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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 14 NOVEMBRE 2024

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Elezioni amministrative

Elezioni amministrative

| Il 10, Mag 2012

Editoriale di Bruno Morgante

Elezioni amministrative

Editoriale di Bruno Morgante

 

 

Domenica e lunedì si sono tenute le elezioni amministrative per il rinnovo di circa 1500 amministrazioni comunali sparse in maniera omogenea in tutto il territorio italiano, tra cui molti capoluoghi di provincia e comuni superiori a 15.000 abitanti.

Sono stati coinvolti circa dieci milioni di elettori.

I risultati si possono così sintetizzare: si abbassa notevolmente la partecipazione, soprattutto al nord, non arrivando al 70% dei votanti; crolla il PDL; dimezza i voti la Lega; si sfalda il terzo polo che è stato assente, dato che ognuno dei componenti ha stretto alleanze autonome; perdono voti IDV e SEL; perde voti, ma tiene il PD; si afferma, divenendo il terzo partito, il movimento Cinquestelle di Grillo.

Unica eccezione tra i vecchi partiti il PSI di Riccardo Nencini conquista voti e 12 sindaci al primo turno in Toscana, Veneto, Puglia, Calabria e Sicilia.

In Calabria gli eletti sono Tonino Santagada a Castroreggio, Francesco Mundo a Trebisacce, Antonio Basile a Belsito, mentre Giovanni Papasso, appoggiato dal centrosinistra, è andato al ballottaggio a Cassano allo Ionio.

I commenti dei partiti, oltre a negare la flessione di voti (nel caso del PDL la debacle), tendono a far sentire in colpa gli elettori per il successo del movimento 5 stelle, i cosiddetti grillini.

Sono tutti preoccupati per la deriva greca che può prendere il nostro sistema politico, tenuto conto che PDL e PD sommati insieme non hanno la maggioranza assoluta, e che il voto ai grillini connota l’antipolitica, per cui non è disponibile per formare governi.

Qualcuno si è spinto a prefigurare, per salvare l’Italia, una legge elettorale con uno sbarramento del 15%, cosi i grillini rimarranno fuori, insieme ai partiti “estremisti” (?!!), mentre i maggiori partiti potranno garantire governabilità all’Italia.

La prima domanda che uno si pone è per quale motivo un voto fuori dai partiti tradizionali è un voto all’antipolitica e potenzialmente eversivo. Sicuramente è un voto contro gli attuali politici, non contro la politica, visto che questi, come parassiti, sono abbarbicati alla poltrona e ormai scambiano i loro interessi e il mantenimento dei privilegi, che loro stessi si sono accordati, con l’interesse generale.

La seconda domanda è per quale motivo solo gli attuali partiti, con questi uomini, possono garantire governabilità all’Italia. Viene da pensare che per questi signori governabilità vuole dire continuare a garantire privilegi, prebende, impunità per lo sperpero della spesa pubblica, in cambio della loro inamovibilità al potere.

Le persone sono chiamate a fare sacrifici per anni, senza nemmeno sapere se saranno sufficienti per uscire dalla crisi, per tamponare una situazione fallimentare, che gli attuali politici hanno creato o aggravato, mantenendo un sistema di sprechi, di privilegi, di corruzione, di copertura dell’evasione fiscale e pretendono pure di colpevolizzarle se sono incazzate e lo vogliono esprimere con la scheda. Signori è il bello della democrazia.

Buona parte di voi, per il bene del paese, si metta da parte dopo aver adempiuto al dovere minimo di fare le leggi di cui il paese ha bisogno, sicuramente più bisogno delle tasse che avete votato in pochissimo tempo e che rispondono alla necessità di copertura congiunturale di costi, mentre alcune riforme avrebbero un effetto strutturale con benefici nel tempo.

Se avete a cuore il destino del Paese approvate velocemente una nuova legge elettorale; la legge di regolamentazione dei partiti (attuando l’art. 49 della Costituzione), che debbono avere personalità giuiridica con statuti depositati in tribunale e con garanzia di vita democratica all’interno con la tutela dei diritti delle minoranze e degli iscritti; la legge anticorruzione, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per gli eletti che usano il loro potere a fini di arricchimento personale; il dimezzamento dei parlamentari; l’adeguamento degli appannaggi dei rappresentanti del popolo ai vari livelli istituzionali, sia rappresentativi che esecutivi, al rapporto che c’è tra un operaio tedesco e uno italiano ( non si capisce perché un operaio italiano debba avere uno stipendio pari a quasi la metà di quello tedesco e un parlamentare italiano ci viene a spiegare che è giusto che abbia emolumenti pari al suo omologo tedesco); l’elezione di una assemblea costituente; l’abolizione delle province, delle comunità montane; lo scioglimento dei consorzi di bonifica vallivi e montani; la dismissione di tutte le società regionali, provinciali, comunali che si occupano di agricoltura, forestazione, commercio, industria.

Non toccate i piccoli comuni o non continuate a diminuire i membri dei consigli comunali dei piccoli comuni con il pretesto di tagliare i costi della politica, perché in questo caso restringete gli spazi di partecipazione democratica, in quanto un consigliere comunale di un piccolo comune costa non più di 50 euro lorde l’anno.

Al personale in esubero venga garantito lo stipendio, ma si chiudano definitivamente centri di spesa, di clientele, di nomina di amministratori tra i politici trombati con stipendi superiori al primo ministro britannico.

Se ci mettete l’impegno profuso in altre occasioni molto meno importanti in pochi mesi potete regalarci questo cambiamento e poi buona parte di voi, che calcate la scena da più di venti anni, fateci il piacere di farvi da parte per dare credibilità ai vostri partiti e alla politica.

Ancora avete questa chance per finire in bellezza, recuperando in extremis il vostro onore e per dare senso a un impegno politico di una vita.

Se non lo capite e continuate a ragionare sentendovi al centro dell’universo verrete spazzate via in malo modo alle elezioni della prossima primavera.

Sicuramente saranno drammi per il paese, ma non siete voi abilitati a mettere in guardia l’elettore, in quanto voi rappresentate la mezzanotte e, come dice un vecchio adagio popolare, più buio della mezzanotte non può venire.

Venti anni fa venne spazzata via una classe dirigente, che non capì la necessità di cambiare e di mettersi in discussione di fronte a una crisi economica e sociale molto meno grave di quella attuale.

Oggi si rischia la stessa cosa con effetti più devastanti per la tipologia della crisi che stiamo vivendo e, con chiarezza, dobbiamo dire che se dovessimo entrare in un periodo di instabilità e di ingovernabilità la responsabilità non sarebbe dell’elettore, ma dell’attuale classe dirigente.

Ancora si è in tempo per un sussulto di dignità e di senso dello stato e per dare corpo e significato all’assunto che i partiti sono il pilastro della democrazia.

redazione@approdonews.it