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TAURIANOVA (RC), VENERDì 22 NOVEMBRE 2024

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Porto di Gioia Tauro: un sogno infranto?

Porto di Gioia Tauro: un sogno infranto?

| Il 09, Mag 2011

Un progetto industriale miseraramente fallito

DI BRUNO MORGANTE

Porto di Gioia Tauro: un sogno infranto?

Un progetto industriale miseraramente fallito

 

 

GIOIA TAURO – La venuta del ministro alle infrastrutture Matteoli doveva servire a fugare ogni dubbio sulla volontà di questo governo di puntare su un ruolo preminente del porto di Gioia Tauro nel sistema della logistica del nostro paese. L’esito positivo dell’incontro sul futuro del porto alla regione Calabria alla presenza del vicepresidente  e dei sindacati,così come l’aumento dei traffici nel primo trimestre 2011 e  l’accordo di programma quadro firmato l’anno scorso con il governo nazionale, che prevede il finanziamento di cospicui investimenti nel porto e nell’area di Gioia Tauro, avevano generato aspettative positive rispetto al definitivo superamento della crisi del porto dell’anno scorso. Purtroppo negli ultimi tempi c’erano stati segnali non in linea con questo clima di ottimismo, quali l’emarginazione del porto nell’ambito della divisione annuale dei fondi per i porti, puntualmente e lodelvomente denunciato dal consigliere Imbalzano. Oggi arriva la denuncia del SUl, sindacato autonomo dei lavoratori portuali, e del consigliere regionale  dell’Italia dei Valori di un abbandono del porto di Gioia Tauro da parte del governo, delle banche  e degli investitori privati , dopo il disimpegno per motivi risibili di Rfi ( le vecchie ferrovie dello stato ), che di fatto sancisce l’isolamento di Gioia Tauro dai grandi mercati di consumo del Centro-Nord Europa e dei nuovi mercati dell’Est europeo. E’ un momento difficile per il futuro del porto Se non si affrontano i problemi veri della crisi del porto e se non si fanno scelte conseguenti in termini di investimento ritengo ineluttabile che Gioia Tauro si avvii verso un lento declino, quantomeno in termini di attuale ruolo nel transhippment. Sugli appelli e sulle buone intenzioni, così come anche su provvedimenti tampone per abbassare i costi di ancoraggio, prevarranno le convenienze del mercato  e gli interessi delle aziende che, nella situazione attuale tendono a marginalizzare il porto di Gioia Tauro o al massimo farlo diventare il porto di una unica grande compagnia. I punti di forza che hanno fatto velocemente di Gioia Tauro il primo porto del Mediterraneo per movimentazione di contenitori erano: alti fondali idonei per accogliere le grandi navi di nuova generazione; grandi piazzali contigui alle banchine di attracco delle navi, in grado di accogliere e ottimizzare i tempi per la movimentazione di migliaia di contenitori al giorno; posizione baricentrica nel Mediterraneo rispetto alle rotte transoceaniche  Suez- Gibilterra. Questi punti di forza, che sembravano punti di debolezza rispetto alla vecchia concezione dei porti, insieme ad una inaspettata capacità operativa degli operatori portuali calabresi, a dispetto dei tanti che ritengono sbagliato investire in Calabria perché mancano le risorse umane, hanno permesso al porto di Gioia Tauro, di diventare il primo porto del Mediterraneo, in quanto si incontravano, questi punti di forza, con le domande del mercato del movimento di merci in container, che in quegli anni stava rivoluzionando il commercio marittimo internazionale. La grande performance di Gioia Tauro portò benefici a tutto il sistema portuale del Mediterraneo e sicuramente a tutti i porti italiani, che erano in profonda crisi, perché inadeguati strutturalmente ad accogliere le grandi navi di nuova generazione, non disponendo di alti fondali e di grandi piazzali, essendo nati insieme alle città, ma in grado di accogliere le navi feeder con le merci in contenitori