Ricordo di Edoardo Mollica, un liberal socialista innamorato della sua terra
redazione | Il 11, Mag 2011
“Lo conobbi nel 1971, quando da segretario della giovanile socialista del mio paese venni attaccato dal gruppo dirigente provinciale del partito perché non stavo dentro gli schemi correntizi e lui mi difese”
BRUNO MORGANTE
Ricordo di Edoardo Mollica, un liberal socialista innamorato della sua terra
“Lo conobbi nel 1971, quando da segretario della giovanile socialista del mio paese venni attaccato dal gruppo dirigente provinciale del partito perché non stavo dentro gli schemi correntizi e lui mi difese”
REGGIO CALABRIA – Lo conobbi nel 1971, quando da segretario della giovanile socialista del mio paese venni attaccato dal gruppo dirigente provinciale del partito perché non stavo dentro gli schemi correntizi e lui mi difese. Mi incuriosì quel giovane biondo un poco allampanato con i capelli lunghi, che fumava la pipa e aveva sempre una borsa di pelle, che non abbandonava mai, che era membro della direzione nazionale della giovanile socialista. Minacciato dal responsabile provinciale della componente demartiniana di un intervento a Roma, lui tenne la posizione e mi invitò a continuare nell’azione di dare voce in piena autonomia ai bisogni dei giovani senza pormi problemi di compatibilità con gli interessi dei dirigenti del partito. Tenne ferma la sua posizione, mentre aveva un leggero tremore nel mento, che faceva vibrare un poco la voce. Era il suo modo di impuntarsi e di manifestare una timidezza che lo ha accompagnato sempre. Sembrava altero e un poco snob, invece era solo timido e di grande bontà d’animo e di profonde convinzioni rispetto al ruolo della classe dirigente nel sud. Quando veniva da Roma era festa per un gruppo di giovani socialisti con cui veniva a mangiare ( pagava sempre lui ) e scambiava opinioni, oltre ad informare e ad informarsi su quello che facevamo. Arrivava sempre con la sua borsa. Ci chiedevamo cosa contenesse. Non l’abbiamo mai saputo. Si sentiva ed era profondamente calabrese. Era sua convinzione che la Calabria avesse bisogno di una classe dirigente forte ed autonoma capace di rappresentare ed interpretare con convinzione i suoi bisogni, da sottoporre all’attenzione romana, mentre in giro si vedevano ascari che vivevano sui bisogni della gente e che diventavano potenti perché offrivano i loro consensi a Roma in cambio di potere per continuare a dare risposte individuali, accentuando il degrado morale e materiale della nostra terra. Quante discussioni abbiamo fatto su questi nuovi barbari che stavano distruggendo anche le antiche vestigia dei nostri centri. Non era un rivoluzionario in termini di azione, privilegiava il dialogo, il ragionare, anche se molto innovativo nelle sue concezioni. Se c’erano ostacoli, apparentemente si ritirava, ma continuava a ragionare e ad agire con pazienza per creare le condizioni per portare avanti i suoi progetti. Fu lui, da dirigente nazionale del partito socialista, a chiamare giovani selezionati solamente sulla base dell’impegno, della tensione morale e della capacità per organizzare la Lega delle Cooperative, il CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato). Fu entusiasta della creazione della facoltà di architettura a Reggio Calabria perché ne intravide da subito l’importanza, non solo per i giovani, ma anche per il recupero di memoria storica, insieme al recupero dei nostri centri storici, quale strada per un recupero di identità e di progettualità per il futuro. Si impegnò nell’università lasciando una propria impronta che ormai la connota profondamente. Spesso ci siamo ritrovati nella sua casa di Chianalea a Scilla per ragionare di progetti, per disegnare possibili scenari di impegno per innovare la politica. In uno di questi incontri è nato l’impegno per progettare il GAL V.A.T.E. a Palmi, nell’ambito della misura comunitaria Leader II. Non è un caso che se ne sia andato mentre era impegnato con i suoi studenti in uno stage nel cuore della sua area grecanica, a Polsi. Ciao Eduardo ( così ti chiamavo, ricordi? ).
Bruno Morgante