35 anni fa l’omicidio di Rocco Gatto a Gioiosa Jonica
redazione | Il 12, Mar 2012
Il web ricorda il mugnaio che si oppose alle cosche della Locride
35 anni fa l’omicidio di Rocco Gatto a Gioiosa Jonica
Il web ricorda il mugnaio che si oppose alle cosche della Locride
(ANSA) – CATANZARO – Il 12 marzo 1977, a Gioiosa Jonica, in un agguato di stampo mafioso veniva ucciso a colpi di lupara Rocco Gatto. Un uomo onesto, un mugnaio che non si volle piegare alle intimidazioni della mafia. La ‘ndrangheta gli aveva imposto di pagare la mazzetta e lui denunciò ai carabinieri quel che aveva visto e quel che sapeva. Oggi il popolo del web lo sta gia’ celebrando fin dalle prime ore, riproponendo la sua storia, il simbolo di Rocco Gatto, il mugnaio che sfidò la ‘ndrangheta. Questa e’ una delle ricostruzioni più presenti oggi sul web, significative di quello che avvenne e su cui varie associazioni, da anni, Stop ‘ndrangheta e daSud ad esempio, stanno accentrando la loro attenzione e il loro lavoro. Rocco Gatto aveva sempre lavorato per dare un futuro alla famiglia. Nato nel 1926, era il primo di 15 figli. Aiutava il padre Pasquale in un mulino, a Gioiosa Jonica, e nel 1964 ne divenne proprietario. Iniziarono per lui le prime richieste estorsive ma Rocco, uomo tutto d’un pezzo, aveva il carattere fiero del padre che, ai tempi del fascismo, non aveva voluto indossare la camicia nera. Una famiglia di comunisti, che non accettavano imposizioni, né dal padrone né dal capobastone. Provarono a piegarlo: furti ed incendi nel mulino, minacce alla sua persona; gli rubarono persino gli orologi da collezione, che riparava per passione. A Gioiosa c’era don Natale Bianchi, un sacerdote del dissenso, in rottura con il clero ufficiale dopo lo scontro avuto con il prete di Africo, don Giovanni Stilo. Don Bianchi guidava una comunità di cristiani che si batteva per moralizzare la Chiesa, per emancipare l’essere umano, per contrastare la ‘ndrangheta. E nella Locride passò un carabiniere di ferro, il capitano Gennaro Niglio, poi generale, morto troppo presto, indimenticato da queste parti, la ‘ndrangheta la combatteva per davvero. Una domenica di novembre era giorno di mercato ed a Gioiosa arrivavano ambulanti e visitatori da tutta la provincia. La ‘ndrangheta, armi in pugno, fermo’ i commercianti alle porte del paese per rispedirli a casa. Sancirono la chiusura dei negozi. Imposero il lutto cittadino in onore di un capocosca ucciso. Di parlare, di denunciare nessuno se la sentiva, non si aveva il coraggio per farlo, tranne il mugnaio comunista. Rocco raccontò i fatti e fece i nomi ai carabinieri, confermandoli davanti ai Giudici di Locri. Era il 12 marzo del 1977. Lo aspettavano lungo la provinciale che portava a Roccella Jonica, sotto un ponticello. Rocco era alla guida del suo furgone per raccogliere i sacchi di grano da macinare. Con sé aveva il fucile da caccia, carico. Alle 6.30 scattò l’agguato. Tre colpi, in rapida successione, di lupara. Rocco rimase alla guida del mezzo, fermo poco più avanti, freddato e straziato da una pioggia di pallettoni che, all’istante, lo strapparono dalla vita. Morì per come aveva vissuto. Il popolo di Gioiosa non stette a guardare, reagì, scese in piazza. Da subito, Pasquale Gatto, il padre di Rocco, accusò la ‘ndrangheta. Alzò la voce per mesi, tanto che qualcuno aveva in mente di profanare la tomba di Rocco, proprio per lanciare un messaggio intimidatorio. Pasquale non aveva paura, continuava a chiedere giustizia. Lo fece anche di fronte al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto in Calabria nel 1982 per donare alla famiglia Gatto la Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria di Rocco. Parole commoventi, tanto che il Capo dello Stato non osservò il cerimoniale e decise di abbracciare quel vecchio in lacrime. Pasquale portò avanti per tutta la vita la sua battaglia, anche dopo le condanne, che ritenne non adeguate. Oggi c’é un murales in piazza Vittorio Veneto, a Gioiosa, opera di coraggiosi giovani che ricorda Rocco Gatto e la sua lotta.
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