provenienti dal Far East e dal Nord America,  trasbordati dalle grandi navi  madre nel porto di Gioia Tauro. In questi anni dai governi nazionali e regionali sono stati fatti convegni, proclami per declamare  Gioia Tauro quale naturale  porta dell’Europa, ma non è stato mai speso un euro per realizzare questa porta, anzi sono state ostacolate le poche e deboli iniziative che tentavano di sperimentare in questa direzione, anche se sono stati spesi molti soldi in progetti, ricerche. L’importante era che rimanessero solo parole e studi, anche se costosi, come intimò il ministro dei trasporti pro-tempore al neo nominato presidente delle ferrovie Necci che sottopose il problema del collegamento ferroviario della rete nazionale con il porto, come lui stesso denunciò in una intervista al Corriere della sera prima di morire senza essere mai smentito. Gioia Tauro doveva rimanere solo un porto di transhippment  e non doveva disturbare, in termini di concorrenza sulla lavorazione delle merci, la riorganizzazione in atto degli altri porti italiani alla luce della rivoluzione in atto del commercio marittimo internazionale e della grande opportunità offerta loro dal transhippment a Gioia Tauro. Si modernizzò il sistema di collegamento ferroviario e stradale dei porti del centro-nord, si potenziarono i centri intermodali per lo scambio delle merci, collegati via ferrovia e autostrada con i porti del centro.nord, se ne costruirono dei nuovi, come quello di Novara collocato sul corridoio europeo Madrid- Marsiglia- Trieste- Berlino, collegato con i porti di Genova, La Spezia, Livorno. A Gioia Tauro rimase il ruolo di porto hub per alimentare gli altri porti, facendo anche investimenti cospicui in questo senso, quali quelli per l’allargamento del canale o per la costruzione della banchina alti fondali. L’importante era ed è che non si parli, o meglio non si pretendi di operare nella logistica delle merci. Oggi il vantaggio che aveva Gioia Tauro per i suoi punti di forza si è esaurito. A Porto Said, all’uscita del canale di Suez, e a Tangeri, sullo stretto di Gibilterra sono stati costruiti dei porti con alti fondali, con amplissimi piazzali. Sono direttamente sulla rotta Suez-Gibilterrasare e garantiscono costi per ancoraggio e per movimentazione dei contenitori molto più bassi che a  Gioia Tauro. Per gli altri porti europei, compreso quelli italiani, è una riorganizzazione accettabile, perché garantisce comunque il flusso delle merci senza che possa svilupparsi concorrenza, in quanto entrambi i porti sono in Nord Africa e quindi non collegati via terra con il continente europeo, luogo di destinazione e di partenza della quasi totalità delle merci che transitano nel Mediterraneo. Non è un caso che a Porto Said e a Tangeri abbiano investito anche Contsip e Maersk, che sono i maggiori azionisti di Gioia Tauro e tra i maggiori operatori nella logistica delle merci in Italia e in Europa. Sembrerebbe che quello di Gioia Tauro sia un destino segnato. Prima che l’area industriale circostante e il porto siano presi in considerazione solo quale pattumiera d’Italia, sarebbe utile esaminare il quarto punto di forza, che è quello di essere sul continente e quindi in grado di garantire, se operati gli opportuni, non eccessivi, e finalizzati investimenti, un collegamento nelle 24 ore con il centro-nord Europa senza ulteriori rotture di carico, garantendo minori costi, migliore salvaguardia della qualità della merce, minori tempi di transito tra luogo di produzione e ricevitore finale. Purtroppo l’attuale realtà è che stiamo allargando il canale, investiamo sulle tecnologie più avanzate nelle attuali operazioni portuali e nella sicurezza del porto, ma il porto è collegato con tutti i continenti  meglio che con l’Europa. Puntare su questo quarto punto di forza è la cosa più difficile perché implica concorrenza con gli altri porti per cui abbisognano forza di rappresentanza