Antonio Giangrande: “Vi spiego come si truccano in Italia i concorsi pubblici e si schiavizzano i praticanti”
redazione | Il 06, Mag 2013
Ecco il vademecum del concorso pubblico truccato
Antonio Giangrande: “Vi spiego come si truccano in Italia i concorsi pubblici e si schiavizzano i praticanti”
Ecco il vademecum del concorso pubblico truccato
Antonio Giangrande, suo malgrado proprio per questo perseguitato, con i suoi
canali divulgativi e con gli strumenti testuali e video, vuole portare
avanti e meglio far conoscere questo grave problema e quindi chiede a tutte
quelle persone che hanno fatto o che stanno facendo l’esperienza di
praticantato o di partecipare ad un concorso pubblico di sostenerlo in
questa denuncia, facendo conoscere i suoi video ed i suoi libri, anche da
leggere gratuitamente. Inoltre si rivolge a quei Parlamentari che si
dichiarano di essere diversi dagli altri e che proclamano di attivarsi in
Parlamento per l’interesse comune e non per tornaconto personale o di
corporazione. L’invito è rivolto anche a tutte le persone che non hanno mai
avuto, per loro fortuna, questa esperienza, ma che vogliono dare un
contributo a questa iniziativa, affinchè per i loro figli non sia dedicata
questa sorte.
La domanda che tutti dovremmo porci è: cosa succede oggi quando si raggiunge
la fatidica laurea con i sacrifici propri e della famiglia? Semplice, si
cerca un lavoro, e siccome il lavoro per i comuni mortali ormai è diventato
un miraggio se non si hanno santi in paradiso, per non stare con le mani in
mano, di solito ti iscrivi a una scuola di specializzazione, il cui
risultato finale è uno stage gratuito di 6 mesi senza percepire un soldo, e
magari per fare questo stage cambi anche città per cui ti devi pagare
l’affitto e il resto. Questa classe di lavoratori sono gli “stagisti” o
meglio i “nuovi proletari”, dove la loro unica ricchezza sono mamma e papà
che devono continuare a dargli la “paghetta” per andare avanti. Quel che è
peggio è che in moltissimi casi lo stage, che dovrebbe rappresentare un
momento formativo al lavoro, viene svilito delle capacità professionali di
una persona, nel senso: ci sono da fare le fotocopie, le fa lo stagista! Al
termine del periodo dello stage, cosa succede? Arrivederci, grazie e avanti
un altro. Tanto è gratis. Accanto agli stagisti, ci sono centinaia di
migliaia di praticanti (come si fa a non vederli), molti dei quali tenuti a
stecchetto per anni da avvocati, notai, commercialisti ed altri liberi
professionisti, che hanno avuto la fortuna di superare un concorso di
abilitazione truccato: perché pagare chi, per accedere all’Ordine, ha
bisogno di svolgere il praticantato? Siamo allo sfruttamento vero e proprio
del lavoro. Praticanti e collaboratori anche presso gli stessi parlamentari
che legiferano. Di questo mondo di stagisti e praticanti i sindacati e la
politica non ne parlano e non ne vogliono parlare. Oggi i praticanti
avvocati sono come i “ragazzi-spazzola” dei barbieri di una volta, quelli
costretti a sperare nella generosità dei clienti che volevano lasciargli una
mancia. Ebbene i giovani aspiranti avvocati, laurea in tasca e dignità sotto
i piedi, lavoreranno gratis o quasi come i garzoni di bottega dei tempi
andati. Aspiranti avvocato trattati come una schiavi. Questa è la riforma
votata nell’ultimo scorcio del governo Monti da destra e da sinistra. Ed i
giornalisti che dovrebbero denunciare l’arcano? In base a una norma da poco
approvata l’esame gi giornalista lo possono fare tutti i pubblicisti che
dimostrano di vivere di questo mestiere (non ci sono più requisiti
stringenti di reddito). Oltre, naturalmente, a tutti quelli che hanno
lavorato in una redazione: in regola come praticanti, e sono pochissimi
(compresi i soliti raccomandati), o in nero. Poi però devi sborsare quasi
500 euro tra tasse e bolli vari, iscriverti obbligatoriamente a un corso
preparatorio – quello online, per esempio, costa 200 euro -, andare a Roma
due volte per fare scritto e orale nel bunker burocratico dell’hotel Ergife.
