Indignati, in piazza la vera politica
redazione | Il 16, Ott 2011
Da ieri niente sarà più come prima
di LUIGI PANDOLFI
Indignati,in piazza la vera politica
Da ieri niente sarà più come prima
ROMA – Da ieri niente sarà più come prima. La grande manifestazione degli indignati non è stata, non può essere considerata una manifestazione di routine, una delle tante. Né potrà essere derubricata a mera vicenda di gratuita ed indegna violenza verso cose, persone e forze dell’ordine.
No. Mentre la politica politicante, di ogni colore e tendenza, è ingabbiata in un film in bianco e nero, visto e rivisto, in cui il protagonista principale è il palazzo e le sue liturgie, i suoi vizi, nel paese s’avanza una politica nuova, che muove dalla materialità dei bisogni di uomini e donne in carne ed ossa.
Si, s’avanza “la politica”, intesa nella sua accezione più moderna, quella che osa anelare alla trasformazione dell’esistente, che rifiuta l’ideologia del primato della finanza e dei mercati sulla vita dei cittadini.
E non sarà l’inqualificabile, cieca, stupida violenza di un’infima minoranza di teppisti infiltrati tra i manifestanti a frustrarne la carica propositiva, radicalmente critica ma propositiva.
Violenza che, nella sua inaccettabilità, testimonia nondimeno di una situazione fortemente tesa, di grande malessere, nel nostro paese, di cui bisognerà comunque tener conto per evitare un precipitare drammatico della crisi sociale.
A Roma è andata in scena, al netto dell’opera dei facinorosi, quella politica che, nella speciale situazione italiana, dice chiaro e tondo che il problema non è soltanto togliere Berlusconi da Palazzo Chigi, che pure è un obiettivo auspicabile, ma quello di costruire un’alternativa radicale ad un modello di sviluppo, di organizzazione economica e sociale, che non ha più al centro l’uomo ma solo gli interessi delle banche e le dinamiche dell’economia speculativa.
Dinamiche irrazionali, che impongono il costo della crisi, della stabilità finanziaria degli stati, a chi non c’entra nulla col disastro dei conti pubblici nazionali, con le criminali speculazioni borsistiche, col fallimento delle politiche finanziarie dell’Unione europea.
Berlusconi sta affondando in un mare di melma, tra qualche mese potrebbe non essere più al governo del paese. Ma l’alternativa dov’è? Chi si farà carico delle istanze che promanano dal movimento che si sta alzando nel paese? Il problema è corteggiare Casini, per intenderci, o raccogliere queste istanze e dare alle stesse una proiezione politica ed istituzionale?
Chi avrà il coraggio di far propria l’indignazione rabbiosa di chi un lavoro non ce l’ha o l’ha appena perso, dello studente senza una prospettiva di futuro, del precario, dell’operaio che rischia il licenziamento, mettendosi dall’altra parte della barricata rispetto a banchieri, istituzioni finanziarie, speculatori e politici imbelli?
La verità è che quella che si è alzata in piazza ieri a Roma è la voce della politica, mentre ciò che va in scena quotidianamente nei palazzi e nei talk show è nient’altro che politicantismo, sordo ai problemi reali delle persone. È d’altronde sotto gli occhi di tutti la cesura netta che si è venuta a creare tra il politicantismo professionale e il popolo coi suoi bisogni, con le sue aspettative.
Il successo dei referendum, il ritorno di nuove forme di assemblearismo e di autogestione di spazi pubblici, anche alcune recenti vicende elettorali in grandi città come Milano e Napoli, stanno a dimostrare come il protagonismo diretto dei cittadini stia sempre più connotando lo scenario politico attuale, evidenziando al contempo come i partiti ed il ceto politico professionale non siano più in grado di rappresentare interamente i tanti segmenti che compongono il mosaico delle nostre società.
La chiamano crisi di rappresentanza. Ed è vero. Ma forse c’è qualcosa in più: una crisi della rappresentanza in quanto tale. Non escluderei che il movimento che sta crescendo in Italia ed in Europa possa avere una forza per così dire costituente, verso una nuova forma di democrazia che valorizzi anche le espressioni dirette di manifestazione della volontà popolare.
Luigi Pandolfi