Falck: Indagato manager Banca Intesa
redazione | Il 30, Ago 2011
Pd fa quadrato su segretario, anche Fassino querela Gasparri
Falck: Indagato manager Banca Intesa
Pd fa quadrato su segretario, anche Fassino querela Gasparri
(ANSA) MILANO – Il manager di Banca Intesa, Maurizio Pagani, responsabile del settore infrastrutture e finanza, è indagato per concorso in corruzione nell’inchiesta dei pm di Monza sulle presunte tangenti per le aree ex Falck e Marelli. Da quanto si è saputo, le indagini a carico del manager riguardano il capitolo dell’inchiesta sull’acquisto da parte della Provincia di Milano delle quote dell’autostrada Milano-Serravalle. Verso metà agosto i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano, su ordine dei pm Walter Mapelli e Franca Macchia, hanno perquisito l’abitazione e gli uffici del manager Pagani, iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di concorso in corruzione. Di Pagani parla l’imprenditore Piero Di Caterina in un interrogatorio reso il 30 giugno 2010. Come spiega il gip di Monza Anna Magelli nella sua ordinanza, Di Caterina parla di una “tangente pagata per la vendita della Milano-Serravalle”. Secondo Di Caterina si sarebbero svolte delle “trattative” in relazione “all’acquisto della Milano-Serravalle da parte della Provincia di Milano” e ci sarebbero stati “alcuni incontri presso lo studio” di un commercialista milanese al quale avrebbero partecipato Giordano Vimercati, l’ex braccio destro di Filippo Penati che all’epoca guidava la Provincia, Bruno Binasco, manager del Gruppo Gavio “e un rappresentante di Banca Intesa, tale Pagani”. In quegli incontri, sempre stando al verbale di Di Caterina, “si è anche parlato di un ‘sovrapprezzo’ da pagare a favore di Penati e Vimercati”. Inoltre, nelle carte dell’inchiesta il ruolo di Banca Intesa emergerebbe anche in relazione alla tangente da 4 miliardi di lire pagata dall’imprenditore Giuseppe Pasini a Penati per entrare nell’affare dell’area Falck. Infatti, come scrive il gip, i funzionari dell’istituto di credito avrebbero individuato “le modalità di trasferimento” in Lussemburgo della “provvista”.
BERSANI, PENATI RINUNCI A PRESCRIZIONE – Il turbamento è profondo ma almeno l’auspicio è che, sulla vicenda Penati, “non ci siano ombre e si arrivi alla verità”. Pier Luigi Bersani chiede un ulteriore passo indietro all’ex presidente della Provincia di Milano: rinunci alla prescrizione e si faccia processare. Perché, al di là della vicenda giudiziaria, quello che più preoccupa il Pd é che nel tritacarne politico-mediatico finisca il partito ed il suo segretario ed è per tutelare “l’onorabilità” del Pd, non per sostituire i tribunali, che da oggi i garanti si sono messi al lavoro, acquisendo le carte dell’inchiesta in vista di una possibile convocazione di Filippo Penati. Sono le feste democratiche, in corso in tutta Italia, il termometro che i dirigenti del Pd usano per tastare il polso di elettori e militanti. E la temperatura è alta: “cittadini e militanti del Pd – racconta Marina Sereni – chiedono giustamente di assumere ogni iniziativa utile a tutelare l’onorabilità del nostro partito, di allontanare ogni ombra, di mettere al primo posto la domanda di etica, di buona politica, di trasparenza”. Esigenze che Bersani comprende al punto di aver attivato la commissione di garanzia e di chiedere, pur nel rispetto “in uno Stato di diritto” della scelta personale, al suo ex capo della segreteria politica di rinunciare alla prescrizione. “Come partito – afferma – le prescrizioni non ci piacciono, anche se si parla di cose di 7-10 anni fa, perché vorrei che su queste vicende non ci fossero ombre e si arrivasse alla verità”.
Quanto all’espulsione di Penati dal Pd, Bersani lascia la decisione ai garanti che valuteranno in base allo statuto. Quello che va chiarito è che “noi non intendiamo interferire in nessun modo con la magistratura, perché abbiamo un profilo etico che ci interessa preservare”. E come per la prescrizione, il vertice Pd è compatto nel chiedere le dimissioni di Penati anche da consigliere regionale perché, sostiene Enrico Letta, “nel partito non può esserci alcuna macchia”. Una totale presa di distanza che mira anche ad affermare l’estraneità del partito dalle vicende giudiziarie. “Se c’é un corrotto non si può tenerlo nel partito. Ma il Pd è sano, non è malato”, garantisce il presidente della commissione di garanzia Luigi Berlinguer. Ed il timore che si faccia di tutta l’erba un fascio spiega la raffica di querele, prima Walter Veltroni e poi Piero Fassino, partite nelle ultime ore all’indirizzo del capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, convinto che Penati sia solo la “pedina” di un sistema che coinvolge tutto l’ex gruppo dirigente Pci. Contro gli attacchi, il Pd fa quadrato intorno al segretario. Che non rinuncia ad evidenziare la differenza tra il Pd e il Pdl: “Se Berlusconi avesse fatto, quando è stato indagato, i passi indietro che ha fatto Penati, a quest’ora, da qua sarebbe a Comacchio”, è il paragone ‘bersaniano’, usato durante un comizio a Ferrara, a 60 chilometri dalla cittadina adriatica, per indicare quanti passi indietro avrebbe dovuto fare il presidente del Consiglio.
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