Siamo sui mille euro come ridere. Ma poi c’è poco da ridere e stare allegri.
Che cosa si risolve diventando professionisti? Nelle ultime infornate di
esami ci sono già molti trentenni che non lavorano già più o fanno lavoretti
giornalistici saltuari per poche centinaia di euro l’anno. Un importante
gruppo editoriale ha di recente imposto ai collaboratori condizioni standard
per cui i pezzi molti brevi sono pagati… zero euro. Zero. Il lavoro gratuito
viola la Costituzione. Anche quello a condizioni non dignitose. Sui problemi
delle professioni grava da anni una cappa di silenzio, un muro di gomma.
Paradossale, grottesco, kafkiano perché stiamo parlando del mondo dei mass
media, della comunicazione. Ma visto che sui giornali non se ne può parlare,
perché gli editori non gradiscono indotti dagli Ordini professionali a
tacere, dove altro parlarne? Internet per fortuna sta un po’ cambiando le
cose e sul web non tutti i giornalisti sono uguali. Qualcuno rompe l’omertà.
Un esempio per tutti di come si legifera in Parlamento, anche se i media lo
hanno sottaciuto. La riforma forense, approvata con Legge 31 dicembre 2012,
n. 247, tra gli ultimi interventi legislativi consegnatici frettolosamente
dal Parlamento prima di cessare di fare danni. I nonni avvocati in
Parlamento (compresi i comunisti) hanno partorito, in previsione di un loro
roseo futuro, una contro riforma fatta a posta contro i giovani. Ai fascisti
che hanno dato vita al primo Ordinamento forense (R.D.L. 27 novembre 1933 n.
1578 – Ordinamento della professione di avvocato e di procuratore convertito
con la legge 22 gennaio 1934 n.36) questa contro riforma reazionaria gli fa
un baffo. Trattasi di una “riforma”, scritta come al solito negligentemente,
che non viene in alcun modo incontro ed anzi penalizza in modo significativo
i giovani. Da venti anni inascoltato Antonio Giangrande denuncia il
malaffare di avvocati e magistrati ed il loro malsano accesso alla
professione. Cosa ha ottenuto a denunciare i trucchi per superare l’esame?
Prima di tutto l’ostracismo all’abilitazione. Poi, insabbiamento delle
denunce contro i concorsi truccati ed attivazione di processi per
diffamazione e calunnia, chiusi, però, con assoluzione piena. Intanto ti
intimoriscono. Ed anche la giustizia amministrativa si adegua. A parlar
delle loro malefatte i giudici amministrativi te la fanno pagare. Presenta
l’oneroso ricorso al Tar di Lecce (ma poteva essere qualsiasi altro
Tribunale Amministrativo Regionale) per contestare l’esito negativo dei suoi
compiti all’esame di avvocato: COMMISSIONE NAZIONALE D’ESAME PRESIEDUTA DA
CHI NON POTEVA RICOPRIRE L’INCARICO, COMMISSARI (COMMISSIONE COMPOSTA DA
MAGISTRATI, AVVOCATI E PROFESSORI UNIVERSITARI) DENUNCIATI CHE GIUDICANO IL
DENUNCIANTE E TEMI SCRITTI NON CORRETTI, MA DA 15 ANNI SONO DICHIARATI TALI.
Ricorso, n. 1240/2011 presentato al Tar di Lecce il 25 luglio 2011 contro il
voto numerico insufficiente (25,25,25) dato alle prove scritte di oltre 4
pagine cadaune della sessione del 2010 adducente innumerevoli nullità,
contenente, altresì, domanda di fissazione dell’udienza di trattazione. Tale
ricorso non ha prodotto alcun giudizio nei tempi stabiliti, salvo se non il
diniego immediato ad una istanza cautelare di sospensione, tanto da farlo
partecipare, nelle more ed in pendenza dell’esito definitivo del ricorso, a
ben altre due sessioni successive, i cui risultati sono stati identici ai
temi dei 15 anni precedenti (25,25,25): compiti puliti e senza motivazione,
voti identici e procedura di correzione nulla in più punti. Per l’inerzia
del Tar si è stati costretti a presentare istanza di prelievo il 09/07/2012.
