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Vento di cambiamento

Vento di cambiamento

| Il 01, Ago 2011

Una classe politica nel pallone, mentre la gente è sempre più arrabbiata

di BRUNO MORGANTE

Vento di cambiamento

Una classe politica nel pallone, mentre la gente è sempre più arrabbiata


L’esito dei referendum è stato un segnale che qualcosa sta cambiando nel sentire della gente. Il dramma dei figli disoccupati, precari, non sposati a più di trenta anni senza che vi siano certezze all’orizzonte; la crisi economica che si sta mangiando il risparmio delle famiglie, mettendo a rischio il loro ruolo di ammortizzatori sociali, con ricadute drammatiche sul futuro dei figli già adulti; aziende che chiudono mangiandosi anni di sacrifici e di investimenti, tutti questi fatti stanno creando un corto circuito tra la politica e la gente. Si sta ritornando, come negli anni di tangentopoli, a sentire la politica come una cappa sulle potenzialità di crescita del paese e la classe politica come una classe parassitaria che vive sulle spalle della gente che lavora.

Dopo anni di professione di ottimismo e di auto incensamento sulla bravura del governo nell’affrontare la crisi, oggi tutti hanno paura, ma nessuno dice la verità sulla reale situazione del paese, né se c’è una strategia, che richiede magari sacrifici, ma che ci permette di superare la crisi. Si è fatta una manovra sicuramente ingiusta perché sono chiamati a pagare i pensionati, le famiglie, i dipendenti pubblici e i lavoratori in generale, mentre non vengono toccati i redditi alti e le rendite finanziarie. Purtroppo si sta dimostrando inefficace e si paventa una nuova manovra in autunno. Nelle prime serie analisi fatte sulla manovra si era denunciato  il fatto che  appariva come  una fragile diga per tenere sotto controllo i conti pubblici, fatto necessario ma non sufficiente, senza contenere né riforme strutturali sul contenimento della spesa, né misure per incentivare la crescita e lo sviluppo, fatti questi necessari, e il fatto che, colpendo gli stipendi medio-bassi e il reddito delle famiglie, rischiava di avere un effetto recessivo.

Da quasi venti anni nessuno, quando è stato al governo e ne aveva  l’opportunità, ha fatto qualche riforma, se escludiamo l’entrata nell’euro e il decentramento amministrativo con la riforma del titolo quinto della costituzione, perché  nessuno, quando è al governo,  vuole perdere consenso e rischiare il potere, e governa tenendo costantemente presente i sondaggi prima di fare scelte e per non scontentare nessuno non sceglie e imbroglia la gente illudendola che tutto va bene. Ormai le uniche scelte, come quelle sul controllo dei conti pubblici, le facciamo perché ce le impone la UE o come quelle su aspetti particolari della giustizia le facciamo perché bisogna impedire che il presidente del consiglio venga giudicato dalla magistratura.

La corruzione è aumentata; la spesa pubblica è aumentata, anche se abbiamo potuto usufruire con l’euro di tassi di interesse molto bassi; la macchina della giustizia è vicina al collasso; al posto di allargare i diritti individuali si promulgano continuamente leggi che ci fanno tornare indietro, come quelle sulla procreazione assistita o contro il testamento biologico; le corporazioni, a cominciare dagli ordini professionali,  non vengono toccate, così come le attività senza concorrenza, derivanti da concessioni pubbliche, mentre la piccola impresa, soggetta alla concorrenza del mercato, è in crisi e il mondo del lavoro è chiuso per i giovani; siamo arrivati, cavalcando la demagogia e il populismo alla ricerca del consenso fine a se stesso, a un parlamento di nominati da parte di cinque segretari di partito, nominati che non si vergognano di presentarsi nei dibattiti quali rappresentanti del popolo e di pretendere privilegi e prebende.

In cinque giorni hanno approvato una manovra che è una batosta per i bilanci delle famiglie, ma per ridurre il numero dei parlamentari, magari portandole al numero che c’è in America (complessivamente, tra Senato e Camera, 535), dove sono quattrocentomilioni di abitanti, ci dicono che ci vogliono tempi lunghi, trattandosi di una riforma costituzionale (nessuno informa che tecnicamente, se si è d’accordo come lo si è stati per la stangata, basterebbero tre mesi). I tickett sanitari, i tagli agli assegni familiari, sono immediatamente operativi, mentre per i tagli ai costi e ai vergognosi privilegi della politica hanno deciso di insediare una commissione per studiare il problema in confronto a quanto succede in Europa (le commissioni si fanno quando non si vuole fare niente).

Forse i nostri politici dovrebbero dedicare maggiore attenzione ai segnali che arrivano dal territorio, come a Napoli, dove i cittadini hanno eletto un sindaco contro il centrodestra e contro il centrosinistra, o come a Parma, una delle cittadine più ricche e più moderate del centro nord, dove i cittadini da giorni stanno occupando la piazza antistante il municipio chiedendo a gran voce le dimissioni del sindaco e della giunta, coinvolti in inchieste su presunte irregolarità amministrative.

Bruno Morgante

redazione@approdonews.it