A Taurianova non c’è pace nemmeno per la “Mietitrice” di Alessandro Monteleone Città d’arte? No, di teppisti come patrimoni culturali “incolti” come la Villa Comunale: in un habitat da perdizione
“Avrei voluto dedicare una canzone…”, sì, avrei voluto dedicarmi agli elogi per il grande lavoro che stanno facendo gli “Amici del Palco” e i “loro” Madonnari. Appuntamento annuale che oramai è diventato un punto di riferimento regionale dove la città si colora di arte e bellezza. E dove ogni istante che si vive in quei momenti si respira quel profumo inebriante della cultura di strada.
Ma sempre di arte vorrei parlare, di quell’arte ahimè perduta, vituperata, abbandonata e soprattutto derisa, vessata e vandalizzata. Forse è il momento meno adatto per fare polemica, l’arte per condizione regna sovrana in questa terra fatta di poeti, santi e navigatori e…vandali.
Eppure sono trascorsi poco più di due anni dalla donazione alla città della scultura del grande artista taurianovese Alessandro Monteleone, ovvero “La Mietitrice”. Nella metà di giugno del 2017 era stata posizionata in un terreno incolto al centro della città. Un terreno che di solito si nota in quei bombardamenti del medio oriente, dove regna morte, siccità e desolazione, che comunemente a Taurianova viene chiamata Villa Comunale Fava. Tant’è che per il suo abbandono non è degna né all’altezza di avere il nome di un servitore dello Stato caduto per mano mafiosa. Oltremodo erano stati pure impiantati anni fa sottoterra delle cisterne per la raccolta d’acqua, e che a questo punto non si comprende l’utilità, forse in caso di guerra per averne una riserva?
Da quel giugno 2017 sopra un piedistallo in cemento armato era stata posizionata l’opera del Monteleone, donata dalla figlia dell’artista, ed era stata accompagnata anche da una cerimonia di inaugurazione alla presenza delle autorità comunali e di altri, ed era stata anche “ornata” bene con ciottoli bianchi e faretti che illuminavano la scultura, in maniera tale che potesse avere una sua visibilità culturale in termini di immagine per la città.
Tant’è che all’epoca il sindaco Fabio Scionti dichiarò che quest’opera rappresentava “un primo importantissimo passo verso la valorizzazione culturale della città”. Ha detto proprio così nel 2017. E la Villa era sempre la stessa, così come i servizi igienici non funzionavano allora, come oggi. Come “valorizzazione culturale”, forse aveva azzeccato perché stamani a distanza di due anni (ri)troviamo un’anima in pena seppur inanimata, in quanto la scultura si presenta ossidata e trascurata dalle intemperie del tempo. Sempre più sola e abbandonata, come un qualcosa che una volta imbellettato per pura parvenza, una volta che non serve più, viene buttato e dimenticato al suo destino.
E in metto a questo mare di incertezze ci si mettono anche i vandali di paese, degli scostumati che ignorano non solo l’arte e la cultura come retaggio incivile ma anche il rispetto per la città. In poco più di due anni sono spariti i faretti, i ciottoli bianchi dove all’indomani dell’inaugurazione li trovavi dappertutto finanche in Piazza Italia, e vedevi dei bambini che prendevano quei sassolini, in molti casi sotto lo sguardo indifferente dei genitori. E magari sono gli stessi che si lamentano del sindaco perché non tappa le buche, sulle bollette dei tributi o altre questioni sia verbali che da “tastiera”. E c’è di più, alcuni testimoni avrebbero detto pure che hanno trovato una barra metallica che forse poteva servire per ribaltare la struttura e buttarla dal basamento cui è poggiata. Spero non sia vero, è tutto da verificare. Ma la cosa vera e reale è il disprezzo della cultura e l’azione balorda che ha vandalizzato una struttura che così com’è ridotta non fa onore alla città né ai cittadini che vivaddio la stragrande maggioranza è fatta di persone perbene.
(GiLar)