Inspiegabilmente nei mesi successivi all’udienza fissata e tenuta del 7
novembre 2012 non vi è stata alcuna notizia dell’esito dell’istanza,
nonostante altri ricorsi analoghi presentati un anno dopo hanno avuto celere
ed immediato esito positivo di accoglimento. Eccetto qualcuno che non poteva
essere accolto, tra i quali i ricorsi dell’avv. Carlo Panzuti e dell’avv.
Angelo Vantaggiato in cui si contestava il giudizio negativo reso ad un
elaborato striminzito di appena una pagina e mezza. Solo in data 7 febbraio
2013 si depositava sentenza per una decisione presa già in camera di
consiglio della stessa udienza del 7 novembre 2012. Una sentenza già
scritta, però, ben prima delle date indicate, in quanto in tale camera di
consiglio (dopo aver tenuto anche regolare udienza pubblica con decine di
istanze) i magistrati avrebbero letto e corretto (a loro dire) i 3 compiti
allegati (più di 4 pagine per tema), valutato e studiato le molteplici
questioni giuridiche presentate a supporto del ricorso. I magistrati
amministrativi potranno dire che a loro insindacabile giudizio il ricorso di
Antonio Giangrande va rigettato, ma devono spiegare a chi in loro pone
fiducia, perché un ricorso presentato il 25 luglio 2011, deciso il 7
novembre 2012, viene notificato il 7 febbraio 2013? Un’attenzione non
indifferente e particolare e con un risultato certo e prevedibile, se si
tiene conto che proprio il presidente del Tar era da considerare
incompatibile perchè è stato denunciato dal Giangrande e perché le sue
azioni erano oggetto di inchiesta video e testuale da parte dello stesso
ricorrente? Le gesta del presidente del Tar sono state riportate da Antonio
Giangrande, con citazione della fonte, nella pagina d’inchiesta attinente la
città di Lecce. Come per dire: chi la fa, l’aspetti?
In Italia tutti sanno che i concorsi pubblici sono truccati e nessuno fa
niente, tantomeno i magistrati. Gli effetti sono che non è la meritocrazia a
condurre le sorti del sistema Italia, ma l’incompetenza e l’imperizia. Non
ci credete o vi pare un’eresia? Basta dire che proprio il Consiglio
Superiore della Magistratura, dopo anni di giudizi amministrativi, è stato
costretto ad annullare un concorso già effettuato per l’accesso alla
magistratura. Ed i candidati ritenuti idonei? Sono lì a giudicare indefessi
ed ad archiviare le denunce contro i concorsi truccati. E badate, tra i
beneficiari del sistema, vi sono nomi illustri.
IL VADEMECUM DEL CONCORSO PUBBLICO TRUCCATO
INDIZIONE DEL CONCORSO: spesso si indice un concorso quando i tempi sono
maturi per soddisfare da parte dei prescelti i requisiti stabiliti
(acquisizione di anzianità, titoli di studio, ecc.). A volte chi indice il
concorso lo fa a sua immagine e somiglianza (perché vi partecipa
personalmente come candidato). Spesso si indice il concorso quando non vi
sono candidati (per volontà o per induzione), salvo il prescelto. Queste
anomalie sono state riscontrate nei concorsi pubblici tenuti presso le
Università e gli enti pubblici locali. Spesso, come è successo per la
polizia ed i carabinieri, i vincitori rimangono casa.
COMMISSIONE D’ESAME: spesso a presiedere la commissione d’esame sono
personalità che hanno una palese incompatibilità. Per esempio nella
commissione d’esame centrale presso il Ministero della Giustizia del
concorso di avvocato è stato nominato presidente colui il quale non poteva,
addirittura, presiedere la commissione locale di Corte d’Appello. Cacciato
in virtù della riforma (decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, coordinato con
la legge di conversione 18 luglio 2003, n. 180). Spesso le commissioni
d’esame sono mancanti delle componenti necessarie per la valutazione tecnica
della materia d’esame. Le Commissioni d’esame hanno sempre e comunque
interessi amicali, familistiche e clientelari. Seguendo una crescente
letteratura negli ultimi anni abbiamo messo in relazione l’età di iscrizione
all’albo degli avvocati con un indice di frequenza del cognome nello stesso
albo. In particolare, per ogni avvocato abbiamo calcolato la frequenza del
cognome nell’albo, ovvero il rapporto tra quante volte quel cognome vi
appare sul totale degli iscritti, in relazione alla frequenza dello stesso
cognome nella popolazione. In media, il cognome di un avvocato appare
nell’albo 50 volte di più che nella popolazione. Chi ha un cognome
sovra-rappresentato nell’albo della sua provincia diventa avvocato prima.
