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TAURIANOVA (RC), SABATO 23 NOVEMBRE 2024

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Arbitro di pallavolo si dimette in Calabria, “Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche” In un post nel profilo social, Martina Scavelli, "La salute mentale, l'integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano valgono molto di più di qualche centimetro di troppo! Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme". L'intervento di Caterina Vaiti (Segretaria confederale Cgil Calabria), "Pronti a fare la parte contro il body shaming sul posto di lavoro"

Arbitro di pallavolo si dimette in Calabria, “Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche” In un post nel profilo social, Martina Scavelli, "La salute mentale, l'integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano valgono molto di più di qualche centimetro di troppo! Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme". L'intervento di Caterina Vaiti (Segretaria confederale Cgil Calabria), "Pronti a fare la parte contro il body shaming sul posto di lavoro"

Martina Scavelli è un arbitro di pallavolo calabrese, e proprio nel giorno di San Valentino, quello degli innamorati, delle rose e dei baci, come delle tante elucubrazioni sentimentali, a volte anche stucchevoli, scrive un post nel suo profilo social molto serio. Aprendo ancora una volta un’ampia riflessione sulle ipocrisie che in molti ambiti della facile morale riesce a trovare una significante sponda. Inizia così, “Egonu, tu sei nera, IO SONO GRASSA!”, ed ancora, “Per questo motivo stamattina ho comunicato le dimissioni dal ruolo di arbitro di serie B alla FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo)”. E poi ci va pesante, “Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche!”.
Guardate che una donna per arrivare a scrivere queste cose, a primo acchito credo che ne abbia sopportato tante di quelle stupidità figlie di una sottocultura pregiudiziale dove al di là del vivere civile, c’è ancora un’ignoranza in movimento.
Martina, alla quale va tutta la nostra solidarietà, scrive ancora, “Lo sport dovrebbe unire, anziché emarginare. E io non voglio più essere messa all’angolo per qualche centimetro o qualche chilo in più! Ho superato i valori previsti di BMI e circonferenza addominale (nulla di eccessivo). Ho ricevuto una penalizzazione di 3 punti nell’ambito del punteggio Dirigenti di Settore e l’esonero dall’impiego fino al raggiungimento dei valori previsti.
La penalizzazione mi porterà, a fine stagione, a passare dalla serie B al campionato regionale, facendo un enorme passo indietro. Parametri fuori norma, certo, ma di poco. Un poco che non scalfisce la qualità del mio servizio. Come se tre dita in più sul mio girovita potessero mettere a rischio una partita di pallavolo che, tra l’altro, non prevede che l’arbitro corra per il campo come succede nel calcio”.
Ci rendiamo conto, leggendo le sue parole? “penalizzazione di 3 punti ed “esonero impiego”, roba da non crederci. Ma la stessa precisa che “Le regole sono regole, io le ho accettate e le rispetto, ma non vuol dire che siano sacre e immutabili. Ho operato al servizio della Federazione dal 2007, con grande senso di responsabilità, devozione e disciplina. Sono sempre stata consapevole dei regolamenti legati all’attività di arbitro e ho mantenuto un comportamento scrupolosamente osservante delle regole, anche in merito ai parametri antropometrici. Mi sono sempre autodenunciata nel momento in cui ho realizzato di superare i parametri imposti. Mi sono sempre autosospesa”. La stessa riconosce che ci sono regole da rispettare e che però continua, “A oggi, però, non sono disposta ad accettare che una carriera fondata sui sacrifici e sul massimo rispetto possa essere “calpestata” da imposizioni del genere che non prevedono soglie di tolleranza”. Poi il suo affondo per “volersi bene” e anche noi ti vogliamo bene. “Ho deciso di dire BASTA, per me e per tutti i GRASSI.
BASTA a delle regole che non sempre vengono fatte valere erga omnes. BASTA alle vedute ristrette.
BASTA a un sistema che non si interroga se qui chili in più nascano da problemi di salute o periodi particolari della propria vita. BASTA a chi si basa sui numeri e sotterra le emozioni.
La salute mentale, l’integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano valgono molto di più di qualche centimetro di troppo! Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme. Aiutatemi a fare la sentire la mia voce perché non è solo la mia voce. SONO GRASSA SÌ! Ma anche di contenuti, voglia di lottare e speranza. Buona festa degli innamorati. Io oggi ho scelto di amarmi un po’ di più!”
E non è la prima volta che accadono simili condizioni specie quando a volte, in un contesto di “trogloditismo acuto” si chiede una “bella presenza” e tanto altro ancora, come se le capacità mentali e culturali in un mondo fatto del declino delle apparenze e dei “selfie” stia maledettamente prendendo il sopravvento.

(GiLar)

Arriva la nota di Caterina Vaiti, Segretaria Confederale Cgil Calabria e responsabile del Coordinamento Donne Cgil Calabria “Lottiamo insieme e unite”

“Ancora una volta siamo costretti a dovere appurare che la fisicità per una donna è requisito discriminante in ambito lavorativo”. Caterina Vaiti, Segretaria Confederale Cgil Calabria e responsabile del Coordinamento Donne Cgil Calabria “Lottiamo insieme e unite”, commenta così le dimissioni dal suo ruolo di arbitro della catanzarese Martina Scavelli.
“Quanto denunciato da questa giovane donna è grave e non può non essere stigmatizzato. Un arbitro non deve avere le caratteristiche di una modella, ma deve essere competente – afferma Vaiti -. Ancora oggi si giudicano le donne in base al proprio corpo, il fatto di pesare questa donna come condizione per farle svolgere il suo ruolo di arbitro è assurdo”.
“Ad un arbitro – continua la Segretaria – non sono richieste performance sportive, la sua entrata in campo non può essere legata all’ago di una bilancia. Il tutto mentre il Paese continua ad avere 18 punti percentuali di distanza tra occupazione femminile e maschile, la maternità è ancora a volte l’anticamera del licenziamento, la donna viene fatta sempre sentire ‘qualcosa in meno’ rispetto agli uomini. Un ‘qualcosa’ che si riversa anche nelle differenze salariali”.

“Quanto accaduto a Martina è la punta di un iceberg che dobbiamo tutti e tutte contribuire ad abbattere con i mezzi della Cultura e, quando necessitano, anche della legge. Il lavoro è dignità e viceversa, non possiamo permettere che atteggiamenti e valutazioni discriminanti violino principi e diritti conquistati nel tempo. Stiamo assistendo ad una retromarcia culturale non più tollerabile. Come Coordinamento Donne Cgil Calabria – conclude Caterina Vaiti – siamo pronte ad utilizzare ogni strumento affinché il “body shaming” non venga tollerato né sui luoghi di lavoro né altrove”.