Agenzie, santi presunti e cognomi Emanuele Pecheux analizza le scelte discutibili di Lucia Borsellino e Rosario Crocetta
Si apprende che Santa Lucia (Borsellino), dirigente di III fascia della Regione Siciliana, soprattutto già Assessore regionale alla salute e, a lungo, stampella mediatica per l’imbarazzante inquilino di Palazzo d’Orleans, alle cui dimissioni fece seguito l’esplosione di quel pasticciaccio brutto della patacca giornalistica dell’ intercettazione fantasma, dal primo settembre, si legge in un comunicato di Agenas dello scorso 18 agosto, “su indicazione del Direttore generale, Francesco Bevere, si occuperà delle attività derivanti dal Protocollo di intesa stipulato tra l’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali e l’Autorità Nazionale Anticorruzione e dell’implementazione di alcune delle misure previste dal Patto per la salute 2014 – 2016 affidate all’Agenzia, tra le quali l’avvio del sistema nazionale di monitoraggio e controllo previsto dal comma 7 dell’articolo 12 del Patto” (?).
Per i molti che non lo sapessero l’ Agenas è un “Ente pubblico non economico di rilievo nazionale, che svolge funzioni di supporto al Ministero della Salute e alle Regioni per le strategie di sviluppo e innovazione del Servizio sanitario nazionale” (?).
Istituita nel 1993 codesta Agenzia governativa, atteso lo stato non proprio ottimale del SSN, retta da un presidente facente funzione (!), da un direttore che detiene l’interim di svariati settori operativi(!), così ad occhio, sembra rientrare a pieno titolo in quell’arcipelago di enti e agenzie di nessuna utilità, in cui allignano e prosperano i grandi problemi che costituiscono un freno allo sviluppo e alla crescita dell’Italia: la burocrazia e la lentocrazia.
Lucia Borsellino, dunque, dopo essere stata dotata di una scorta dell’ineffabile ministro Alfano, poche ore dopo, grazie ad un provvedimento ferragostano che parla di un’ “assegnazione temporanea” è stata collocata, con il suo accordo, all’ Agenas.
Per i prossimi 2 anni svolgerà l’incarico benevolmente assegnatogli nella capitale e sarà dunque sottratta ai veleni palermitani e a una sovraesposizione mediatica che, a conti fatti, non sembra le abbiano giovato molto.
Portare un cognome così importante è sicuramente, oltre che un onore, un onere gravosissimo.
La Borsellino è stata santificata da Crocetta fino a quando ha corrisposto ai suoi desiderata che altro non erano che la recita della giaculatoria della difesa della legalità e dell’antimafia, paravento dietro a cui è stata tenuta nascosta l’incapacità di entrambi di fare fronte ad uno stato (peraltro lascito dei precedenti governi) della sanità pubblica siciliana di assoluto degrado.
La Borsellino, ad un certo punto, deve aver compreso che non solo la sua funzione di mero testimonial era esaurita ma che proseguendo a recitare la parte della comprimaria del vulcanico e inconcludente Don Saro, verosimilmente avrebbe recato grave nocumento alla propria immagine e al cognome che porta.
Ecco dunque la exit strategy, puntellata dalla successiva farsa delle intercettazioni, corredata dalla pubblica promessa di non occuparsi più di politica.
“A pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si prende” così con l’abituale cinica e ironica schiettezza ragionava anni fa il Divo Giulio.
La vicenda che vede la Borsellino non scegliere l’oblio definitivo ma accettare di essere “parcheggiata” in un’agenzia governativa di cui molti hanno appreso l’esistenza lo scorso 18 agosto, induce legittimamente a ritenere che quella della Borsellino potrebbe essere, volente o nolente, la promessa del marinaio.
Salvo scivoloni, sempre possibili, data l’imprevedibilità e l’inconsistenza politico amministrativa del personaggio, potrebbe pure avvenire che Don Saro Crocetta, uscito indenne dalla maldestra operazione di killeraggio politico messa su dall’Espresso, rimanga al timone della povera Sicilia per i restanti due anni di legislatura.
Non è difficile capire le ragioni che inducono ad una previsione simile.
Vuoi vedere che qualche cima del pensiero occidentale, figura che molti in Sicilia ritengono (a torto) di personificare, non stia ragionando in prospettiva su un rilancio della mai accantonata immagine dell’esponente della “società civile” da proporre per la successione, perdurando la probabile assenza di candidati credibili e vincenti nel Pd e dintorni, indicando, dopo che molta polvere si sarà posata sugli eventi dell’estate 2015, colei che la solita pubblicistica cialtrona ha già elevato all’onore di santa solo in ragione del cognome che porta?
Emanuele Pecheux