Infine vi sono commissioni che, quando il concorso è a numero aperto, hanno
tutto l’interesse a limitare il numero di idonei per limitare la
concorrenza: a detta dell’economista Tito Boeri: «Nelle commissioni ci sono
persone che hanno tutto da perderci dall’entrata di professionisti più bravi
e più competenti».
I CONCORSI FARSA: spesso i concorsi vengono indetti per sanare delle
mansioni già in essere, come il concorso truffa a 1.940 posti presso l’INPS,
bandito per sistemare i lavoratori socialmente utili già operanti presso
l’Ente.
LE PROVE D’ESAME: spesso sono conosciute in anticipo. A volte sono
pubblicate su internet giorni prima, come è successo per il concorso degli
avvocati, dei dirigenti scolastici, o per l’accesso alle Università a numero
chiuso (medicina), ovvero, come succede all’esame con più sedi (per esempio
all’esame forense o per l’Agenzia delle Entrate, le tracce sono conosciute
tramite cellulari o palmari in virtù del tardivo inizio delle prove in una
sede rispetto ad altre. Si parla di ore di ritardo tra una sede ed
un’altra). A volte le tracce sono già state elaborate in precedenza in
appositi corsi, così come è successo all’esame di notaio. A volte le prove
sono impossibili, come è successo al concorsone pubblico per insegnanti
all’estero: 40 quesiti a risposta multipla dopo averli cercati, uno ad uno,
in un volume di oltre 4mila che i partecipanti alla selezione hanno visto
per la prima volta, leggere quattro testi in lingua straniera e rispondere
alle relative domande. Il tutto nel tempo record di 45 minuti, comprese
parti di testo da tradurre. Quasi 1 minuto a quesito.
MATERIALE CONSULTABILE: spesso, come al concorso di magistrato o di avvocato
dello Stato ed in tutti gli altri concorsi, ad alcuni è permessa la
consultazione di materiale vietato (codici commentati, fogliettini, fin
anche compiti elaborati dagli stessi commissari) fino a che non scoppia la
bagarre. Spesso, come succede al concorso di avvocato, sono proprio i
commissari a dettare il parere da scrivere sull’elaborato, tale da rendere
le prove dei candidati uniformi e nonostante ciò discriminati in sede di
correzione.
IL MATERIALE CONSEGNATO: il compito dovrebbe essere inserito in una busta da
sigillare contenente un’altra busta chiusa con inserito il nome del
candidato. Non ci dovrebbero essere segni di riconoscimento. Non è così come
insegna il concorso di notaio. Oltre ai segni di riconoscimento posti
all’interno (nastri), i commissari firmano in modo diverso i lembi di
chiusura della busta grande consegnata.
LA CORREZIONE DEGLI ELABORATI. Quanto già indicato sono i trucchi che i
candidati possono vedere ed eventualmente denunciare. Quanto avviene in sede
di correzione è lì la madre di tutte le manomissioni. Proprio perchè nessuno
vede. La norma prevede che la commissione d’esame (tutti i componenti)
partecipi alle fasi di:
• apertura della busta grande contenente gli elaborati;
• lettura del tema da parte del relatore ed audizione degli altri membri;
• correzione degli errori di ortografia, sintassi e grammatica;
• richiesta di chiarimenti, valutazione dell’elaborato affinchè le prove
d’esame del ricorrente evidenzino un contesto caratterizzato dalla
correttezza formale della forma espressiva e dalla sicura padronanza del
lessico giuridico, anche sotto il profilo più strettamente
tecnico-giuridico, e che anche la soluzione delle problematiche giuridiche
poste a base delle prove d’esame evidenzino un corretto approccio a
problematiche complesse;
• consultazione collettiva, interpello e giudizio dei singoli commissari,
giudizio numerico complessivo, motivazione, sottoscrizione;
• apertura della busta piccola contenete il nome del candidato da abbinare
agli elaborati corretti;
• redazione del verbale.
