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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 06 OTTOBRE 2024

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Antigone e Socrate Riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul rapporto tra legge ingiusta e processo iniquo

Antigone e Socrate Riflessioni del giurista Giovanni Cardona sul rapporto tra legge ingiusta e processo iniquo
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Antigone e Socrate, due figure simbolo dell’antica Grecia furono messe a confronto da Hegel nelle sue Lezioni di storia della filosofia.
Due morti paradigmatiche, entrambe provocate dallo scontro personale con il potere dello Stato e col suo più speculare strumento: la legge.
Entrambe volute ed accettate affinché, dal sacrificio, erompesse un messaggio per le generazioni future.
Antigone è condannata a morte da Creonte, re di Tebe, per aver violato un editto col quale si comminava la pena di morte a chi avesse dato sepoltura ad un traditore della patria.
Polinice, fratello di Antigone, era morto da ascaro combattendo contro la sua patria Tebe.
Antigone rifiuta l’obbedienza all’editto sull’assunto che lo stesso fosse in contrasto con un’altra legge non scritta ma applicata consuetudinariamente ossia quella di dare onorevole sepoltura ai defunti: tra la legge del re e la legge divina e del popolo osserva quest’ultima.
Viene arrestata e al cospetto del re Creonte è irremovibile nel contestare il potere di legiferare, andando incontro, conseguentemente, alla condanna a morte che blandisce impiccandosi.
Antigone si erge contro il re e, forte della sua fragilità di fanciulla, rivendica l’inviolabilità dei diritti originari appartenenti alla comunità ed alle singole persone che la costituiscono.
Socrate, invece, subisce un processo con l’accusa di corruzione degli animi dei giovani adepti, per aver inculcato insegnamenti in contrasto con le credenze sugli Dei tradizionali.
Respinge l’accusa con autorità e fermezza, proclamando il principio per il quale il pensiero e la coscienza, se posti al servizio della verità, non debbano incontrare censure.
Nonostante la transazione sulla pena e la pianificata fuga proposta da Critone, Socrate va incontro alla morte non sottraendosi alla esecuzione della stessa.
Il leitmotiv che accomuna Antigone e Socrate è che entrambi sfidano il potere, consapevoli che ciò li condurrà ad una sicura morte, per un’idea di giustizia che considerano più grande della loro stessa esistenza.
Il filosofo Hegel raffrontando le due personalità, ravvisa in Socrate una contraddizione di fondo, per aver rifiutato la fuga in ossequio alla leggi, mentre per converso durante il processo disprezzò le norme e respinse la pena alternativa della transazione.
In Antigone la coscienza di essere nel giusto ed iniquamente sottoposta ad una pena totalitaria, non la conduce ad acquiescentemente subirne la portata: essa contesta allo Stato il potere assoluto di legiferare, rivendicando, al contrario, al popolo una sfera di diritti inviolabili.
Nel contrasto oppositivo, creato attraverso il personaggio di Antigone dal drammaturgo Sofocle, tra suddito e re, tra cittadino e Stato è agevole prevedere l’archetipo della struttura degli Stati moderni ed il concetto di sovranità relativa di Rousseau il quale nel Contratto Sociale, pone a base della delega conferita dai governati allo Stato, la necessaria restituzione e garanzia delle libertà originarie sotto forma di diritti.
Antigone non contesta né il processo né la condanna, considerati come effetti ingiusti, ma ineluttabili, di una legge sostanzialmente ingiusta.
Socrate è esattamente al polo opposto, egli non contesta la legge la cui giustezza gli appare inoppugnabile, ma l’applicazione in concreto della norma ad un processo iniquo.
L’insegnamento di Antigone e Socrate ci conduce ad affermare come se è pur vero che lo Stato abbia il potere-dovere di emanare le leggi, le stesse devono essere supportate dalla necessità e dalla utilità oltre che nei precetti e nelle sanzioni, nella proporzionalità allo scopo che si propongono di regolamentare.
I giudici hanno il compito di applicare le leggi nella lettera e nello spirito, ripudiando ogni tentativo malcelato di sovrapporsi ad esse.
I cittadini hanno il dovere di sottomettersi alle leggi, quando queste non costituiscano una evidente usurpazione della sovranità popolare, in tali casi “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.” (Bertolt Brecht)