Tensioni tra Usa e Pakistan sull’utilizzo dei droni al confine con l’Afghanistan
redazione | Il 14, Apr 2011
Islamabad chiede a Washington la riduzione dei raid e la condivisione delle informazioni di intelligence
di DOMENICO GIOVINAZZO
Tensioni tra Usa e Pakistan sull’utilizzo dei droni al confine con l’Afghanistan
Islamabad chiede a Washington la riduzione dei raid e la condivisione delle informazioni di intelligence
Da quando il Pakistan ha assunto il ruolo di alleato strategico degli Stati Uniti per la soluzione del conflitto afgano, i livelli di attrito tra Islamabad e Washington non sono mai stati alti come in questi giorni. E’ di ieri la notizia di un nuovo attacco aereo statunitense, che ha ucciso 7 presunti miliziani talebani nelle aree tribali del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Il raid è stato condotto per mezzo di due droni (aerei comandati a distanza), una tecnologia molto utilizzata dagli Usa per colpire i gruppi talebani e i loro traffici in quell’area. Una modalità di azione che però, viste le frequenti vittime civili che semina, indigna la popolazione e di conseguenza infastidisce le alte sfere a Islamabad.
Il Pakistan ha condannato «fermamente l’attacco dei droni». Lo ha fatto con una nota del ministero degli Esteri, nella quale si annunciava «una dura protesta» presso l’ambasciatore statunitense Cameron P. Munter. «Abbiamo ribadito più volte che tali attacchi sono controproducenti e servono solo a rafforzare i terroristi», è il commento di Islamabad, dal quale traspare un notevole imbarazzo. Il raid è infatti avvenuto appena un paio di giorni dopo l’ultima significativa protesta pakistana contro l’utilizzo dei droni. Lunedì scorso, a Langley in Virginia, il capo dell’Isi (intelligence pakistana) Ahmed Shuja Pasha aveva incontrato il direttore della Cia Leon Panetta. In quella occasione Pasha aveva richiesto una riduzione dell’impiego di droni e una maggior condivisione delle informazioni.
E’ da tempo che i rapporti tra i servizi di sicurezza dei due paesi sono tesi. A gennaio un contractor in servizio per la Cia, Raymond Davis, fu arrestato nel paese asiatico per aver ucciso due cittadini pakistani che, stando alla sua ricostruzione, stavano cercando di derubarlo. L’Isi lamenta poi l’assenza di controllo con cui può agire la Cia in Pakistan. I pakistani vorrebbero essere informati preventivamente sulle attività, in modo da poter evitare “incidenti” come quello del mese scorso, quando un raid di droni si abbatté su quella che per le autorità locali era una riunione di capi tribù, mentre per la Cia un raduno di talebani.
Ma Washington è diffidente nei confronti dell’intelligence di Islamad. Spesso si adombrano sospetti che alcuni gruppi talebani trovino facilmente sponda all’interno dei servizi pakistani. Inoltre, la diffidenza è ulteriormente alimentata dalle recenti dichiarazioni di David Headley, un cittadino pakistano-americano, che martedì scorso, davanti a un tribunale federale statunitense, ha dichiarato di aver aiutato il gruppo terrorista Lashkar-e-Taiba per la realizzazione degli attentati di Mumbai nel 2008, avvenuti anche grazie al supporto – secondo Headley – di alcuni alti ufficiali dell’Isi.
Difficilmente gli Usa accoglieranno le richieste pakistane. Del resto, come ha dichiarato un ufficiale statunitense alla Abc, «gli attacchi con i droni continueranno, non si fermerà nessuna operazione necessaria a perseguire i nostri obiettivi di sicurezza». Resta da vedere, quindi, quanto reggerà la corda che gli Usa stanno tirando con le autorità pakistane, le quali si trovano in una posizione molto delicata. Da un lato, una larga fetta della popolazione, sempre più pressante, è contraria alle operazioni militari statunitensi. Dall’altro, mantenere un rapporto collaborativo con Washington garantisce al Pakistan un notevole flusso di dollari nelle proprie casse. Col tempo vedremo se l’ago della bilancia penderà da un lato o dall’altro, ma è certo che questo avrà una notevole influenza su tutta la regione.
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