Queste sono solo fandonie normative. Di fatto si apre prima la busta
piccola, si legge il nome, se è un prescelto si dà agli elaborati un
giudizio positivo, senza nemmeno leggerli. Quando i prescelti sono pochi
rispetto al numero limite di idonei stabilito illegalmente, nonostante il
numero aperto, si aggiungono altri idonei diventati tali “a fortuna”.
In effetti, con migliaia di ricorsi al TAR si è dimostrato che i giudizi
resi sono inaffidabili. La carenza, ovvero la contraddittorietà e la
illogicità del giudizio negativo reso in contrapposizione ad una evidente
assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse,
correzioni, note, commenti, ecc., o comunque la infondatezza dei giudizi
assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione
indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta discrasia tra giudizio
e contenuto degli elaborati, specie se la correzione degli elaborati è
avvenuta in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito.
Tempi risibili, tanto da offendere l’umana intelligenza. Dai Verbali si
contano 1 o 2 minuti per effettuare tutte le fasi di correzione, quando il
Tar di Milano ha dichiarato che ci vogliono almeno 6 minuti solo per leggere
l’elaborato. La mancanza di correzione degli elaborati ha reso invalido il
concorso in magistratura. Per altri concorsi, anche nella stessa
magistratura, il ministero della Giustizia ha fatto lo gnorri e si è sanato
tutto, alla faccia degli esclusi. Già nel 2005 candidati notai ammessi agli
orali nonostante errori da somari, atti nulli che vengono premiati con buoni
voti, mancata verbalizzazione delle domande, elaborati di figli di
professionisti ed europarlamentari prima considerati “non idonei” e poi
promossi agli orali. Al Tg1 Rai delle 20.00 del 1 agosto 2010 il conduttore
apre un servizio: esame di accesso in Magistratura, dichiarati idonei temi
pieni zeppi di errori di ortografia. La denuncia è stata fatta da 60
candidati bocciati al concorso 2008, che hanno spulciato i compiti degli
idonei e hanno presentato ricorso al TAR per manifesta parzialità dei
commissari con abuso del pubblico ufficio. Riguardo la magistratura,
l’avvocato astigiano Pierpaolo Berardi, classe 1964, per anni ha battagliato
per far annullare il concorso per magistrati svolto nel maggio 1992. Secondo
Berardi, infatti, in base ai verbali dei commissari, più di metà dei compiti
vennero corretti in 3 minuti di media (comprendendo “apertura della busta,
verbalizzazione e richiesta chiarimenti”) e quindi non “furono mai
esaminati”. I giudici del tar gli hanno dato ragione nel 1996 e nel 2000 e
il Csm, nel 2008, è stato costretto ad ammettere: “Ci fu una vera e propria
mancanza di valutazione da parte della commissione”. Giudizio che vale anche
per gli altri esaminati. In quell’esame divenne uditore giudiziario, tra gli
altri, proprio Luigi de Magistris, giovane Pubblico Ministero che si occupò
inutilmente del concorso farsa di abilitazione forense a Catanzaro: tutti i
compiti identici e tutti abilitati. O ancora l’esame di ammissione all’albo
dei giornalisti professionisti del 1991, audizione riscontrabile negli
archivi di radio radicale, quando la presenza di un folto gruppo di
raccomandati venne scoperta per caso da un computer lasciato acceso nella
sala stampa del Senato proprio sul file nel quale il caposervizio di
un’agenzia, commissario esaminatore, aveva preso nota delle prime righe dei
temi di tutti quelli da promuovere. E ancora lo scandalo denunciato da
un’inchiesta del 14 maggio 2009 apparsa su “La Stampa”. A finire sotto la
lente d’ingrandimento del quotidiano torinese l’esito del concorso per
allievi per il Corpo Forestale. Tra i 500 vincitori figli di comandanti,
dirigenti, uomini di vertice. La casualità ha voluto, inoltre, che molti dei
vincitori siano stati assegnati nelle stazioni dove comandano i loro
genitori. Una singolare coincidenza che diventa ancor più strana nel momento
in cui si butta un occhio ad alcuni “promemoria”, sotto forma di pizzini,
ritrovati nei corridoi del Corpo forestale e in cui sono annotati nomi,
cognomi, date di nascita e discendenze di alcuni candidati. «Per Alfonso,
figlio di Rosetta», «Per Emidio, figlio di Cesarina di zio Antonio», «Per
Maria, figlia di Raffaele di zia Maria». Piccole annotazioni, certo. Il
destino, però, ha voluto che le tutte persone segnalate nei pizzini
risultassero vincitrici al concorso.
