“Ancora oggi, il giovane calabrese che guardi al suo futuro si trova ad avere come interlocutori affidabili la ‘Ndrangheta” Il sostituto procuratore della DDA Stefano Musolino in una lettera al manifesto parla delle "risposte che servono alla Calabria"
“C’è un Giudice in Calabria”. Inizia così la lettera che il sostituto procuratore della DDA Stefano Musolino ha inviato al Manifesto dal titolo, “Le risposte che servono alla Calabria”.
Musolino fa una disamina con ampio risalto alle condizioni attuali di una Calabria che deve fare i conti con il perdere di vista “l’essenza dei problemi economici e culturali che sono la causa della pervicace resistenza della ‘Ndrangheta”, a causa del “meccanismo della repressione penale”, la stessa, “torcendola a finalità che le sono estranee e trascurando i devastanti effetti personali, economici e, quindi, sociali e culturali che ne discendono”.
Stefano Musolino è un bravissimo magistrato della DDA, un uomo sempre in prima linea nella lotta contro quella “montagna di merda” definita ‘ndrangheta, un uomo dello Stato che afferma “Fare il tifo è più comodo che prendersi le responsabilità, anche dentro la magistratura”. Rivolgendo un pensiero anche a quei tanti giovani magistrati del Tribunale del Riesame che “stanno valutando gli esiti dell’indagine cd. Rinascita-Scott. Molti di loro sono alla prima esperienza professionale, dopo il tirocinio, e dovranno emettere una decisione con i tempi strettissimi imposti dalla normativa vigente”.
“La liberazione della provincia vibonese dalla ‘Ndrangheta non dipenderà affatto dagli esiti del procedimento avviato dalla Procura di Catanzaro. Pur indugiando su discutibili effetti palingenetici dell’indagine, si tratta di una verità riconosciuta anche da Nicola Gratteri che, infatti, sollecitava la società civile ad occupare i nuovi spazi di libertà che le misure cautelari, concesse dal Gip, garantivano”.
Musolino scrive che anche se l’enfasi comunicativa svolge una “nobile funzione” per esortare i cittadini a liberarsi dal “giogo mafioso”, sfatando il mito della ‘ndrangheta invincibile, la procura di Catanzaro ha messo a nudo “le commistioni di interessi che segnano la classe dirigente e quella politica calabrese, nell’ambito di ambigue stanze di compensazione”.
“Vi è, infatti, una specificità propria della ‘Ndrangheta che è dipesa dalla sua scelta storica di non entrare in contrapposizione con lo Stato e le classi dirigenti sociali, ma di venire a patti e di essere, così, riconosciuta da costoro interlocutore facoltoso e potente. La società calabrese, tuttavia, non sembra avere invertito la rotta, nonostante le misure cautelari emesse, le condanne e confische inflitte in plurimi procedimenti penali” e che c’è una società più vecchia e più povera, deframmentata per via anche “dell’incontenibile diaspora giovanile”.
Stefano Musolino va oltre, scrivendo, “Ma è comodo anche per i calabresi limitarsi a fare il tifo per le Procure Dda o per la ‘Ndrangheta, senza nemmeno chiedersi quanto si è disposti a perdere per combattere queste battaglie, senza rischiare nulla, come se la generosa sovraesposizione di pochi potesse salvare tutti”.
Ancora oggi, “il giovane calabrese che guardi al suo futuro si trova ad avere come interlocutori affidabili la ‘Ndrangheta o la peggiore politica della clientela che va a braccetto con la prima” e che se non vogliamo vedere partire i giovani occorre dare altre risposte con altrettante opportunità.
“Intanto, a Catanzaro, giovani magistrati del Tribunale del Riesame provano a dare risposte tempestive ad istanze di revoca delle misure cautelari di recente imposte, mentre a Reggio Calabria più anziani colleghi della Corte di Appello, in numero sempre minore, tentano di garantire la celebrazione di complessi processi a carico di imputati detenuti. E’ questa la magistratura calabrese che andrebbe celebrata, perché fa dell’ordinaria emergenza un’occasione per dare risposte quotidiane di credibilità istituzionale, fondata sul silenzioso e discreto sacrificio personale. Un esempio per tutti!”