Referendum, perchè votare
redazione | Il 10, Giu 2011
“Domenica andiamo in massa a votare, esprimendo almeno tre sì”
di BRUNO MORGANTE
Referendum, perchè votare
“Domenica andiamo in massa a votare, esprimendo almeno tre sì”
Domenica e Lunedì prossimi si voterà su quattro quesiti referendari, due riguardano l’acqua, uno la questione dell’energia nucleare e un altro il cosiddetto “legittimo impedimento”. Negli ultimi referendum, dal 1995, non si è raggiunto il quorum perché i quesiti su cui si veniva chiamati a pronunciarsi rappresentavano una continuazione delle battaglie politiche elettorali e parlamentari, su cui il popolo aveva espresso il proprio orientamento nelle elezioni. Su alcune questioni, come i referendum sull’abolizione della quota proporzionale, non si raggiunse il quorum perché sui problemi istituzionali il popolo si sentiva tradito dopo che, con la massiccia affluenza in occasione del referendum sulla preferenza unica, che doveva significare maggiore potere al cittadino e meno potere ai segretari dei partiti e ai gruppi di potere nello scegliere i parlamentari, si è arrivati ai segretari dei partiti che nominano i parlamentari e al cittadino non è rimasto che votare per la bandiera.
Lo stesso è successo dopo il referendum sul sistema maggioritario che doveva diminuire i partiti ( nella prima repubblica erano sette) per garantire maggiore governabilità e si è assistito, invece, al proliferare dei partiti ( nelle ultime elezioni ci hanno dato delle lenzuola per scheda, essendoci ventotto simboli di partito) e al cambio di casacca di decine, se non centinaia, di parlamentari in ogni legislatura. Questa volta i quesiti, almeno tre, riguardano la nostra vita e quella dei nostri figli, perché attengono a una prospettiva di sviluppo senza pericoli per noi e per il mondo e alla disponibilità per tutti i cittadini di un bene vitale quale l’acqua. Non c’entrano le convinzioni politiche o il dovere di rafforzare o la paura di indebolire lo schieramento di appartenenza, anche se i politici si approprieranno del risultato, ognuno per la propria convenienza. Noi questa volta dobbiamo esprimerci perchè sono scelte che incideranno sulla nostra vita e dobbiamo disinteressarci al teatrino della politica che seguirà dopo che saranno resi noti i risultati. L’importante è che i risultati non potranno essere manipolati, perché il voto sarà netto: no alla costruzione di centrali nucleari costosissime, pericolose, con la produzione di scorie dannosissime e indistruttibili. Ancora stiamo pagando nella bolletta lo stoccaggio delle scorie della centrale di Montalto di Castro, mai entrata in funzione, e che non riusciamo a smaltire. Il Governo appronti un piano energetico nazionale che ci affranchi dalla dipendenza dal petrolio e punti sulle energie rinnovabili (sole, fotovoltaico, vento, maree, biogas, biomasse); sul gas con la costruzione di rigassificatori per non dipendere dai gasdotti sovietico, algerino, libico; sul carbone pulito. Significa, non solo garantirci il fabbisogno energetico salvaguardando il mondo e la nostra salute, ma mettere in moto grandi risorse umane e materiali per iniziative imprenditoriali diffuse.
Oggi la green economy è il settore, insieme alla logistica e all’elettronica, che crea più occupazione. Immaginiamo quanto lavoro si creerebbe con un grande piano nazionale poliennale di finanziamento che dovesse prevedere: – la riconversione di tutti gli edifici pubbilci, privati, industriali al fine del risparmio energetico e l’installazione di pannelli su tutti i tetti; – costruzione in tutte le aziende agricole, singole o associate, di impianti per il recupero energetico della biomassa di scarto, dai residui di potatura, agli scarti di lavorazione industriale, al recupero del biogas prodotto nelle stalle; – riconversione di tutti i motori per ottenere il massimo risparmio energetico. Solo quest’ultima misura, da calcoli di Lega Ambiente, comporterebbe un risparmio energetico equivalente alla produzione di elettricità di due centrali nucleari, senza contare l’impatto sul sistema industriale italiano in termini di ripresa e di occupazione. Germania e Svizzera hanno detto no al nucleare e hanno programmato nel breve periodo la chiusura delle loro centrali nucleari e hanno avviato un piano di questo tipo. Germania e Svizzera non sono nazioni guidate da pericolosi estremisti. Non meno importanti sono i due quesiti che riguardano l’acqua. In linea di principio non si può essere contrari alla privatizzazione di servizi pubblici, se il privato garantisce più efficienza, minori costi per l’utenza, che in questo caso è rappresentata dai cittadini che usufruiscono del servizio. Dobbiamo, però, porre molta differenza tra la privatizzazione del servizio, per esempio, di trasporto ferroviario, di gestione delle autostrade, e la privatizzazione di servizi essenziali per la vita delle persone, quali l’erogazione dell’acqua. Noi abbiamo pagato l’allaccio alla rete con la ex Bucalossi , oggi oneri di urbanizzazione, e con il canone dell’acqua paghiamo anche la manutenzione della rete, oltre che la fognatura e la depurazione, che rientrano tra i costi di gestione. Ci dicono che c’è bisogno di ingenti investimenti per modernizzare le reti e che i privati sono disponibili ad investire, anche se poi con il canone dovremo garantire non solo il rientro dei costi di gestione e degli investimenti ( ammortamenti), ma anche la remunerazione (almeno ad un tasso del 7%) del capitale investito. Sono pronte diverse società multinazionali. Sarebbe da stupidi che non fosse altrimenti. C’è la certezza dell’utenza. C’è la certezza delle tariffe, indipendentemente dai consumi, per remunerare l’investimento a tassi che non esistono sui mercati finanziari. Fare così i capitalisti, con la certezza, senza concorrenza, del mercato, della copertura dei costi, della remunerazione del capitale, è facile. Per lo Stato, compreso eventuali tangenti per politici, sarebbe a costo zero. Siamo noi cittadini a garantire, con il costo della bolletta, la remunerazione della presunta virtù dei privati e di eventuali vizi pubblici, che non verrebbero eliminati. Dovremmo sperare che, se un povero cristo non ha i soldi per pagare la bolletta, il privato sia di buon cuore e non gli tagli l’acqua, anche se la legge del profitto lo imporrebbe.
Se dobbiamo pagare noi, vogliamo gestire anche noi attraverso i nostri rappresentanti, anche coinvolgendo i privati, in forma minoritaria, quali portatori di cultura imprenditoriale e di esperienza gestionale di reti complesse. Forse dovremo impegnarci di più nel controllo dei nostri rappresentanti e dei risultati della loro azione elevando il tasso di partecipazione e di democrazia, dato che spesso, non sempre, il pubblico non ha brillato per efficienza, ma certo non può essere alibi per pochi grassi affaristi per dirci “fatevi da parte che ci siamo noi”. Oggi è l’acqua, domani sarà la scuola e poi la sanità. Andiamo a votare “si” in massa per gridare che non si può scambiare la nostra pazienza e il distacco con cui assistiamo alle beghe di questa classe politica autoreferenziale, con disinteresse per i nostri diritti primari, che non permettiamo a nessuno di toccare.
Bruno Morgante
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