La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 07, Apr 2011
Il clima pre-elettorale si fa sempre più rovente e tra incertezze, alleanze, politici noti o meno noti, promesse e ambizioni, ecco che il nostro cinico filosofo riflette su ciò che è stato e che sarà
La lanterna di Diogene
Il clima pre-elettorale si fa sempre più rovente e tra incertezze, alleanze, politici noti o meno noti, promesse e ambizioni, ecco che il nostro cinico filosofo riflette su ciò che è stato e che sarà
Il clima è vetusto, l’aria pesante e le acrobazie di un ambiente, combaciano con l’essenza stessa della dissociazione delle idee e delle ideologie oramai in disuso totale. Somiglia il tutto ad un libro russo del diciassettesimo secolo, uno di quei romanzi immensi e grandi come un mattone. Ma sarò forse io l’antiquato ed il vecchio? Così che i miei pensieri solcano le ruvide rughe oramai vicine all’infinito.
Non mi sorprende più nulla, niente di ciò che la mente percepisce, e cito saltellando Dostoevskij penso che «Forse io mi credo un uomo intelligente proprio e solo per questa ragione, che in tutta la vita non m’è mai riuscito di portare a termine nulla».
Pochi giorni, qualche istante acrobatico dei soliti noti ed ecco che si avvicina l’ora saliente della presentazione delle liste per le prossime amministrative. Si vota il rinnovo sia del consiglio provinciale di Reggio Calabria che del comune di Reggio Calabria (e si vota anche a Taurianova).
Tutto regna nell’incertezza e gli aloni si confondono con le riserve ed i voltagabbana d’occasione, in cui basta un cenno per una promessa di assessore ed ecco che si abbandona la nave dove fino adesso si sono fatte le riunioni perenni, per approdare nella nuova scialuppa che non è di salvataggio ma di ancoraggio per un posto al sole.
Si vedono bandiere vetuste di fiamme e di forze nuove che poi tante nuove non sono, in quanto rappresentano il vecchio misto con l’anacronistico, ed oltre a queste sigle sparpagliate di rimasugli della vecchia “balena bianca” che di ciò che è stato mai sarà più.
Cosa un cittadino potrà o dovrà aspettarsi dalle leve (vecchie e nuove) di sciagurati politici che alla fine e con constatazione sul campo, non sanno nemmeno mettere due parole in italiano. Oppure come nel centro taurianovese che potrei definire come di solito fa un giornalista di Calabria Ora, un tal Imperitura, per enfatizzare la cosa e renderla più corposa al lettore (che poco gliene frega), “grosso centro alle falde dell’Aspromonte” e poi, “il paese che fu di Ciccio Mazzetta” per dire cosa? Che magari un’alleanza è saltata oppure che domani chiudono i supermercati: mestiere pratico per dire il nulla in quanto non c’è davvero nulla da dire.
Questa volta consentitemi di parlare tra me e me senza toccare o criticare nessuno ma solo per cercare di guardarmi attorno e capire cosa mi circonda. Dalla Provincia i segnali sono sempre gli stessi e le incertezze pure, si beccano tra forze dello stesso schieramento mentre impera il meccanismo del veto verso questo o quel candidato, a volte i veti sono anche messi da partiti che a mio avviso non hanno proprio ragione di esistere: vedi i reduci comunisti oppure altri con ancora l’ambizione del cosiddetto “ago della bilancia” di stretto copyright di Bettino Craxi, ma che adesso sembra essere sostituito dalla politica dei molteplici forni fornitaci da un partito come l’Udc. In questo partito tutti confluiscono, persino il sindaco di Gioia Tauro, l’uomo della scolta civica, l’uomo dalle battaglie sociali del tipo: il no al raddoppio dell’incerenitore oppure quello che ha battuto una vecchia volpe come Umberto Pirilli. Ed eccolo adesso dopo aver cambiato alcune casacche politiche, approdare all’Udc e mettersi all’interno della propria maggioranza alcuni dei suoi avversari politici. Ma questa è politica oppure stiamo giocando a poker a rilancio?
Caro Diogene, qui siamo in certi casi vicino all’epilogo di un giorno che sempre vecchio tarda a rinnovarsi tra le nuvole dell’orizzonte mentre il tempo solca le rughe e il sudore scorre lentamente.
Ps. Per correttezza ed onor di rispetto verso chi legge, ma soprattutto verso chi, leggendo, possa sentirsi offeso o semplicemente leso nell’onore, desidero “autodichiarare” che, i contenuti (passati, presenti e futuri) dei miei scritti, nonché le parole utilizzate insieme ai fatti riferenti a persone e/o cose, sono da attribuirsi alla responsabilità totale del sottoscritto, esimendo il direttore editoriale di questo giornale da qualsiasi responsabilità ed attribuendo tali, totalmente da addurre al sottoscritto, che cura la rubrica “La lanterna di Diogene”. Per onor di servizio, correttezza…e di coraggio delle proprie azioni (scritte)!
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