degli interessi territoriali e noi siamo deboli, sostegno del governo nazionale con scelte coraggiose,  credibilità che dobbiamo riuscire a dare agli investitori nazionali ed esteri. Però varrebbe la pena di battersi per questi obiettivi, perché su queste battaglie si forma e si seleziona una forte classe dirigente e si imposta un duraturo processo di sviluppo. Vanno bene gli incontri con il governo per abbattere i costi di attracco, essendo coscienti che si tratta di misure  per tamponare la situazione, ma una classe dirigente, contemporaneamente,  dovrebbe elaborare un progetto di grande distripark del Mediterraneo,corredato di tutte le strutture necessarie e utilizzando le tecnologie più avanzate, un progetto di collegamento con l’Italia del Nord e con l’Europa sia stradale che ferroviario, agganciando l’alta velocità. La regione Calabria su questo progetto dovrebbe spendere tutto il suo prestigio, sia finalizzando alla realizzazione di questo progetto le risorse disponibili, operando una scelta di priorità, sia pretendendo dal governo nazionale sostegno del proprio progetto, a partire dal pretendere lo sdoganamento a Gioia Tauro dei contenitori destinati in Europa e movimentati a Gioia Tauro. Per ogni contenitore  la regione incasserebbe, mediamente, almeno 2.000 euro e potrebbe finanziare agevolmente il progetto del porto e dello sviluppo regionale. La regione, insieme al governo nazionale dovrebbe elaborare un progetto di libero scambio e di logistica nei confronti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo da fare approvare in sede europea. Contemporaneamente ve superata una situazione di monopolio da parte di un unico operatore, fatto che limita la concorrenza e porta naturalmente l’unico operatore ad assoggettare le strategie di sviluppo del porto alle proprie strategie aziendali, fatto che sta avvenendo,  che non sempre coincidono con gli interessi di sviluppo di un territorio o con la convenienza degli altri investitori. Ai tempi del commissario dell’Autorità portuale Gen. Buscemi la commissione consultiva, su proposta dell’allora rappresentante della confindustria dott. Diano, diede parere positivo per  l’assegnazione della banchina alti fondali in costruzione e del piazzale retrostante a MCT, con la condizione che 350 metri lineari di banchina lato nord del porto e 350.000 metri quadrati di piazzale retrostanti si rendessero disponibili per essere assegnati attraverso un bando internazionale a cui potevano partecipare aziende che non fossero controllate o partecipate da MCT  o da  Contship o da Eurokai. Nella stessa seduta si diede parere positivo per l’assegnazione del suolo alla BLG, con la prescrizione che la banchina rimaneva libera a disposizione degli operatori portuali, così come il piazzale antistante l’approdo ro-ro, che doveva essere liberato da parte di BLG, ogni volta che lo usava,  entro 24 ore, come avviene in tutti i porti. Fu l’unico tentativo di garantire un minimo di concorrenza nel porto. Quel parere non è stato mai preso in considerazione, anzi qualcuno, anni dopo in sede di comitato portuale ebbe a dire che bisognava prendere atto che, formalmente il porto era pubblico, ma che  nei fatti era di MCT, per cui non si doveva autorizzare l’entrata nel bacino nemmeno di una barchetta senza il preventivo assenso di MCT. Meritoriamente stigmatizzò questa posizione il comandante pro-tempore della Capitaneria di Porto, ristabilendo il primato della legge, ma il fatto che sia potuto succedere la dice lunga sul clima in cui è andato avanti il porto. Tutto ciò non ha fatto bene al porto e oggi se ne pagano le conseguenze. La Regione dovrebbe avviare una grande operazione di marketing territoriale a livello internazionale per presentare il progetto della Calabria quale grande e naturale piattaforma logistica nel Mediterraneo al servizio dell’Europa. Classe dirigente, se ci sei batti un colpo. Bruno Morgante