Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 NOVEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

| Il 24, Nov 2011

La prima prova della carità, nel prete, è la povertà. In memoria di un frate (ricco di Spirito)

La lanterna di Diogene

La prima prova della carità, nel prete, è la povertà. In memoria di un frate (ricco di Spirito)

 

 

Non amo molto parlare di preti e sacerdoti vari, personalmente non mi stanno molto simpatici anzi, a volte penso di loro le peggiori cose che si possano immaginare, ed è consentito a noi umani. Però, c’è un ordine, quello dei Francescani che mi sta particolarmente simpatico (ed a cuore guardando il mio passato); di questi faceva parte padre Alessandro, il parroco della chiesa di San Giuseppe di Taurianova.

Il perché di questo mio ricordo nasce da due condizioni particolari, la prima sta nel suo viso da buono sempre allargato da un sorriso che ti trasmetteva come una pacca rassicurante sulla spalla. La seconda condizione nasce da una frase che lessi molti anni fa in un famoso libro di Victor Hugo, “I miserabili”, ossia che «La prima prova della carità, nel prete, è la povertà» e attraverso queste brevi parole che nutro l’ammirazione nel suo ricordo.

A differenza di tanti preti in “Hogan”, capelli tinti e sopracciglia rifatte oltre a possessori di macchine di lusso che predicano la parola di un Cristo nato e morto povero.

Non conoscevo bene padre Alessandro, ma il suo viso e la sua bontà naturale veniva trasmessa come esempio di grande positività. Dal suo sguardo gentile e buono, traevi i versi di una bella giornata di sole. Se dovessi definirlo come uomo lo assocerei a quello che Immanuel Kant scrisse nel suo “Imperativo categorico”, ossia l’uomo «si ritrova così ad appartenere a due mondi: in quanto dotato di sensi, egli appartiene a quello naturale, e perciò è sottoposto alle leggi fenomeniche di causa-effetto; in quanto creatura razionale, però, l’uomo appartiene anche al cosiddetto noumeno, cioè il mondo com’è in sé indipendentemente dalle nostre sensazioni o dai nostri legami conoscitivi, e perciò in esso egli è assolutamente libero, di una libertà che si manifesta nell’obbedienza alla legge morale che lui stesso si è dato». La “legge morale”, quella che fa parte delle nostre azioni, ossia quella che ci impone determinati comportamenti di coscienza, quella che ci fa sorridere e piangere con la stessa intensità.

Scrivere qualche riga basandosi su una sensazione è molto difficile, ed a volte quasi impossibile se non conosci bene chi stai ricordando. Questo mio ricordo, che in teoria detesto e che non amo usualmente fare, in quanto reputo inutile e a volte anche sconfinante con la demagogia, mi spinge a riflettere sui perché della vita, della morte e della gente che tende ansiosamente a ricordare figure che poi in un solo attimo li butta nel macero degli oblii o negli spazi più reconditi della mente, lì depositate solo ed esclusivamente solo per dare ogni tanto una rispolverate per ogni occasione, così come si fa con i candelabri d’argento (orribili), che chi li ha, lucida solo quando servono.

Per quel che riguarda questa rubrica e per quel che è stato “laidamente” possibile, si è dato un ricordo di un uomo che ha lasciato un’impronta importante in questa comunità, così come altri prima di lui hanno scritto delle pagine che rimarranno per sempre nei ricordi di un paese che, tra le sue sfortune, si è annoverato la presenza di uomini che hanno saputo divulgare il proprio credo e la propria dignità al servizio del popolo.

lalanternadidiogene@approdonews.it