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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 23 DICEMBRE 2024

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Noi non siamo “l’altro figlio”

Noi non siamo “l’altro figlio”

| Il 09, Giu 2012

Oreste Romeo (Scopelliti presidente) invoca l’aiuto dello Stato per risollevare le sorti della Calabria

Noi non siamo “l’altro figlio”

Oreste Romeo (Scopelliti presidente) invoca l’aiuto dello Stato per risollevare le sorti della Calabria

 

 

Charlie Chaplin tracciava la linea di demarcazione che separa la coscienza dalla reputazione, sottolineando come la prima riguardasse la nostra reale identità, mentre la seconda fosse solo espressione di ciò che gli altri pensano di noi.

Il grande Artista rivolgeva, quindi, senza esitazione alcuna, l’invito a privilegiare sempre ciò che si è, ovvero la coscienza, ed aggiungeva che la reputazione è destinata a rimanere solo un problema degli altri.

Questa distinzione può aiutare ad affrontare il tema, di stringente attualità, che ci vede riuniti in una fertilissima occasione di confronto pubblico, perché non passano inosservati i recenti avvenimenti che hanno proiettato la splendida cittadina che ci ospita ad una notorietà che di sicuro non le appartiene, almeno nella sua stragrande maggioranza.

E’ destinato a crescere in maniera esponenziale il convincimento che il proposito di riscatto dai retaggi del passato rappresenti un patrimonio di sempre più larga condivisione.

In quanto tale, lungi dall’essere brandito in chiave strumentale e speculativa, come avviene con sempre maggiore frequenza, quel patrimonio deve registrare un impegno comune che lo ponga ad oggetto di incondizionata tutela ed efficace valorizzazione.

Il che vale senz’altro per la civilissima comunità Sidernese, la quale, sotto questo delicato profilo, ben può essere indifferentemente assimilata alla cittadinanza reggina ovvero, complessivamente, a quella regionale.

La singolare ed atipica tendenza è talmente consolidata che essa potrebbe essere negata solo ed unicamente da chi si avvicinasse all’esame della problematica con il pregiudizio sovente alimentato da un circuito mediatico pigro nella superficialità delle sue analisi, quando non asservito alla faziosità di un’ideologia strumentale ed autoreferenziale.

Tutto ciò è intollerante incultura che fortunatamente non intacca l’animo e la mente della gente della Locride e della sua guida spirituale, S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini.

Interpretando in maniera assai fedele il radicato sentimento popolare, l’esortazione che il Vescovo ha pubblicamente rivolto perché il Sindaco Ritorto ritorni sulla decisione di dimettersi da un mandato conferitogli da un ampio consenso popolare, rivela l’amore che porta un padre ad avere una diversa attenzione verso quello tra i figli che per le più disparate ragioni si trovasse in difficoltà per non avere avuto le stesse opportunità alle quali ha avuto invece accesso il resto della prole.

Al di là di sterili piagnistei vittimistici, ai quali non è mia intenzione abbandonarmi, reputo opportuno articolare le mie odierne riflessioni prendendo le mosse dall’anomalia che ha accompagnato l’Unità d’Italia di cui il Mezzogiorno porta visibili i segni sulle proprie carni, per tali intendendo la condizione di colpevole abbandono che ha creato il terreno ideale perché si consumassero a danno del Sud atti di vero e proprio autocannibalismo.

Il Sud negli anni ha subito un vero e proprio martirio dall’incontrastato dominio delle organizzazioni criminali, che ne hanno fatto scempio assoluto, soprattutto in ambito culturale, come evidenzia l’affermazione della più intollerabile delle regole, quella dell’assoggettamento al silenzio della popolazione, annichilita e ridotta alla rassegnazione..

E se lo stesso trattamento, un vero e proprio doping, hanno subito il contesto imprenditoriale e quello politico, ciò non è ascrivibile alla sola capacità criminale dei signori della lupara.

