Minacce al sindaco di Rosarno, 5 anni al boss Pesce
redazione | Il 01, Mar 2012
Dal carcere aveva scritto una lettera contro Elisabetta Tripodi. Il comune si era costituito parte civile
Minacce al sindaco di Rosarno, 5 anni al boss Pesce
Dal carcere aveva scritto una lettera contro Elisabetta Tripodi. Il comune si era costituito parte civile
(ANSA) – REGGIO CALABRIA – Cinque anni di reclusione: questa la condanna inflitta dal gup di Reggio Calabria al boss Rocco Pesce, di 55 anni, per la lettera di minacce inviate al sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi il 26 agosto 2011. Pesce, detenuto nel carcere milanese di Opera dove sta scontando una condanna all’ergastolo per omicidio e associazione mafiosa, era accusato di minacce nei confronti di un corpo politico o amministrativo per impedirne o per turbarne l’attività aggravate dalle modalità mafiose. Il gup, infliggendogli cinque anni, ha accolto la richiesta del pm Rosario Ferracane. Il boss scrisse la lettera proprio dal carcere esprimendo “rammarico e disappunto per il fatto che il Comune di Rosarno si è costituito parte civile nel procedimento penale a carico mio e della mia famiglia dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle istituzioni, dei commercianti e degli abitanti del comune di Rosarno. Ritengo, inoltre, di non avere recato alcun disturbo al quotidiano cittadino e, tanto meno, inquinato l’aria che respirate”. “La cosa che più mi ha sconcertato – scriveva ancora Rocco Pesce a Elisabetta Tripodi – dato la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta per la sua serietà e personalità che gode di ottima etica professionale, è stata la sua esternazione, manifestante giudizi affrettati sicuramente influenzati da pregiudizi mediatici. Io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti famigliari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi. Mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”. “Voglio che lei sappia – concludeva la lettera di Pesce al sindaco – che sono in galera da più di 20 anni innocentemente, ma il problema non è solo questo. Nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba e mi fa soffrire è che l’ amministrazione comunale di Rosarno ha tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini, anziché i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno. E questo forse perché non godono di sovvenzioni della Comunità europea, a differenza dei clandestini?”.