GLI ESCLUSI, RIAMMESSI. Candidati che sono stati esclusi dalla prova per
irregolarità, come è successo al concorso per Dirigenti scolastici, o
giudicati non idonei, che poi si presentano regolarmente agli orali.
L’incipit della confidenza di Elio Belcastro, parlamentare dell’Mpa di
Raffaele Lombardo, pubblicata su “Il Giornale”. Belcastro ci fa subito
capire, scandendo bene le parole, che Tonino non era nemmeno riuscito a
prenderlo quel voto, minimo. «Tempo fa l’ex procuratore capo di Roma, Felice
Filocamo, che di quella commissione d’esami era il segretario, mi ha
raccontato che quando Carnevale si accorse che i vari componenti avevano
bocciato Di Pietro, lo chiamò e si arrabbiò molto. Filocamo fu costretto a
tornare in ufficio, a strappare il compito del futuro paladino di Mani
pulite e a far sì che, non saprei dire come, ottenesse il passaggio agli
orali, seppur con il minimo dei voti». Bocciato e ripescato? Magistrato per
un falso? Possibile? Non è l’unico caso. Era già stato giudicato non idoneo,
ma in una seconda fase sarebbero saltati fuori degli strani fogli aggiuntivi
che prima non c’erano. Ecco come sarebbe sorto il sospetto che qualcuno li
avesse inseriti per “salvare” il candidato già bocciato, in modo da
giustificare una valutazione diversa oppure da consentire un successivo
ricorso al TAR. I maggiori quotidiani nazionali e molti locali, ed anche
tanti periodici, si sono occupati di tale gravissimo fatto, e che è stato
individuato con nome e cognome il magistrato (una donna) in servizio a
Napoli quale autore del broglio accertato. Per tale episodio il CSM ha
deciso di sospendere tale magistrato dalle funzioni e dallo stipendio. In
quella sessione a fronte di 350 candidati ammessi alle prove orali pare che
oltre 120 siano napoletani, i quali sembrano avere particolari attitudini
naturali verso le scienze giuridiche e che sembrano essere particolarmente
facilitati nel loro cammino anche dalla numerosa presenza nella commissione
di esami di magistrati e professori napoletani.
TUTELA GIUDIZIARIA. Un ricorso al TAR non si nega a nessuno: basta pagare la
tangente delle spese di giudizio. Per veder accolto il ricorso basta avere
il principe del Foro amministrativo del posto; per gli altri non c’è trippa
per gatti. Cavallo di battaglia: mancanza della motivazione ed illogicità
dei giudizi. Nel primo caso, dovendo accertare un’ecatombe dei giudizi, la
Corte Costituzionale, con sentenza 175 del 2011, ha legittimato l’abuso
delle commissioni: “buon andamento, economicità ed efficacia dell’azione
amministrativa rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte
delle commissioni esaminatrici, delle ragioni sottese ad un giudizio di non
idoneità, sia per i tempi entro i quali le operazioni concorsuali o
abilitative devono essere portate a compimento, sia per il numero dei
partecipanti alle prove”. Così la Corte Costituzionale ha sancito, il 7
giugno 2011, la legittimità costituzionale del cd. “diritto vivente”,
secondo cui sarebbe sufficiente motivare il giudizio negativo, negli esami
di abilitazione, con il semplice voto numerico. La Corte Costituzionale per
ragion di Stato (tempi ristretti ed elevato numero) afferma piena fiducia
nelle commissioni di esame (nonostante la riforma e varie inchieste
mediatiche e giudiziarie ne minano la credibilità), stabilendo una sorta
d’infallibilità del loro operato e di insindacabilità dei giudizi resi,
salvo che il sindacato non promani in sede giurisdizionale. I candidati,
quindi, devono sperare nel Foro presso cui vi sia tutela della meritocrazia
ed un certo orientamento giurisprudenziale a favore dei diritti inviolabili
del candidato, che nella massa è ridimensionato ad un semplice numero, sia
di elaborato, sia di giudizio. Giudizi rapidi e sommari, che spesso non
valorizzano le capacità tecniche e umane che da un’attenta lettura
dell’elaborato possono trasparire. Fatto assodato ed incontestabile il voto
