Lea Garofalo: l’ex compagno ritratta, “non l’ho uccisa io”
redazione | Il 01, Mar 2012
Carlo Cosco in aula: “Se avessi voluto ammazzarla l’avrei fatto in Calabria”
Lea Garofalo: l’ex compagno ritratta, “non l’ho uccisa io”
Carlo Cosco in aula: “Se avessi voluto ammazzarla l’avrei fatto in Calabria”
(ANSA) – MILANO – Quando Lea Garofalo, la donna calabrese che, secondo l’accusa, venne sequestrata e poi sciolta in 50 chili di acido dall’ex compagno a Milano, ha collaborato con la giustizia “ha detto una bugia, perché non aveva la testa”. Sono queste le parole dell’ex convivente Carlo Cosco, imputato per l’omicidio e che ha reso oggi dichiarazioni spontanee nel processo milanese, sostenendo anche di non averla uccisa, perché “se la volevo uccidere, la uccidevo in Calabria”.
Nel processo davanti ai giudici della prima Corte d’Assise sono imputati, oltre a Cosco, altre 5 persone ritenute vicine dagli investigatori a una cosca della ‘ndrangheta del Crotonese e tutte accusate, a vario titolo, per il sequestro e l’omicidio della donna, che avvenne, stando alle indagini del pm Marcello Tatangelo, fra il 24 e 25 novembre 2009. La donna nel 2002 aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la famiglia Cosco e un’altra rivale, parlando anche di alcuni omicidi, ed era finita sotto protezione, programma da cui era però uscita nel 2006. Nel processo è parte civile contro il padre e gli altri imputati anche la figlia di Lea, Denise, oltre alla sorella e alla madre della donna. Oggi Cosco ha voluto prendere la parola davanti ai giudici, ai quali si è rivolto con un “siamo nelle vostre mani, abbiamo fiducia in voi, nella Corte”. Prima ha spiegato di essere “estraneo ai fatti”, aggiungendo: “La verità la so solo io e farò chiarezza. La sorella della mia ex mi ha descritto come un uomo violento e senza scrupoli, ma io vengo da una famiglia onesta di lavoratori e ho la coscienza pulita”. Il suo rapporto con Lea l’ha descritto così: “Con la mia ex non riuscivo a trovare un equilibrio familiare e di lei non me ne fregava più niente”. E ancora rivolto alla Corte: “La prova si forma in aula e non con le parole inventate”. Inventate, secondo lui, sarebbero le affermazioni messe a verbale dal pentito Angelo Cortese, che ha fornito parlando con gli inquirenti dettagli sull’omicidio. Poi il suo racconto riguardo alla collaborazione della ex compagna: “Lei mi aveva detto che aveva raccontato degli omicidi, ma mi ha detto anche che era una bugia, perché non aveva la testa”. E sui giorni trascorsi a Milano con la figlia da Lea, prima della sua scomparsa, ha affermato: “Lei voleva venire a Milano e a me faceva piacere, io quella sera l’ho riportata in albergo a tarda notte. Se dovevo ucciderla, lo facevo a Catanzaro”. Infine, sempre rivolto alla Corte: “Lasciate stare la mia famiglia e gli altri imputati, siamo tutti innocenti”. Il 26 marzo la parola passerà al pm per la requisitoria.
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