Gheddafi replica a voci su sua fuga. “Menzogne”
redazione | Il 08, Set 2011
Secondo i ribelli il rais sta inviando oro all’estero per organizzare un’armata di mercenari
Gheddafi replica a voci su sua fuga. “Menzogne”
Secondo i ribelli il rais sta inviando oro all’estero per organizzare un’armata di mercenari
(ANSA) NICOSIA – Muammar Gheddafi si e’ scagliato contro ”la guerra psicologica e le menzogne”, riferendosi alle voci di una sua fuga nel confinante Niger, in un nuovo messaggio audio trasmesso dalla tv Al Rai, basata a Damasco.
”Restano loro solo la guerra psicologica e le menzogne – ha affermato Gheddafi nel messaggio – Hanno detto negli ultimi giorni di aver visto Gheddafi in un convoglio verso il Niger”. Poi il colonnello ha ironizzato: ”Quanti convogli di contrabbandieri e mercanti, persone, transitano ogni giorno nel deserto diretti in Sudan, Ciad, Mali o Algeria. Come se fosse la prima volta che un convoglio attraversa verso il Niger!”.
Gheddafi ha poi di nuovo assicurato che ”la Nato sara’ sconfitta”, perche’ ”le sue risorse materiali non le permetteranno di continuare” il suo intervento. ”Noi – ha proclamato il rais – siamo pronti a Tripoli e dovunque a intensificare gli attacchi contro i ratti e i mercenari, che sono una banda di cani’.
Dal 23 agosto scorso, quando gli insorti hanno conquistato la sua caserma bunker di Bab el Aziziya a Tripoli, Gheddafi ha inviato diversi messaggi audio per incitare alla ”resistenza”. Ma le sue ultime immagini risalgono al 12 giugno scorso.
RIBELLI, INDIVIDUATA FOSSA COMUNE STRAGE 1996 – Alcuni responsabili di Muammar Gheddafi catturati nei giorni scorsi dai ribelli libici hanno reso noto il luogo dove si troverebbe la fossa comune con 1.300 cadaveri di prigionieri politici uccisi per ordine del rais nel 1996, nel carcere di Abu Salim, a Tripoli. Una strage denunciata da organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International (Ai) e Human Rights Watch (Hrw). Lo riferiscono all’ANSA fonti dei ribelli. La notizia è stata diffusa in tutti i media center libici e dalla tv El Alahrar. Abdallah Ali, uno dei responsabili del media center di Misurata, ha detto all’ ANSA che “la fossa comune verrà aperta domani o dopodomani” e che gli insorti vogliono che all’apertura siano presenti organizzazioni internazionali come la Croce Rossa Internazionale, Human Rights Watch e Amnesty International per documentare l’evento. Secondo Hrw, il supercarcere nel cuore del quartiere di Abu Salim, dove in passato sono stati rinchiusi molti oppositori politici del regime di Gheddafi, fu il teatro di una repressione di massa, attuata in seguito a una rivolta dei carcerati, in cui furono uccisi a colpi di kalashnikov e granate oltre 1.200 detenuti. Una vicenda che non si è mai riusciti a ricostruire in maniera chiara e che ha lasciato i parenti delle vittime senza risposte. Furono proprio i parenti dei detenuti morti ad Abu Salim a innescare in febbraio la protesta che da Bengasi si è poi diffusa in tutta la Libia.
IL RAIS NEL SUD, ORO A MERCENARI PER CONTRATTACCO – Muammar Gheddafi si nasconde in Libia, nel sud del Paese, e sta inviando oro all’estero per organizzare un’armata di mercenari con cui tentare una controffensiva. Lo dice all’ANSA una fonte militare dei ribelli che chiede l’anonimato. “Gheddafi è ancora in Libia, si nasconde nel sud, desertico e in gran parte inaccessibile”, dice la fonte. “I convogli che avrebbero passato il confine trasportano sicuramente oro e pietre preziose. Con questo tesoro il rais pensa di poter organizzare un esercito di mercenari, del Ciad come del Mali, per poter lanciare una controffensiva. Abbiamo sempre detto che è pazzo”, aggiunge l’ufficiale di alto rango. “E’ noto a tutti che prima della caduta di Tripoli Gheddafi ha fatto ritirare banconote con cui ha comprato oro, diamanti, preziosi e obbligazioni”, spiega ancora la fonte. “Ci sono poi gli interessi economici che ha nei Paesi occidentali, Italia compresa, temiamo abbia messo in piedi società di facciata per continuare a gestire queste enormi somme. La guerrà finirà quando lo prenderemo”.
A DUFAN DECINE DI CARRI INTERRATI – Gli insorti libici sono giunti nella localita’ di Dufan, in pieno deserto libico dove sorgeva una delle basi della 32/a brigata di Gheddafi, e hanno scoperto decine di carri armati e blindati interrati nella sabbia e nascosti nei cespugli. Lo ha constatato l’inviato dell’Ansa. Il colonnello Bashir ha spiegato che i ribelli sono ”qui per riprendere questi mezzi e per impedire che le forze di Gheddafi le possano utilizzare nuovamente. I combattenti di Misurata che stanno occupandosi di scovarli li porteranno nelle nostre basi in citta”’. L’area, sperduta nel deserto mostra i segni dei raid Nato che hanno colpito tre giorni fa l’installazione e i principali edifici dei centri di comando e controllo della base, che appaiono letteralmente sbriciolati. Negli alloggi – sorta di tubi cilindrici a schiera – non si notano distruzioni ma i segni caratteristici di una fuga precipitosa di militari che hanno lasciato armi e oggetti personali.
VERSO DUFAN, CARICANDO MISSILI GRAD – I ribelli libici che puntano alla conquista di Bani Walid, uno degli ultimi bastioni di Gheddafi a sud di Tripoli, contano di recuperare otto tra carri armati e blindati per riprendere oggi la marcia verso la citta’, base militare del regime. Il convoglio e’ formato da almeno 10 pick up armati, su quattro dei quali i guerriglieri stanno caricando missili Grad a corta gittata. Missili vengono stivati anche su altri mezzi. L’obiettivo dell’avanzata di oggi e’ la base della 32/a brigata che si trova a Dufan, circa 50 km a est di Bani Walid, in pieno deserto.
FONTE RIBELLI, ANCORA 48 ORE PER BANI WALID – Ancora due-tre giorni prima che i Thuwar (rivoluzionari) possano fare il loro ingresso da liberatori a Bani Walid, tra le ultime città contese nella guerra libica. Lo sostiene un comandante dei ribelli che segue da vicino gli sviluppi negoziali e militari della vicenda. “Stiamo ancora negoziando sulla sorte dei responsabili del regime nascosti a Bani Walid che si sono macchiati le mani di sangue”, afferma la fonte. “Ci vorranno altri due-tre giorni prima del nostro ingresso in città: non vogliamo spargimenti di sangue, anche se è vero che i cecchini piazzati sui terrazzi hanno aperto il fuoco sulla nostra delegazione”. La fonte conferma che “sicuramente non entreranno in città i Thuwar di Misurata. Ci sono ragioni politiche importanti, e non vogliamo che la gente di Bani Walid pensi che la città venga occupata”.