numerico, quale giudizio e motivazione sottesa. Esso deve, però, riferire ad
elementi di fatto corrispondenti che supportino quel voto. Elementi di fatto
che spesso mancano o sono insussistenti. All’improvvida sentenza della Corte
Costituzionale viene in soccorso la Corte di Cassazione. Il sindacato
giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni
tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici
(valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale
viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico della commissione
esaminatrice quale organo straordinario della pubblica amministrazione), è
legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è
affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai
presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio
sull’elaborato sottoposto a valutazione. In sostanza il TAR può scendere sul
terreno delle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici per
l’accesso a una professione o in un concorso pubblico, quando il giudizio è
viziato da evidente illogicità e da travisamento del fatto. Ad affermare
l’importante principio di diritto sono le Sezioni Unite della Cassazione con
sentenza n. 8412, depositata il 28 maggio 2012. Insomma, la Cassazione
afferma che le commissioni deviano il senso della norma concorsuale.
Certo che a qualcuno può venire in mente che comunque una certa tutela
giuridica esiste. Sì, ma dove? Ma se già il concorso al TAR è truccato. Nel
2008 un consigliere del Tar trombato al concorso per entrare nel Consiglio
di Stato, si è preso la briga di controllare gli atti del giorno in cui sono
state corrette le sue prove, scoprendo che i cinque commissari avevano
analizzato la bellezza di 690 pagine. “Senza considerare la pausa pranzo e
quella della toilette, significa che hanno letto in media tre pagine e mezzo
in 60 secondi. Un record da guinness, visto che la materia è complessa”,
ironizza Alessio Liberati. Che ha impugnato anche i concorsi del 2006 e del
2007: a suo parere i vincitori hanno proposto stranamente soluzioni
completamente diverse per la stessa identica sentenza. Il magistrato,
inoltre, ha sostenuto che uno dei vincitori, Roberto Giovagnoli, non aveva
nemmeno i titoli per partecipare al concorso. Mentre il Governo rifiuta da
mesi di rispondere alle varie interrogazioni parlamentari sul concorso delle
mogli (il concorso per magistrati Tar vinto da Anna Corrado e Paola
Palmarini, mogli di due membri dell’organo di autogoverno che ne nominò la
commissione) si è svolto un altro – già discusso – concorso per l’accesso al
Tar. Nonostante l’organo di autogoverno dei magistrati amministrativi
(Consiglio di Presidenza – Cpga) si sia stretto in un imbarazzante riserbo,
che davvero stride con il principio di trasparenza che i magistrati del Tar
e del Consiglio di Stato sono preposti ad assicurare controllando l’operato
delle altre amministrazioni, tra i magistrati amministrativi si vocifera che
gli elaborati scritti del concorso sarebbero stati sequestrati per mesi
dalla magistratura penale, dopo aver sorpreso un candidato entrato in aula
con i compiti già svolti, il quale avrebbe già patteggiato la pena. Dopo il
patteggiamento la commissione di concorso è stata sostituita completamente
ed è ricominciata la correzione dei compiti. Si è già scritto della
incredibile vicenda processuale del dott. Enrico Mattei, fratello di Fabio
Mattei (oggi membro dell’organo di autogoverno), rimesso “in pista” nel
precedente concorso c.d. delle mogli grazie ad una sentenza del presidente
del Tar Lombardia, assolutamente incompetente per territorio, che, prima di
andare in pensione coinvolto dallo scandalo della c.d. cricca, si era
autoassegnato il ricorso ed aveva ammesso a partecipare al concorso il
Mattei, redigendo addirittura una sentenza breve (utilizzabile solo in caso
