Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Medio Oriente, manifestazioni palestinesi represse nella sangue

Medio Oriente, manifestazioni palestinesi represse nella sangue

| Il 16, Mag 2011

Circa venti morti e centinaia di feriti tra i dimostranti che hanno commemorato il giorno della Nakba

di DOMENICO GIOVINAZZO

Medio Oriente, manifestazioni palestinesi represse nella sangue

Circa venti morti e centinaia di feriti tra i dimostranti che hanno commemorato il giorno della Nakba

 

Anche ieri, come ogni anno, in Medio Oriente si sono tenute diverse manifestazioni per commemorare il giorno della Nakba. Con questo termine, che significa “catastrofe”, i palestinesi ricordano il giorno più tragico della loro storia, il 15 maggio del 1948, quando oltre 700mila persone abbandonarono o furono cacciate dalle loro case in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele e alla guerra che ne scaturì.  

Questi profughi, che nel frattempo si stima abbiano raggiunto quasi i 5milioni contando i discendenti, chiedono da 63 anni il diritto di far ritorno alle proprie terre. E ieri lo hanno fatto scendendo per strada a manifestare in diverse località. Nel Nord della Striscia di Gaza, un migliaio di persone si sono radunate e messe in marcia verso il valico di Erez, al confine tra l’enclave palestinese e lo Stato ebraico. L’esercito israeliano non ha esitato ad aprire il fuoco sui manifestanti. Secondo Nicole Johnstone, corrispondente di Aljazeera da Gaza City, il bilancio è di almeno un morto e una ottantina di feriti.  

Su quanto è avvenuto nei pressi del valico di Erez è interessante leggere le testimonianze raccolte dalla stessa Johnstone sul comportamento di Hamas, il partito che dal giugno 2007 governa la Striscia di Gaza. «Hamas ci ha chiesto di andarcene – raccontava in tempo reale uno dei manifestanti – stanno cercando di far allontanare le persone dal confine». Il tentativo di Hamas mirava evitare che Israele avesse il pretesto per aprire il fuoco sui manifestanti. Atteggiamento che mostra la responsabilità del partito di Ismail Haniyeh il quale, impegnato nell’importante processo di riconciliazione con Fatah e l’Autorità nazionale palestinese (Anp), ha colto l’occasione per mostrare il proprio volto di interlocutore serio. Anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est le manifestazioni per la Nakba sono state represse con il pugno duro da parte dell’esercito israeliano. Nel campo profughi di Qalandia, ad esempio, un centinaio di manifestanti sono stati dispersi con i lacrimogeni, diversi di loro sono finiti in ospedale per intossicazione. Scena analoga in altri villaggi e città della Cisgiordania, dove le manifestazioni sono state disperse con lacrimogeni e proiettili rivestiti di gomma. Il computo è di diversi feriti e un centinaio di arresti da parte dei militari israeliani.  

Più grave è il bilancio della repressione che si è abbattuta contro le manifestazioni sul Golan. La televisione di Stato siriana ha riportato la notizia di 4 morti e diverse decine di feriti fra i manifestanti radunati sul lato siriano della alture del Golan occupato. Secondo la radio militare israeliana, l’esercito di Tel Aviv avrebbe aperto il fuoco per impedire ai dimostranti di forzare le barriere di confine.   Dalla città di Ras Maroun, nel sud del Libano, al confine con lo Stato ebraico, provengono notizie di altre vittime, almeno 10 secondo fonti sanitarie, e di un elevato numero di feriti. Il giornalista Mattew Cassel, che ha assistito alle dimostrazioni, ha parlato di «10mila rifugiati che hanno marciato verso il confine per rivendicare il proprio diritto al ritorno». «Molti sono stati uccisi – ha proseguito Cassel – non so quanti, ma ho visto con i miei stessi occhi un buon numero di persone senza sensi e di feriti, e almeno due morti». Ma le manifestazioni per la Nakba palestinese non hanno incontrato solo la repressione israeliana. Anche in Egitto i dimostranti hanno dovuto subire il pugno duro del regime militare che ha da poco sostituito Hosni Mubarak. Migliaia di persone radunate in un sit-in davanti all’ambasciata israeliana al Cairo sono state disperse dall’esercito e dalla polizia militare con lacrimogeni e proiettili di gomma. Secondo lo stesso ministero della Salute egiziano, il bilancio sarebbe di almeno 353 feriti, fra cui uno in gravissime condizioni. Nel frattempo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita proprio in Israele, ha dichiarato che l’Unione europea «deve interrogarsi sul modo in cui favorire la causa della libertà, il rispetto dei diritti umani, l’aspirazione a forme di governo democratiche nel mondo arabo, a cominciare da quei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente in cui si sono venute manifestando forti domande di cambiamento e di giustizia». Tuttavia, Napolitano non ha poi ritenuto di dover aggiungere né una parola di sostegno ai palestinesi, che da 63 anni reclamano il diritto al ritorno nelle proprie case, né una parola di biasimo contro chi ha represso con la violenza questa richiesta di giustizia.

redazione@approdonews.it