A Taurianova c’è una “Via Almirante”, forse, andrebbe rimossa? Il sindaco Scionti faccia un atto di coraggio, dedicandola a vittime innocenti del nazismo, o magari, di mafia? E quanti sarebbero d’accordo?
Prefazione “Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana” (Albert Einstein)
«Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue». Questa terribile e vergognosa “elucubrazione” venne scritta il 5 maggio del 1942, da un uomo definito da molti, nel dopoguerra, un grande statista (?), si chiamava Giorgio Almirante. Questo testo era uscito nella rivista “La difesa della razza” nel periodo bellico, quattro anni prima erano in vigore quelle leggi vergogna definite “razziali”, precedute da un “manifesto della razza” firmato da dieci professori universitari nel luglio del 1938 e di altre firme, tra cui…avete capito!
Nei fatti, più che uno statista fu un “repubblichino” nonché accolito di quella parentesi voluta dalla Germania nazista dopo la sfiducia del Duce nel Gran Consiglio del 1943, alla “Rsi”, la repubblica sociale italiana (o di Salò). Quel “fascismo” di Benito Mussolini, dove oggi la Costituzione italiana, per citare Piero Calamandrei, è figlia del sacrificio di molti giovani “perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta”, lo considera un crimine se si perpetra l’apologia, recependo quella che fu la “Legge Scelba” sul divieto della costituzione del partito fascista.
È inutile ripercorrere il passato anche perché, quel passato dovrebbe essere memoria indelebile perché “quelli che non sanno ricordare il passato, sono condannati a ripeterlo”, e oggi tra “ceppi” e tiri al bersaglio sul migrante, ne abbiamo qualche (triste) assaggio. E poi di revisionismi storici ne abbiamo davvero le scatole piene.
A Taurianova, l’uomo che scrisse quelle aberranti parole e che mai rinnegò quella dittatura che scrisse le pagine più vergognose d’Italia, ha una targa che porta il nome di una strada, c’è (ahimè) “Via On. Giorgio Almirante”. Vi garantisco che non si tratta di uno scherzo (di pessimo gusto), perché si trova in un’intersecazione con la via San Giovanni dei Rossi.
Certo, qualche “cullatore” repubblicano lo definì come quello che “Seppe condurre nell’alveo della democrazia quegli italiani che, dopo la caduta del fascismo e la sconfitta della Repubblica sociale, non si riconoscevano nella Repubblica italiana del 1948”, ma lui mai rinnegò quella storia né quella vergogna antisemita, visto che anch’esso parlava di “attestati di sangue”.
Rovistando nella toponomastica taurianovese, mancano uomini che hanno dato la vita affinché fosse consentita quella stessa democrazia e ugual libertà in questo terzo millennio per consentire finanche di dedicare una via a dei “fascisti”. Comprendo l’amnistia di Togliatti dove ne beneficiò anche Telesio Interlandi che di quella rivista fu il direttore e dove Almirante era segretario di redazione (e grazie a quella benevolenza poté fare il deputato per dieci legislature, oltre andare all’europarlamento). Caduto Mussolini al Gran Consiglio, Almirante approdò come capo di gabinetto del Minculop (Ministero della Cultura Popolare, ministro Fernando Mezzasoma), ovvero il ministero della propaganda fascista nella repubblica sociale di Salò, e dove pubblichiamo anche un documento (del 10 aprile 1944) a sua firma in cui ordinava la fucilazione di tutti i partigiani che non avessero deposto le armi.
Ma, ad esempio, non c’è una via dedicata a Sandro Pertini, il più amato Capo dello Stato della storia repubblicana, che di quel fascismo ne fu prigioniero, così come grandi intellettuali tra i quali, i fratelli Rosselli che furono vittime (assassinate) di quell’atroce dittatura o come Piero Gobetti, nomi che ai giovani sembrano emeriti sconosciuti, ma che sulle loro idee furono poste le fondamenta della libertà democratica con la quale oggi conviviamo. Non esiste inoltre una via a Enrico Berlinguer, quest’anno ricorre il 35° anniversario della sua scomparsa. Colui che ruppe con l’ex Unione Sovietica, che prese le distanze nette e decise con quell’ala terroristica degli anni ’70, e non starò qui a dire quanto fosse amato da un intero popolo, non solo di sinistra (e apprezzato anche dallo stesso Almirante che andò ai suoi funerali, rendendogli onore).
Ovviamente ho cercato di sintetizzare il tutto con un’ampia prefazione (e mi scuso se sono stato “filippico”), ma per dire cosa? Semplicemente chiedere al sindaco Fabio Scionti, un “atto dovuto” per amore dei valori democratici di questo paese, ossia quello di rimuovere quella via perché mentre altri litigano in merito a determinati valori per delle inopportune intestazioni di vie a personaggi come Almirante (vedi Roma), noi come sempre a Taurianova ci differenziamo tra il silenzio e l’indifferenza nella sempreverde teoria “fuori il mio culo, dove piglia piglia”. Ma visto che Taurianova “è verbo leggere”, è cultura, è arte, quindi, essere in linea con dei principi, stona quell’intitolazione. Certo i soloni del qualunquismo diranno che ci sarebbero altri problemi da risolvere e che questa è una futilità, ma l’una non esclude l’altra.
Magari, che ne so, sostituendo l’intestazione con le vittime della shoah, i morti causati dal nazi-fascismo nei lager, nelle Fosse Ardeatine o in molti altri centri italiani come, una su tutte, Marzabotto? Perché poi, paradossalmente, a pochi metri c’è un’altra via in contraddizione netta, ossia “via dell’Aventino” (sic!). Mi chiedo, vorrai vedere che dopo tanti anni abbiamo un sindaco coraggioso che tuteli il proprio paese dalle ingiurie e calunnie provenienti dall’esterno, tra sedicenti antimafiosi e qualche giornalista che per uno spicciolo di gloria (e di parvenza), menzionano sempre la “testa mozzata” del ‘91? Magari, dedicando quella via ai fratelli Grimaldi, sì proprio a loro, (vere) vittime innocenti di mafia, uno è quello della testa mozzata, Giuseppe (detto Peppino) e il fratello Giovanni. Persone oneste, semplici, perbene e di sana rettitudine morale, ai quali un destino atroce, non dipeso da loro, gli ha fatto fare un’orrenda fine (che non meritavano). Argiroffi il sindaco dell’intestazione di una “vineda” quello accusato di averci lasciato solo poesie (e anche diversi miliardi di vecchie lire), con la cultura nei suoi quattro anni post faida, cercò di sopperire all’onta cui era sottoposta la città.
Sindaco Fabio Scionti, ce l’abbiamo questo coraggio, lei che dovrebbe essere il sindaco del cambiamento? Nella speranza che in merito a questa pubblica proposta nessuno si volti dall’altra parte, ma accompagni e abbracci la causa.