Anthony Lo Bianco parla di unioni civili e ddl Cirinnà Il politico vibonese: «Le leggi esistono già, non serve una nuova riforma»
Il dibattito politico italiano, questa settimana, si è concentrato sulle unioni civili e sulla legge che le consentirebbe per le coppie dello stesso sesso (il ddl Cirinnà). Fratelli d’Italia – Vibo Valentia ha partecipato con una delegazione al Family Day che si è svolto a Roma sabato 30 gennaio.
Il coordinatore del partito nel vibonese, Anthony Lo Bianco, è intervenuto con queste parole sul tema:
«Questa è una legge che inganna il popolo e proprio per questo dobbiamo valutarla al meglio. Tra i favorevoli e i contrari si discute soprattutto di questioni di principio. Un bambino nasce da una mamma e da un papà. Un bambino non nasce da due papà. Diritto all’amore , visite in ospedale o in carcere, utero in affitto , volontà dell’UE, un po di chiarezza».
«Ovviamente – continua Lo Bianco – le discussioni sui giornali e tra gli schieramenti politici, anche all’interno degli stessi partiti, dimostra già in maniera evidente come sia l’utero in affitto il punto più importante . Gli articoli 3 e 5 del ddl Cirinnà citando la legge 184 sulle adozioni e estendendola ai contraenti unione civile omosessuale attraverso l’ormai conosciuta espressione della stepchild adoption legittimano la pratica dell’utero in affitto. Basta chiedere a un senatore firmatario della legge, che ha svolto una pratica di utero in affitto all’estero: senza il ddl Cirinnà non può andare in anagrafe e dichiarare che esiste un figlio di due papà e di nessuna mamma; utilizzando l’articolo 5 e la stepchild adoption potrà centrare questo “obiettivo”. L’effetto è ovviamente la legittimazione della pratica di utero in affitto, basterà svolgerla all’estero».
«Non c’è neanche un accenno nel ddl Cirinnà – sottolinea il politico vibonese – che riguardi le visite in ospedale o in carcere. Vi chiederete il perché? In realtà è molto semplice. Perché sono diritti già garantiti dall’ordinamento, la legge già c’è. Per quanto riguarda le visite in ospedale c’è la legge 91/1999 che estende ai “conviventi more uxorio” tutti i diritti dei coniugi e nel caso la norma non fosse chiara una sentenza nel 2012 ha precisato che per conviventi more uxorio si intendono anche i partner omosessuali. Sulla visita ai carcerati addirittura già la legge del 1975 prevedeva l’estensione
dei diritti dei coniugi anche ai conviventi. Inoltre esistono i Contratti di convivenza che dal dicembre 2013 possono essere stipulati per garantirsi dal punto di vista patrimoniale, anch’essi non affrontati dal ddl Cirinnà. Che si occupa solo di due questioni: i figli con la stepchild adoption e la pensione di reversibilità».
«Il diritto all’amore – sostiene Lo Bianco – non è violato né violabile, chiunque può amare chi vuole,
ovviamente a prescindere da qualsiasi legge, come è giusto che sia. Chi si oppone al ddl Cirinnà non si oppone all’amore omosessuale, ma si oppone a una legge incostituzionale e ingiusta.
Renzi ha detto che la regolamentazione sulle unioni civili è una questione di “buonsenso”, per non lasciare l’Italia in situazione di eccezione assoluta a livello europeo. Questa unicità però non esiste: dopo l’approvazione di una legge sulle unioni civili a Cipro a fine novembre 2015 e in Grecia a dicembre, sono oggi sette i Paesi dell’Unione Europea che non disciplinano le unioni civili: Bulgaria, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia».
«Inoltre – continua Lo Bianco – nella relazione tecnica allegata al disegno di legge Cirinnà ha stimato
il costo delle unioni civili per le casse dello Stato in 3,7 milioni nel 2016, che saliranno a 22,7 milioni nel 2025, quando la legge dispiegherà tutti i suoi effetti. La stima comprende sia le pensioni di reversibilità sia il minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali a cui le nuove coppie avranno diritto, sia le maggiori prestazioni per gli assegni al nucleo familiare.
Cifre che avrebbero potuto essere impiegate a sostegno della natalità, delle famiglie numerose, delle giovani coppie che vogliono andare verso il matrimonio e mettere al mondo dei figli».
«Infine – conclude il politico di FdI-An – secondo i dati riportati dall’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), nel 2010 c’erano in Italia 1.177 minori adottabili, a fronte di 11.075 domande di famiglie disponibili ad adottare».
«Gran parte dei minori adottabili trova una famiglia adottiva in tempi relativamente brevi: ogni anno si registrano mediamente oltre 90 decreti di adozione ogni 100 dichiarazioni di adottabilità. Resta però una percentuale di minorenni che non vengono adottati, perché grandi e/o con disabilità accertata. Purtroppo, ancora ad oggi, non vengono forniti dati sull’età e su eventuali disabilità dei minori adottabili. Inoltre, i casi dei bambini adottabili non sono “abbinabili” a tutte le disponibilità delle famiglie, presentate nei diversi Tribunali per i Minorenni italiani. Le cause sono da ricercarsi in un duplice ordine di fattori: nella mancanza della “Banca Dati Nazionale dei Minori Dichiarati Adottabili e delle coppie disponibili all’adozione”,benché siano trascorsi 10 anni da quando avrebbe dovuto essere operativa (entro il dicembre 2001); questo ritardo è particolarmente grave in quanto non solo avrebbe consentito di avere dati aggiornati sui minori che, pur adottabili, non vengono adottati.
Nel mancato sostegno alle adozioni complesse, dal momento che risulta ancora inattuato il comma 8 dell’’art. 6 della legge 149/2001 secondo cui “Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, lo Stato, le Regioni e gli enti locali possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati”. Questi sono dati (ANFAA). Quindi non rimane che modificare o per meglio dire far rispettare le leggi già in vigore per favorire le adozioni a coppie eterosessuali».