Allarme tonno avariato, registrato caso di intossicazione Il ministero della Salute segnala richiamo per rischio microbiologico
E’ cronaca nazionale quella che riporta più di 200 casi di intossicazione da tonno registrati negli ultimi mesi. Il ‘’veleno’’ che ha intossicato viaggiava in quintali di pesce, alcuni dei quali sequestrati dalle Capitanerie di Porto, altri finiti sulle nostre tavole nelle Regioni di Puglia, Basilicata, Lazio e Veneto. Non in ultimo dopo questi fatti di cronaca nel pomeriggio di oggi, è stata diramata dal ministero della Salute una nuova allerta alimentare. Il richiamo riguarda il “Trancio di Tonno Affumicato” decongelato lavorato e commercializzato in Italia dalla ditta “Riunione Industrie Alimentari” srl e prodotto da Salazones Moti con sede dello stabilimento ad Elda, Alicante in Spagna. Nello specifico interessa il lotto Z1909253 nelle confezioni dal peso variabile da circa 2 kg al pezzo, con termine minimo di conservazione del 29.09.2019. Motivo del richiamo: rischio microbiologico sospetto caso di sindrome sgombroide.
L’episodio, oltre ad essere interessante da un punto di vista epidemiologico, si tratterebbe infatti di uno dei pochi casi documentati in Italia, è molto utili da un punto di vista didattico: evidenziano il sottile confine che esiste tra dose terapeutica o fisiologica e dose tossica; richiama il concetto di sinergismo tra sistemi molecolari; ricorda che questi, in certe condizioni, si trasformano e cambiano le loro proprietà biologiche. Non in ultimo, questo fatto di cronaca ci procura una certa ansia ‘’benefica’’ che ci ricorda che è necessario prestare molta attenzione alla qualità dei cibi che consumiamo. L’ingestione di partite di tonno mantenuto in condizioni non idonee di conservazione, ha causato nel malcapitato la cosiddetta sindrome sgombroide, o intossicazione da istamina (HFP).
La sindrome sgombroide, ricorda Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è un disturbo acuto causato principalmente dal consumo di prodotti ittici contenenti alti livelli di istamina e probabilmente di altre ammine vasoattive o altri composti. Nella maggioranza dei casi la HFP ha un andamento benigno con sintomatologia limitata, ciò causa una notevole sottostima dell’incidenza del fenomeno. Dal 1970 i paesi con il maggior numero di casi riportati sono il Giappone, gli Stati Uniti e il Regno Unito, ma probabilmente perché in questi paesi il sistema di notifica è il migliore. I casi riportati in Italia, invece, sono pochi e scarsamente documentati.6,7 Si ricordano:
-il focolaio di Palermo nel 1979, nel quale furono coinvolte 250 persone;
-il caso di Catania nel 1999, nel quale , delle 12 persone che avevano mangiato tonno cotto in casa, 7 presentavano sintomi riferibili a sindrome sgombroide;
-due casi gravi, registrati nell’arco di cinque giorni in un ospedale di Palermo nel 1996;
-12 episodi di avvelenamento diagnosticati nelle regioni Umbria e Marche nel quinquennio 1996-2001;
-un caso nel gennaio 2005 e due casi nel 2006 presentati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.
La diagnosi di “scombroid syndrome” si basa sulla sintomatologia ( nausea, vomito, diarrea, vertigini, cefalea, rush cutaneo, disturbi respiratori e ipotensione) e sulla storia di recente assunzione di sgombroidi. L’inizio della sintomatologia è rapido (20-30 minuti dall’assunzione dell’alimento) e i disturbi, abitualmente di lieve entità, si risolvono in genere in meno di 24 ore. La mancanza di precedenti reazioni allergiche al cibo implicato dovrebbe indurre il medico ad escludere l’allergia. L’analisi di materiale biologico (vomito, sangue, urine) degli intossicati è invece difficilmente ottenibile e di dubbia interpretazione (rapido metabolismo, diverse origini dell’istamina). La terapia della sindrome sgombroidea è basata sull’impiego di antistaminici.
L’istamina e le altre ammine biogene sono sostanze azotate che si formano prevalentemente dalla degradazione (decarbossilazione) microbica di aminoacidi. I microrganismi coinvolti sono comunemente presenti nell’ambiente, pertanto le ammine biogene possono essere contenute in alimenti e bevande, ma la loro presenza è maggiore nei cibi a rapida deperibilità. Soprattutto se fermentati e ricchi di particolari amminoacidi, come pesci, carni, salumi, latticini e formaggi, succhi di frutta, vino e cacao. Non tutte le ammine biogene sono tossiche dal momento che alcune di esse svolgono importanti funzioni fisiologiche.