di manifesta fondatezza), poco dopo stroncata dal Consiglio di Stato
(sentenza n. 6190/2008), che ha rilevato perfino l’appiattimento lessicale
della motivazione della decisione rispetto alle memorie difensive presentate
dal Mattei. Dopo il concorso delle mogli e il caso Mattei, un altro concorso
presieduto da Pasquale De Lise è destinato a far parlare di sé. Si sono
infatti concluse le prove scritte del concorso per 4 posti a consigliere di
Stato, presieduto da una altisonante commissione di concorso: il presidente
del Consiglio di Stato (Pasquale De Lise), il presidente aggiunto del
Consiglio di Stato (Giancarlo Coraggio), il presidente del Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia (Riccardo Virgilio), il
preside della facoltà di giurisprudenza (Carlo Angelici) ed un presidente di
sezione della Corte di Cassazione (Luigi Antonio Rovelli). Ma anche il
concorso al Consiglio di Stato non è immune da irregolarità. Tantissime le
violazioni di legge già denunciate all’organo di autogoverno: area toilettes
non sigillata e accessibile anche da avvocati e magistrati durante le prove
di concorso, ingresso a prove iniziate di pacchi non ispezionati e
asseritamente contenenti cibi e bevande, ingresso di estranei nella sala
durante le prove di concorso, uscita dei candidati dalla sala prima delle
due ore prescritte dalla legge, mancanza di firma estesa dei commissari di
concorso sui fogli destinati alle prove, presenza di un solo commissario in
aula. Tutti vizi, questi, in grado di mettere a rischio la validità delle
prove. Qual è l’organo deputato a giudicare, in caso di ricorso, sulla
regolarità del concorso per consigliere di Stato? Il Consiglio di Stato…
naturalmente! Ecco perché urge una riforma dei concorsi pubblici. Riforma
dove le lobbies e le caste non ci devono mettere naso. E c’è anche il
rimedio. Niente esame di abilitazione. Esame di Stato contestuale con la
laurea specialistica. Attività professionale libera con giudizio del mercato
e assunzione pubblica per nomina del responsabile politico o amministrativo
che ne risponde per lui (nomina arbitraria così come di fatto è già oggi).
E’ da vent’anni che Antonio Giangrande studia il fenomeno dei concorsi
truccati. Anche la fortuna fa parte del trucco, in quanto non è tra i
requisiti di idoneità. Qualcuno si scandalizzerà. Purtroppo non sono
generalizzazioni, ma un dato di fatto. E da buon giurista, consapevole del
fatto che le accuse vanno provate, pur in una imperante omertà e censura,
l’ha fatto. In video ed in testo. Se non basta ha scritto un libro, tra i
50, da leggere gratuitamente su www.controtuttelemafie.it o su Google libri
o in ebook su Amazon.it o cartaceo su Lulu.com. Invitando ad informarsi
tutti coloro che, ignoranti o in mala fede, contestano una verità
incontrovertibile, non rimane altro che attendere: prima o poi anche loro si
ricrederanno e ringrazieranno iddio che esiste qualcuno con le palle che non
ha paura di mettersi contro Magistrati ed avvocati. E sappiate, in tanti
modi questi cercano di tacitare Antonio Giangrande, con l’assistenza dei
media corrotti dalla politica e dall’economia e genuflessi al potere. Ha
perso le speranze. I praticanti professionali sono una categoria
incorreggibile: “so tutto mi”, e poi non sanno un cazzo, pensano che essere
nel gota, ciò garantisca rispetto e benessere. Che provino a prendere in
giro chi non li conosce. La quasi totalità è con le pezze al culo e
genuflessi ai Magistrati. Come avvoltoi a buttarsi sulle carogne dei
cittadini nei guai e pronti a vendersi al miglior offerente. Non è vero?
Beh! Chi esercita veramente sa che nei Tribunali, per esempio, vince chi ha
più forza dirompente, non chi è preparato ed ha ragione. Amicizie e
corruttele sono la regola. Naturalmente per parlare di ciò, bisogna farlo
con chi lavora veramente, non chi attraverso l’abito, cerca di fare il
monaco.
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia