto di stare attenta». Infatti, secondo la religiosa, cè «quel personaggio… che sta a cantà, sta a cantà». Come spiega il Gip, il colloquio tra Martino e sua sorella verte su Alberto Sarra «politico di spicco dell’area reggina», che attualmente «riveste la carica di capogruppo consiliare regionale del Pdl, nonchè vice coordinatore provinciale» del partito a Reggio Calabria. Per il Gip «è evidente come la condotta di suor Rosa sia pericolosamente vicino al favoreggiamento personale», perchè la suora «si rivolge al fratello con un linguaggio e una consapevolezza della situazione che francamente colpisce in una persona che ha votato la propria vita alla Fede». Il Gip spiega inoltre che al momento non è stato «possibile identificare chi sia stata la ‘personà contattata da suor Rosa». Nel suo caso però, scrive ancora il giudice, si può vedere come la «appartenenza ad un medesimo mondo, fatto di valori e regole profondamente radicate», come quello della ‘Ndrangheta, «sembra tagliare trasversalmente le vite, superando il ruolo sociale». Insomma, conclude il Gip, «suor Rosa è una suora ma non cessa di essere la sorella del boss Paolo Martino»

 

BOCCASSINI: CONTATTI COL MONDO POLITICO

 

L’inchiesta della Dda di Milano che oggi ha portato a 35 arresti ha messo ancora una volta in luce anche i contatti con la ‘ndrangheta presente in Lombardia «con il mondo politico» locale. Lo ha spiegato in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, in relazione alle ultime elezioni amministrative. Secondo quanto emerge dall’ordinanza del Gip Gennari durante le ultime elezioni regionali i Flachi avevano deciso di sostenere Antonella Maiolo (Pdl), che non è indagata. Agli atti dell’inchiesta ci sono due incontri riservati della candidata con Francesco Piccolo e Davide Flachi.

 

BOCCASSINI: RIUNIONI IN UFFICI OSPEDALI

 

Gli affiliati alla ‘ndrangheta , arrestati stamattina, avrebbero organizzato anche riunioni in uffici messi a disposizione da alti funzionari amministrativi (che non risultano indagati) degli ospedali Niguarda e Galeazzi di Milano. Lo ha spiegato in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Milano e capo della Dda Ilda Boccassini. Il particolare delle riunioni nelle sale ospedaliere milanesi organizzate per Paolo Martino e Giuseppe Romeo è emerso dall’inchiesta che oggi ha portato agli arresti di 35 persone. «Si incontravano non per strada – ha sottolineato Boccassini – ma in un ambiente neutro con la scusa ufficiale che dovevano andare in ospedale a trovare Giuseppe Flachi in cura al Galeazzi».

 

CAMUSSO: DIFFICILE CHE NON SI SAPESSE

 

Era difficile non sapere che ci fossero infiltrazioni mafiose nel settore dell’edilizia. Lo sostiene il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che a margine dell’Attivo nazionale dei delegati del Commercio ha commentato l’arresto di 35 persone legate alla ‘ndrangheta in Lombardia. «Dall’inizio di questa crisi – ha affermato – uno dei problemi della restrizione del credito era esattamente quello che avrebbe favorito l’ingresso nel sistema produttivo e imprenditoriale di chi invece aveva il denaro da mettere sul terreno». Secondo Camusso «viste le caratteristiche e le indagini relative all’infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti a partire dal ciclo del cemento, per arrivare a quelli della Pubblica amministrazione e alle esternalizzazioni, è difficile che ci sia chi non sapesse e che non ha costruito delle aste che non permettessero l’infiltrazione della criminalità».

 

BOSS PUNTAVA A NEGOZI METRO

 

La cosca della ‘ndrangheta dei Flachi, smantellata stamani con un’operazione coordinata dalla Dda di Milano, ‘puntavà anche a controllare e gestire i negozi sotto le stazioni della metropolitana milanese. Lo si evince dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari. Un altro settore di interesse per la cosca, infatti, scrive il gip, «è quello dei locali da adibire a esercizi pubblici posti all’interno delle stazioni della metropolitana». Una circostanza, prosegue il gip, «di estremo rilievo anche perchè nel territorio gestito dal gruppo (…) sono in corso lavori di prolungamento della linea M3 in direzione nord, dove sono in costruzione quattro nuove stazioni».

VOTI PER CONTROLLARE TERRITORIO

 

«Dalle conversazioni e dalle indagini (…) si comprende chiaramente come il gruppo Flachi eserciti il suo pieno controllo del territorio anche attraverso la canalizzazione (…) di preferenze elettorali» sul candidato «che si decide di sostenere». Lo ha scritto il Gip Giuseppe Gennari nell’ordinanza con cui ha disposto il carcere per 35 persone affiliate alla ‘Ndrangheta in Lombardia tra cui i boss Giuseppe Romeo, Giuseppe Flachi e Paolo Martino. Il giudice nel suo provvedimento ricorda che «nel giro delle regionali i Flachi decidono di sostenere la candidata Antonella Maiolo». Infatti agli atti dell’inchiesta c’è una intercettazione in cui Francesco Piccolo, uno degli arrestati, lo scorso 21 gennaio al telefono con Renato Coppola gli dice: «Lo sai che abbiamo fatto la prima riunione per le votazioni (…) portiamo Antonella Maiolo». Piccolo chiede al suo interlocutore: «Tu con chi ti sei impegnato Renà?» e l’altro: «Mah, per il momento stiamo vedendo, ancora niente…». Piccolo: «Ma perchè non vieni un pomeriggio di questi e andiamo a parlare con lui!» e più avanti Piccolo dice ancora «almeno c’è… c’è Baraldi, tutti li sto tirando dentro… poi qua nella nostra zona è facile che prendiamo tanti voti e tu… hai merito pure tu scusa… vediamo cosa si può fare…». Secondo il giudice Gennari alla decisione di sostenere Antonella Maiolo «non si arriva per caso ma attraverso una serie di incontri attentamente pianificati. Nel provvedimento si parla di almeno due incontri tra la Maiolo e Davide Flachi, uno dei figli del boss Pepè Flachi. Nell’ordinanza del giudice, sempre nel capitolo che riguarda le relazioni col mondo della politica, si parla di «un certo fermento da parte del gruppo Flachi» nell’aiutare il candidato che si intende sostenere e così il 30 settembre 2009 M. B. invia due sms a Piccolo invitandolo a partecipare a un aperitivo da lui offerto presso il centro sportivo Iseo, con Giovanni Terzi, l’allora assessore al commercio del comune di Milano (che non è indagato). Anche il 21 ottobre dell’anno scorso, M. B. invita nuovamente Piccolo ad un altro aperitivo, sempre con l’assessore Terzi, questa volta organizzato al bar ‘Magentà, uno degli storici locali milanesi. Sempre quel giorno in una telefonata Piccolo informa uno dei suoi interlocutori che si sta recando appunto al bar ‘Magentà precisando che il politico è stato invitato da Salvatore Marino (un altro degli arrestati oggi, N.d.R.) e gli spiega: «Deve parlare per le votazioni… sta aiutando a tutti… poi ti spiego… è utile anche per noi…».

 

COMUNE INCONSAPEVOLE

 

«Il comune di Milano, senza averne consapevolezza, finanzia il gruppo Flachi e ne sostiene le iniziative economiche». È quanto scrive il gip, Giuseppe Gennari, nell’ordinanza che oggi ha portato in carcere 35 persone affiliate alla ‘ndrangheta in Lombardia. Il giudice nel sostenere ciò si riferisce al centro sportivo Iseo di proprietà comunale e che risulta gestito dalla società ‘Milano sportiva A.s.d.’ e inserito nella zona controllata dal clan dei Flachi a poche centinaia di metri dall’ospedale ‘Galeazzì. La carica di presidente del centro è ricoperta da M. B., che secondo il giudice «ha assunto progressivamente sempre più importanza per il gruppo Flachi, anche in ragione del fatto che l’uomo è parso ben inserito nell’ambiente politico lombardo».

 

PENETRAZIONI IN SANITA’

 

«La cosa gravissima è che questa ormai conclamata penetrazione – a vari livelli – della sanità lombarda accade nella sostanziale indifferenza (si spera dettata anche da ignoranza) dei vertici amministrativi e politici, che anche dopo le recenti indagini non risulta abbiano assunto alcuna iniziativa». Lo scrive nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 35 persone appartenenti alla cosca dei Flachi insediata nel capoluogo lombardo, il gip di Milano Giuseppe Gennari. Dalle indagini è emerso infatti che Pepè Flachi, si è ritrovato con alcuni affiliati della sua cosca, per alcune riunioni all’interno dell’ospedale Galeazzi di Milano, grazie alla compiacenza di due funzionari. Il Gip, per testimoniare «la presenza di uomini di fiducia della mafia calabrese all’interno delle strutture sanitarie lombarde», ricorda l’indagine ‘Vallè della Dda di Milano in cui si parlava di un «ricovero fittizio di don Ciccio Valle». Inoltre, il gip richiama anche l’arresto di Carlo Chiriaco, avvenuto nel luglio scorso, nel corso del maxi blitz, quando era direttore sanitario della Asl di Pavia. Nell’ordinanza, in particolare, vengono annotati numerosi incontri tra Pepè Flachi, Paolo Martino e altri boss, avvenuti nell’ospedale Galeazzi, grazie alla compiacenza del «capo ufficio ricoveri» Pasquale Romeo e del «responsabile ufficio infermieri» Angelo Maiolo. Il Gip li descrive come due contatti del gruppo all’interno dell’ospedale e spiega che il boss ‘storicò della ‘Ndrangheta in Lombardia Pepè Flachi utilizza tutti i permessi premio per mantenere e intessere rapporti con la sua banda e in questo contesto l’ospedale Galeazzi viene «ridotto a luogo di incontro riservato al servizio della ‘Ndrangheta».

 

MAIOLO SMENTISCE

 

»Ho sempre avuto i miei voti, non credo di aver usufruito di questi servizi«: così l’ex consigliere lombardo del Pdl Antonella Maiolo ha commentato la notizia che alle scorse regionali i Flachi avevano deciso di sostenerla, come emerge da una inchiesta sulla ‘Ndrangheta in Lombardia che oggi ha portato a 35 arresti. Maiolo non è indagata e non è stata convocata in procura. »Ho sentito tutto dal tg – ha detto -, sono basita. In campagna elettorale si incontrano tante persone.. sono senza parole«. Antonella Maiolo alle scorse regionali ha ottenuto 5.714 preferenze ed è stata la seconda dei non eletti nella circoscrizione di Milano

 

PEPE FLACHI LA STORIA

 

Era agli arresti domiciliari per motivi di salute Pepè Flachi, ri-arrestato stamattina nell’operazione antimafia Redux-Caposaldo Giuseppe “Pepé” Flachi è un pezzo di storia della ‘ndrangheta lombarda.
Classe 1951, nato a Reggio Calabria, cresciuto in via della Senna nel quartiere di Bruzzano, impara il “mestiere” nella banda della Comasina capeggiata da Renato Vallanzasca.
Negli anni Ottanta diventa il boss incontrastato dello spaccio di eroina nel quartiere, tra arresti, omicidi, agguati. Sfugge ad almeno tre tentativi di farlo fuori, una volta riesce a investire uno dei killer con la sua Saab turbo color amaranto.
Latitante dorato a Cannes, i suoi uomini gli passano 50 milioni di lire al mese per togliersi tutti gli sfizi. Si sottopone a un paio di interventi di chirurgia plastica che però non gli evitano l’arresto, il 29 novembre 1991.
Alleato di ferro del clan lecchese di Franco Trovato, all’alba degli anni Novanta don Pepè partecipa a una delle più sanguinose faide della storia della mafia lombarda, quella che porta allo sterminio della famiglia Batti, camorristi trapiantati al Nord, un tempo alleati dei Flachi. Muoiono assassinate 14 persone. Il 15 novembre 1990, a Bresso, una raffica di colpi destinati a Flachi e a Tovato lascia sull’asfalto i corpi senza vita di due ignari passanti, Pietro Carpita e Luigi Recalcati.
Oggi il nome di Pepè Flachi torna alla ribalta. Insieme al figlio Davide, anche lui arrestato, nell’ennesima inchiesta della Dda di Milano che mischia traffico di droga e attività economiche lecite.

1. Chiriaco si incontrava con Paolo Martino. Lo dice a Rodolfo Morabito, costruttore edile del pavese. A pagina 1750 del documento della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Operazione Infinito, intercettazione del 28 dicembre 2008 è riportata questa conversazione (i riferimenti di Chiriaco sono a cosche storiche e potentissime del reggino, De Stefano-Condello-Imerti di Reggio, Piromalli-Molé di Gioia Tauro, Tegano-Libri di Reggio e della Jonica, Bellocco-Pesce di Rosarno, Nirta (La Maggiore)-Strangio di San Luca):

“CHIRIACO: CONDELLO, c’è Nino IMERTI, c’è TEGANO, c’è Peppe… (pausa)… quelli li hanno arrestati tutti, tutti
MORABITO: no, poi… (inc.)…
CHIRIACO: no… (inc.)… sono dentro… ma perchè dalla originaria famiglia DE STEFANO si sono spaccati, mentre i PIROMALLI sono rimasti abbastanza uniti, no… PIROMALLI, Peppe PIROMALLI…
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: eh, poi ci sono… (pausa)… i PESCE sono a Rosarno, i PESCE… (inc.)… i BELLOCCO… (pausa)… ecco, io la geografia di Reggio conosco bene… (pausa)… tutti i DE STEFANO, ai tempi, più che di… di… ai tempi di Paolo
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: comunque questi sai come operano? …uno pensa, pensa, pensa… questi operano con quattro, cinque… non pensare che sono… che ce ne sono tanti, no…
MORABITO: ormai comunque, ormai operano tutti quanti tra di loro
CHIRIACO: comunque questi sai come operano? …uno pensa, pensa, pensa… questi operano con quattro, cinque… non pensare che sono… che ce ne sono tanti, no…
MORABITO: ormai comunque, ormai operano tutti quanti tra di loro
CHIRIACO: quattro, cinque… (inc.)…
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: quattro, cinque cristiani, che ad un certo punto si prendono un pezzo… di… coso… di… comprano una fetta di… di mercato
MORABITO: di mercato…
CHIRIACO: di droga, oppure ognuno per i cazzi suoi tratta armi, cose…
MORABITO: prima c’era… (inc.)…
CHIRIACO: l’altro giorno ho incontrato a Paolo MARTINO, tu dici come campa Paolo, non lo so…
MORABITO: ma chi è questo?
CHIRIACO: MARTINO, minchia… è ai livelli di NIRTA eh… ora, è apparso adesso, dieci mesi… residuo pena… ora penso che non ne ha più… quando hanno ucciso a… (pausa)…no a Paolo, a coso… il maggiore, come si chiamava? Giorgio… quando hanno ammazzato Giorgio DE STEFANO, cioè quando… gli hanno sparato a Giorgio, no? …sono stati i TRIPODI, quelli là di… Sambatello no, TRIPODI… il primo a scendere… i cosi, è stato lui, quello che gli ha ammazzato il cognato poi a TRIPODI, lui era uno che… (inc.)… anni… (inc.)…Ancora
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: no, era anche… faceva parte di un gruppo ristretto… era il cugino di DE STEFANO, primo cugino… qua c’ho avuto la mamma e il padre, a Pavia, e il fratello, li ha mandati lui… “ora mi dimettono, no… ci vediamo” …e poi sparisce per mesi… io non lo cerco… allora, mi dice: “dobbiamo fare questo, questo, questo e questo”, “va bene Paolo, appena ci so… va bene”… ora, sparisci…(inc.)… e poi, tra sei mesi, vieni e dimmi le stesse cose…(inc.)… ha…
MORABITO: (inc.)… giustamente
CHIRIACO: ha ragione (bestemmia)… ha ragione…

MORABITO: (inc.)…
MORABITO: (inc.)… giustamente
CHIRIACO: ha ragione (bestemmia)… ha ragione…
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: io penso che le ha ammazzate una trentina di persone!
MORABITO: (inc.)…
CHIRIACO: no, ora ha… ha… ha tre gemelli, tre… tre ragazzi… a lui lo hanno fottuto… lui abita a Cannes, eh…(inc.)…industria, s’era fatto una cosa… aveva… e commerciava per i cazzi suoi da solo, sai sono di quelle persone che da soli…(inc.)…
MORABITO: lo conosce a Vito?
CHIRIACO: sì…
MORABITO: ah…
CHIRIACO: (ride) no, Vito conosce a lui, no lui conosce a Vito… lo conosce, gliel’ho presentato io perchè… per vedere quella storia là…

[…]”

Paolo Martino non è nessuno, e non solo nel business dei videogiochi. Chiriaco dice a Morabito che avrebbe avuto “qui” (a Pavia?) i congiunti di Paolo De Stefano, della cui cosca Martino è una figura importante. Il Fatto quotidiano del 1 luglio 2010 (prima della grande retata) in occasione del blitz contro la cosca Valle-Lampada che aveva base a Cisliano, scriveva di lui: “Il nuovo referente della ‘ndrangheta a Milano favorì la latitanza di Franco Freda. Si chiama Paolo Martino per diversi anni è stato latitante. Oggi gestisce gli affari delle cosche nel nord Italia. Un mandato ricevuto dai capi in Calabria. Tra gli ospiti della Masseria, il ristorante-covo della ‘ndrangheta milanese, c’è stato anche un signore che non è finito nell’inchiesta della Dda di Milano conclusa questa mattina con 15 arresti. Eppure il suo ruolo risulta decisivo. Nelle 400 pagine dell’ordinanza Paolo Martino, classe ’55 di Reggio Calabria, compare molte volte. A lui, uomo della massoneria e dell’estrema destra calabrese, i magistrati affidano il ruolo di coordinatore degli affari mafiosi nel nord Italia. Affari strettamente collegati a quelli della cosca Valle e della famiglia Lampada. In particolare Francesco Lampada, anche lui fermato questa mattina all’alba, fino al 2005 è stato socio con Martino nella società Lucky world. L’impresa che si occupa della compravendita di videopoker è poi passata nelle mani del messinese Antonino Currò, legato alle cooperative di pulizie delle figlie di Vittorio Mangano”. Quindi Martino era già in solidi rapporti con i Valle, vecchia conoscenza di Chiriaco (“preferisco avere dietro la magistratura che i Valle”, disse il “mitomane”). Continua Il Fatto: “Già latitante, Martino approda a Milano nel 1999. In questo momento sul suo taccuino sono già segnati i nomi di politici e imprenditori. Lui agisce su mandato dei clan che stanno in Calabria. L’obiettivo è razionalizzare al meglio tutti gli affari che a Milano possono ingrossare le casse della ‘ndrangheta. Martino risulta in società con un imprenditore calabrese, da tempo residente al nord, a sua volta legato alle famiglie di Reggio. In realtà la società conta poco, quello che conta sono “le amicizie” politiche che Martino può vantare. Amicizie che gli derivano anche dalla sua vicinanza alla massoneria deviata di Reggio Calabria e in particolare al defunto boss Paolino De Stefano.” Di Stefano è morto nel 1985 nel corso della faida temporanea con gli Imerti. Secondo Chiriaco il fratello di Paolo, Giorgio, sarebbe stato ucciso dai Tripodo/Tripodi, cosca con la quale erano alleati negli anni Settanta.

2. E risalta fuori la massoneria deviata, e il radicamento al nord di personaggi che tutto sono tranne che “rustici” aspromontani. Del boss Paolo De Stefano – per molti anni i De Stefano-Condello-Imerti sono stati la cosca dominante a Reggio e ritenuto contiguo alla massoneria deviata e alla destra golpista (vedi Golpe Borghese) – ne fa cenno anche Chiriaco nella stessa intercettazione. Ritornano, nel commento de Il Fatto, anche gli stretti rapporti documentati tra l’estrema destra eversiva, la massoneria deviata e la ‘ndrangheta. Forse pochi sanno che un pentito di ‘ndrangheta, Stefano Carmelo Serpa (originario di Archi, lo stesso quartiere di Reggio Calabria dove è cresciuta la cosca De Stefano), ha testimoniato recentemente al processo in corso a Brescia per la strage di Piazza della Loggia del 1974. Stefano Carmelo Serpa, pregiudicato calabrese di rango ed ora in regime di protezione, è stato sentito anche a Bologna nel febbraio 2010 dal presidente della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti Pecorella (qui). L’audizione fu immediatamente segretata per ciò che di sconvolgente stava raccontando Stefano Carmelo Serpa. Aveva testimoniato a Brescia il 19 gennaio 2010 (qui) sui rapporti tra ‘ndrangheta ed estrema destra negli anni Novanta. Forse l’estremismo di destra ed eversivo qualcosa ha contato nel mantenimento della Calabria come regione abbandonata nelle mani del crimine organizzato. Ben pochi media hanno riportato la notizia di quella testimonianza, eppure è di questi mesi ed è importante. Lo stesso pentito si vorrebbe affiancare, rivelando ciò che sa, a Francesco Fonti che, con esponenti della cosca Muto, avrebbe, autoaccusandosi, affondato alcune navi dei veleni e che qualche giretto tra il 1995-96 avrebbe fatto anche nella nostra provincia. E oltre a Fonti e Serpa ci sarebbe anche l’ex boss Emilio Di Giovine (della cosca Serraino-Di Giovine, arrestato e ora collaboratore di giustizia) che ha recentemente dichiarato di sapere molte cose sulle navi dei veleni essendo stato il fidanzato della figlia del finanziere belga Theo Cranendonk (basta dare un’occhiata a Internet per aver un’idea del personaggio). Di Giovine e Serpa sono stati investiti mentre attraversavano la strada nei giorni in cui si era saputo che volevano parlare (qui). I rapporti della triade massoneria deviata-‘ndrangheta-estrema destra eversiva sono usciti anche dalla recentissima inchiesta su Gennaro Moekbel, i legami con la cosca Arena e l’elezione dell’ex senatore Di Girolamo in Germania. Anche Paolo Bellini, autoaccusatosi della uccisione di Alceste Campanile a Reggio Emilia negli anni Settanta e finito nelle inchieste per le stragi del ’92-’93 ha avuto strette frequentazioni ‘ndranghetiste (Giovanni Vignali,La primula nera).

 

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