A San Sosti ultimo atto del “Premio Mario Carbone” Domani la premiazione dei vincitori del concorso fotografico "I gesti del lavoro"
di Roberta Strano
Domani, 26 settembre, alle ore 16,00 presso la sala convegni “Villa San Giuseppe” a San Sosti in provincia di Cosenza, si svolgerà la cerimonia di premiazione del concorso “Mario Carbone”, giunto quest’anno alla sua seconda edizione.
Il concorso, organizzato dall’associazione Movendo Lux, dall’Associazione Porte Aperte, dalla Consulta Giovanile del Comune di San Sosti e dall’Amministrazione Comunale, è dedicato al fotografo Mario Carbone che presiederà alla giuria, che è composta da professionisti del mondo della fotografia. Il maestro con i suoi collaboratori si troverà a giudicare ogni singola fotografia inviata dai partecipanti.
Due giorni fa, il 23 settembre, durante l’inaugurazione della mostra “Volti e luoghi di Calabria” di Francesco Cariati, Carbone ha potuto ammirare con attenzione le opere del “giovane” fotografo Cariati.
L’incontro del maestro con i nuovi fotografi è da considerarsi uno degli obiettivi del Premio.
La cerimonia si aprirà con i saluti del sindaco di san Sosti Vincenzo De Marco e dall’assessore alla cultura Franco Boncompagni.
Ad introdurre l’evento saranno Rocco Brancati giornalista RAI e Giuseppe D’Addino, biografo e documentarista.
Seguirà l’incontro con Mario Carbone e Blasco Giurato, direttore della fotografia, entrambi testimoni degli eventi più importanti della storia d’Italia dagli anni ’60 in poi e che hanno fatto dell’osservazione diretta la loro professione.
Mario Carbone
Nato San Sosti (Cosenza) nel 1924, Mario Carbone apprende giovanissimo il mestiere di fotografo – dal ritocco alla stampa, dalle foto-tessera ai ritratti degli sposini, svolgendo un lungo apprendistato prima nella natia Calabria e poi a Milano, dove lavora anche nello studio di Elio Luxardo.
Nel 1955 si trasferisce a Roma e inizia la sua attività in ambito cinematografica come operatore, direttore della fotografia e quindi regista di documentari. Per molti anni continua comunque a collaborare con altri registi di non fiction, fra cui Libero Bizzarri, Romano Scavolini e Raffaele Andreassi. Per quest’ultimo cura la fotografia de I vecchi (1959), conquistando così il suo primo Nastro d’Argento.
Con una propria cinepresa, decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali: un’attività quasi volontaria, che prosegue per tutti gli anni sessanta, anche grazie al rapporto che si stabilisce con la Unitelefilm, la società di produzione promossa dal Partito Comunista Italiano. Nel corso del decennio, racconta le lotte operaie alla Zanussi (Uomini nella fabbrica, 1964), l’occupazione delle terre a Melissa, in Calabria (Sedici anni dopo, 1967), la condizione del lavoro contadino (Dove la terra è nera 1966), nonché la rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma nel fatidico 1968.
Oltre che per i documentari di impronta neorealistica, Carbone si fa notare per il linguaggio moderno, da inchiesta giornalistica, dei suoi corti, che affrontano un ampio spettro di tematiche sociali: handicap e malattia (Anche noi parliamo, 1967; Alla fine dell’arcobaleno, 1968), barriere architettoniche urbane (La città ci è nemica, 1962), conflitti generazionali e nuove mode giovanili (Il muro dei giovani, 1961; Capelli fuori legge, 1962; Mini show, 1963).
Nel 1964 vince il Nastro d’Argento con un documentario sull’abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria). Lo stesso anno parte per l’India, dove realizza con Giuseppe Ferrara due film prodotti dall’Eni, cogliendo l’occasione per fotografare scene di vita quotidiana nelle grandi città (Calcutta, Bombay, Madras, New Delhi), ma anche in villaggi sperduti.
Nel 1967, conquista il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia con Firenze, novembre 1966, folgorante testimonianza in bianco e nero sulla drammatica alluvione, confezionato con testi di Vasco Pratolini letti da Giorgio Albertazzi. Come altri documentaristi della sua generazione, Carbone ha coltivato la passione per un cinema capace di eleggere a soggetto l’attualità sociale e civile, ma anche quella culturale: l’arte, la letteratura, la musica e il teatro.
Con una casa di produzione fondata ad hoc, la DARC, Carbone realizza serie divulgative destinate alle scuole (Attraverso l’arte moderna, 1979), programmi per la tv (Astisti allo specchio, a cui partecipano maestri di generazioni e scuole diverse: da Enrico Baj a Mimmo Paladino, da Carla Accardi a Mario Schifano), ma anche documentari legati a singoli eventi artistici.
Nel corso degli anni Novanta, con la fine di Astisti allo specchio e quando ormai l’elettronica sostituisce definitivamente il cinema documentario, Carbone è costretto a chiudere la sua casa di produzione e a disfarsi delle sue preziose macchine da presa e moviole. Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le ricerche e gli eventi espositivi legati al lavoro di Mario Carbone, il suo straordinario archivio foto-cinematografico attende tutt’ora di essere adeguatamente valorizzato in maniera organica.