La piaga dell’anonima sequestri, che ha devastato in due decenni la millenaria ospitalità delle nostre genti, si è dissolta in un baleno non perché nella Locride lo Stato inviò gli inutili e scenografici Nuclei Antisequestri, ovvero perché pose ipocriti divieti di legge di pagamento dei riscatti, per di più assistiti dall’altrettanto ipocrita obbligatorietà di misure come il blocco dei beni della vittima di quell’odioso delitto e dei suoi familiari.

Né l’autorevolezza dello Stato si manifestò in occasione della strage di Duisburg.

La celebrazione delle esequie delle vittime dell’euromassacro venne autorizzata solo a seguito di un incontro riservatissimo dell’allora Prefetto di Reggio Calabria con il Vescovo di Locri del tempo.

Nessuno afferma che in quell’occasione si svolse una “trattativa”, ma nessuno esclude che essa sia avvenuta in termini polarmente opposti a quelli narrati dall’ufficialità.

Analogamente, nessuno può coltivare certezze su quanto sarebbe avvenuto a due soli mesi di distanza, allorchè il Prefetto venne spedito a Genova, mentre il Presule, pressoché in contemporanea, andò incontro al trasferimento in quel di Campobasso, chissà mai perché mal digerito dall’interessato.

Non compete certamente a me dire se la logica di quei trasferimenti sia stata quella del classico promoveatur ut amoveatur, ma è certo che un tentativo di recupero della mortificata autorevolezza dello Stato si registrò solo in epoca successiva e comunque in termini di repressione, ex se non completamente soddisfacente nell’ottica di una efficace tutela della sicurezza e della libertà del cittadino comune.

Emblematico sembra anche il più recente e non meno inquietante caso della cosiddetta Talpa della DDA reggina che ha visto le Forze dell’Ordine captare conversazioni da cui è apparso sin da subito chiaro che un giovane commercialista reggino, definito da autorevole fonte interna collaboratore dei servizi di sicurezza italiani, era in grado di spifferare notizie riservatissime a soggetti interessati da indagini, addirittura anticipandogliene gli esiti con la precisione che da sempre caratterizza gli orologi di marca svizzera.

Il richiamo di queste sconcertanti esperienze consumatesi a Reggio Calabria e nella sua Provincia vuole solo consentire una asettica lettura dell’attualità.

E dunque, riflettendo sulle vicende Sidernesi, così come sull’invio della Commissione d’Accesso al Comune di Reggio Calabria, sento di affermare che un grave errore si è già consumato.

La trasversalità che dovrebbe unire il fronte anti-ndrangheta, e che qualche anno addietro ha consentito il varo dell’importante legge Lazzati, rischia nei fatti di rimanere compromessa dalla divisione determinata dalla poco commendevole e non sufficientemente drenata bramosia di rivalsa coltivata da chi è rimasto soccombente in sede elettorale.

Né si avverte remora alcuna nell’affrontare il rischio che questo accidentato ed insidioso percorso possa comportare una battuta d’arresto del non semplice processo di affermazione della Legalità.

Questo irrinunciabile obiettivo potrebbe non conoscere l’agognato unanimismo a causa della disgregazione che accompagna la scriteriata intransigenza di stampo giustizialista ormai sempre più spesso piegata a fini di parte.

Non si comprende quale necessità abbia avvertito la minoranza consiliare di Siderno per abbandonarsi all’isteria dell’annuncio di clamorose, poi rientrate, dimissioni nelle mani del Prefetto, privando di dignità il civico consesso che era e resta la sede naturale all’interno della quale dibattere delle questioni agitate a seguito dell’Operazione “Falsa Politica”.

Insomma, per l’ennesima volta quella parte politica ha sacrificato il pubblico confronto alle “scorciatoie” che portano all’interno del Palazzo, che comunque, nel caso sidernese, ha saputo ridurre alla ragione la delegazione cittadina e quella parlamentare di un Partito che tenta di coprire le divisioni che lo lacerano dichiarandosi “NON UNITO”.

