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Libano, bomba contro l’Unifil

Libano, bomba contro l’Unifil

| Il 28, Mag 2011

Sei militari italiani feriti nei pressi di Sidone. Mistero sui responsabili dell’attentato

di DOMENICO GIOVINAZZO

Libano, bomba contro l’Unifil

Sei militari italiani feriti nei pressi di Sidone. Mistero sui responsabili dell’attentato

 

Ieri, in Libano, sei soldati italiani della missione Unifil sono rimasti feriti in un attentato contro un convoglio composto da quattro veicoli. Nessuno dei militari è in pericolo di vita, anche se due di loro hanno riportato ferite gravi. Tutti e sei i feriti sono stati ricoverati presso l’ospedale di Sidone, città portuale dove si è verificato l’attacco. Convolti in modo lieve anche due civili Libanesi. L’attentato è stato causato dallo scoppio di un a bomba. L’ordigno era nascosto dietro il guard-rail in cemento sul ciglio della superstrada che da Sidone porta a Beirut, all’altezza di al-Rumelia. L’esplosione ha investito in pieno il terzo mezzo del convoglio e ha coinvolto parzialmente anche il quarto. Mentre scriviamo non è ancora giunta alcuna rivendicazione dell’attentato.

In Italia non si sono fatte attendere le reazioni da parte del mondo politico e istituzionale. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, raggiunto dalla notizia a Varsavia, ha espresso «sgomento e preoccupazione». Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha augurato una pronta guarigione ai feriti, esprimendo vicinanza alle loro famiglie. Anche il ministro degli Esteri Frattini ha voluto sottolineare che «l’Italia è vicina a suoi militari», e ha ricordato che il nostro Paese partecipa alla missione Unifil per dare «un contributo decisivo alla stabilità in una delle aree più sensibili della regione mediorientale».

La missione Unifil, alla quale l’Italia contribuisce con 1780 uomini, è nata in ambito Onu nel 2006, in seguito alla guerra scatenata da Israele contro il Paese dei cedri. Con la risoluzione 1701, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite decise di inviare una forza di interposizione ai confini israelo-libanesi, per garantire l’inviolabilità territoriale del Libano dalla minaccia di una invasione Israeliana. Da quando la missione è cominciata, ormai quasi 5 anni fa, non si erano registrate vittime né, prima d’ora, incidenti rilevanti.

Infatti, sebbene la situazione libanese sia molto complessa – caratterizzata dalla convivenza di diverse comunità religiose, con un alto livello di conflittualità – la missione Unifil è ben vista da tutti i diversi gruppi religiosi, in quanto rappresenta la garanzia contro una potenziale aggressione esterna. Proprio per questo l’attentato ai militari italiani appare incomprensibile, perché in Libano nessuna delle fazioni avrebbe interesse a colpire l’Unifil. Tanto è vero che è proprio dal mondo politico Libanese, tutto unito, che si sono levate le preoccupazioni più forti.

Il presidente della Repubblica, il maronita Michel Suleiman, ha subito messo in guardia sul fatto che «questo atto criminale ha lo scopo di minare la sicurezza e la stabilità del Paese». Lo sciita Nabih Berri, presidente del Parlamento libanese, ha condannato «questo crimine terroristico» esprimendo solidarietà alla leadership dell’Unifil «e specialmente all’unità italiana, nella speranza di una pronta guarigione dei feriti». Ma tra le parole di condanna, quelle espresse dal primo ministro, il sunnita Saad Hariri, appaiono le più insolite. Hariri ha infatti denunciato dei tentativi di «usare il territorio libanese per mandare dei messaggi alla comunità internazionale, e specialmente all’Unifil nel sud del Libano».

Le parole di Hariri sono una velata accusa a Israele, uno Stato che più volte ha dimostrato di essere in grado di condurre operazioni al di fuori dei propri confini e che, soprattutto, non vede la missione Unifil di buon occhio e avrebbe tutto l’interesse a metterne in discussione la presenza. Per questo Hariri ha rivolto un appello «nella speranza che le forze internazionali riprendano il loro lavoro in accordo con la risoluzione 1701. Il governo libanese considera quella risoluzione basilare per preservare la stabilità e prevenire la violenza nell’area».

redazione@approdonews.it