Oggi, l’autorefernzialità della politica presenta ben visibili i connotati delle diatribe interne ad una parte politica che compromettono e tradiscono vilmente la missione dei Partiti di saper essere cerniera tra le Istituzioni e l’interesse dei cittadini all’elaborazione di progetti di crescita e sviluppo della comunità.

E dunque una scelta virtuosa non può che essere quella della piena condivisione dell’obiettivo che segue al coinvolgimento ed al sinergico confronto della Famiglia, della Chiesa, delle Istituzioni locali, delle Forze di Polizia, delle Associazioni impegnate sul versante sociale, della Magistratura.

Ritornando, adesso, al senso del confronto tra reputazione e coscienza, in Calabria le parole di Charlie Chaplin non sono rimaste inascoltate, e si tende a privilegiare la realizzazione dell’identità di una comunità regionale moderna, coesa, dinamica ed aperta al confronto con le altre realtà territoriali per concorrere alla ripresa di una Nazione in grave affanno.

Uno spazio importante lo hanno conquistato consapevolezza e volontà di rendere priva di significato la reputazione che abbiamo ad altre latitudini, ed in quest’ottica non appare frutto di mera casualità il fatto che dalle nostre parti trovi limitato accesso l’antipolitica che affligge il resto della Penisola.

La gente del Sud, nella sua pressoché totale interezza, ha già avviato un percorso che la colloca a sensibile distanza da logiche criminali che oggi respinge come prima non riusciva a fare: apertamente, cioè in violazione della desueta regola dell’omertà, e con la fermezza che l’Italia intera ha potuto solo apprezzare allorquando sono state stroncate due giovani vite, quelle di Francesco Inzitari e Fabrizio Pioli.

Preoccupa, invece, il confronto al quale lo Stato è tenuto a fare tra la propria coscienza e la propria reputazione.

Al Sud si percepisce l’incapacità dello Stato di superare un risalente strabismo di favore verso il Nord, e ciò mortifica le enormi potenzialità dei nostri territori, vera e propria risorsa da spendere in un Mediterraneo sempre più preda dell’aggressività delle speculazioni delle potenze asiatiche.

Il Governo non lancia alcun segnale che non sia quello di negare lo sviluppo del quale ha bisogno l’Italia prima del Sud, che continua a languire nel gravissimo e storico deficit di tipo infrastrutturale in cui versa e nel drammatico acuirsi della crisi occupazionale che investe le nuove generazioni.

In conclusione, un tessuto sociale ed economico già di per sé debole, ma prossimo al collasso in mancanza di un’inversione di rotta, attende che lo Stato si ponga un problema di coscienza, ammettendo le proprie responsabilità con l’adozione di provvedimenti mirati allo sviluppo, risparmiando il bastone al quale ha storicamente abituato il Sud e che in epoca recente ha assunto addirittura l’ineffabile veste delle Commissioni d’Accesso Antimafia.

Sembra quasi il dramma della popolana protagonista di una novella pirandelliana, che, lontana dai figli emigrati in America, vive insieme al figlio nato da uno stupro dalla stessa subito dal brigante che le aveva anche ucciso il marito.

La Calabria non può essere “l’altro figlio”, il figlio non voluto su cui ricade il dramma della mancanza di quell’amore che la madre istintivamente non riesce a trasmettere.

E dunque, lo Stato, se ne è capace, ci riservi non la carota, ma una piena assunzione di responsabilità, e dica una volta per tutte da che parte sta.

E Dio voglia che sia quella del sacro rispetto che si deve alla volontà popolare democraticamente espressa per conseguire obiettivi di crescita e di sviluppo, non già quella di confonderla con gli scellerati propositi di una sparuta minoranza da isolare.

LISTA SCOPELLITI PRESIDENTE

Il Coordinatore Provinciale di Reggio Calabria Avv. Oreste Romeo

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